Con l’acquisto del libro “Principianti” di Raymond Carver, non mi sono tuffato nella sua lettura; devo per forza dare la precedenza ad altro.
Però ho gettato un’occhiata sia alla prefazione, che alle note ai testi, alle lettere (alcune) di Carver al suo editor; quest’ultime (non sono molte in verità), precedute da un intervento del traduttore Riccardo Duranti.
Per farla breve. Questi sono i racconti originali dello scrittore statunitense, prima che venissero massacrati da Gordon Lish, il suo editor di fiducia. Quanto è stata profonda l’opera di macellazione?
Il racconto “Che fine hanno fatto tutti” (15 pagine) fu tagliato di un 78%: settantottopercento.
La quarta di copertina presenta un breve intervento di Philip Roth. Di Gordon Lish non pronuncia nemmeno il nome, lo liquida con “un editor”.
Anche se è inutile, ribadiamo un paio di concetti:
- Raymond Carver era un grande scrittore
- Raymond Carver era un grande uomo. Nonostante errori, debolezze, e via discorrendo.
Questo mi pare necessario, anche se, per chi apprezza Carver e conosce la sua scrittura, tutte queste mie chiacchiere saranno ovvie.
Lo scrittore statunitense, viveva un periodo della sua esistenza particolare: quando consegna questi racconti, aveva voltato le spalle all’alcol, stava tornando a essere un uomo, ricostruendo relazioni, stima per se stesso, fiducia negli altri.
L’accetta di Lish cade in un momento molto delicato, e nonostante sforzi e preghiere, quei racconti saranno pubblicati con i tagli inumani dell’editor. Il cui lavoro è stato importante e utile; ma l’accanimento di cui ha dato mostra, è stato tremendo. Philip Roth afferma che non erano necessari.
La letteratura da anni fa i conti con questa figura, a volte osannata, altre volte attaccata. Difficile dire qualcosa di originale soprattutto se non si fa parte dell’ambiente. Per come la vedo io, Lish ha probabilmente approfittato di uno stato di debolezza dello scrittore per perseguire scopi propri. Riccardo Duranti, mi pare che suggerisca questa interpretazione.
È inevitabile che ci siano degli scontri tra chi scrive e si trova immerso nel pozzo della storia, e chi invece ne resta fuori, perché quello è il suo ruolo.
Lo scrittore esordiente (ma qui sto divagando), non prende nemmeno in considerazione che la sua opera debba subire un duro lavoro di revisione. A questo proposito, consiglio a costoro la lettura di “Principianti”. I racconti presenti, sono stati pubblicati su diverse riviste, e hanno subito più di una revisione: ora severa, ora più indulgente.
Meglio togliersi dalla testa l’idea che ormai con le piattaforme di self-publishing, eccetera eccetera. Se si può fare a meno della casa editrice (forse), è invece l’editor che assume un peso maggiore. O hai un talento smisurato, e riesci comunque a spingerti oltre i tuoi limiti (di solito NON è così); oppure ti avviti su una serie di errori che a te paiono geniali intuizioni.
L’editor è l’occhio e lo stomaco che si incarica di dire la verità allo scrittore. Non se ne può fare a meno…
per farla breve, io credo che un editor che operi un taglio del settantottopercento abbia travalicato ciò che è il suo ruolo.
se vuole che il racconto sia opera sua, che se lo scriva da solo. o no?
però credo anche che qualche occhio esterno, che si chiami editor o amico del liceo, sia molto molto utile. per me lo è stato. ho capito molte cose ascoltando le critiche o i dubbi altrui.
e la mia esperienza mi spinge a dire che un solo paio d’occhi non basta. Parlo di un autore che si avvicini per la prima volta a un romanzo: si commettono tanti errori dovuti all’ingenuità scrittoria e anche al fatto che un’opera di ampio respiro richiede tanti strumenti che nel racconto (opera di breve e brevissimo respiro) non sono utilizzati.
presumo che, ma forse non sarà così, con il tempo molti errori se ne vadano.
detto questo, vorrei davvero leggerlo il libro con i racconti originali.
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Non l’ho ancora letto, sto affrontando King.
Però sono curioso anche io di vedere la mano di Carver, originale. Da quello che si legge in giro, Lish che è un editor rispettato e capace, però si è allargato troppo. Credo che con un altro scrittore non si sarebbe permesso di agire come ha fatto con i lavori di Carver.
Un occhio esterno è indispensabile, anche se immagino esistano dei (rari) casi di autori in grado di sdoppiarsi. Ma mi pare quasi impossibile: se persino Dostoevskji andava al circolo Belinskji a leggere brani dei suoi racconti, qualcosa vorrà pur dire…
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“Affrontando King” nel senso di On writing, il mio libro cult da comodino?
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Esatto, proprio lui!
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