Sto leggendo “Il muschio grigio arde”, dello scrittore islandese Thor Vilhjálmsson. Posso affermare che si tratta di un perfetto esempio di scrittura che va contro ogni regola.
Se si è avuta l’occasione di leggere qualche libro confezionato ad arte per garantire la costruzione di un sicuro best-seller, questo va esattamente in direzione contraria.
Il buonsenso recita: azione!
Qui abbiamo il protagonista che a cavallo, in compagnia di un altro uomo che lo accompagna, pure abbastanza taciturno, si muove senza fretta verso la sua destinazione.
Il buonsenso afferma: un buon incipit! Che afferri alla gola il lettore!
Niente di tutto questo. La scrittura è curata (la traduzione è di Silvia Cosimini), ma solenne: qualcuno direbbe lenta.
Il buonsenso consiglia: niente frasi inutili! Bada al sodo!
I dettagli. Vilhjálmsson ha occhi per ogni cosa: luce, steli d’erba, ombra e animali. Sfumature, colori, niente sembra eccessivo, perché forse nulla lo è veramente.
È un modo di scrivere coraggioso, possente, per alcuni barocco e assolutamente inutile. Eppure mi sembra di intravedere in questo scrittore scomparso da poco, una fede nella forza della parola, che chiama il lettore a osare. A tentare nuove altezze, diversi orizzonti. A non accontentarsi, insomma.
Magari mi odierete: però vi dico, leggete qualcosa di lui. Almeno sfogliate qualche pagina.
P.S. Sfogliando le pagine della traduttrice Silvia Cosimini, ho scoperto qualcosa di più a proposito di questo scrittore.
Interessante. Bello il tuo quadro.
luigi
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Grazie. Sono riflessioni che porto avanti solo da qualche mese, e sono felice che qualcuno non mi prenda per matto!
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