Si è detto che la legge Levi entrata in vigore il 1° settembre, non fa altro che mettere ordine in un settore dove altrimenti i pesci grandi (la Grande Distribuzione, Amazon), mangerebbero i pesci piccoli (le librerie indipendenti). E si è citato l’esempio della Francia dove esiste una legge analoga, persino più severa (lo sconto massimo è del 5%), ma che è servita a salvare le librerie indipendenti.
Ne siamo certi? Andiamo a controllare.
La cifra d’affari delle librerie indipendenti d’Oltralpe è scesa del 5,4% tra il 2003 e il 2010. L’aspetto interessante è che il mercato del libro negli ultimi 30 anni si è sviluppato maledettamente bene in Francia. Perché accade questo?
Due le ragioni: l’affermazione della Grande Distribuzione, e quella cosa chiamata “Internet” (e che la legge Levi ignora completamente).
Ma ci sono almeno altri due nemici particolarmente insidiosi.
I costi degli affitti dei locali, che lievitano a dismisura (e che solo la Grande Distribuzione può permettersi), e quello dei trasporti (che solo la Grande Distribuzione può sostenere).
Un aspetto che si è mancato di sottolineare: in Francia nel 1988 fu creata da 4 editori (tra cui Gallimard) un’associazione per sostenere e sviluppare le librerie indipendenti. C’è qualcosa di analogo nella legge Levi? No.
Ve lo immaginate Mondadori o Feltrinelli che pur possedendo una propria rete di librerie, mettono mano al portafogli per aiutare la concorrenza delle piccole librerie? No? Nemmeno io.
Cosa fare? Le proposte non mancano, e rimando alla lettura di questo articolo online del quotidiano Le Monde.
Visto che tra un anno (se non ricordo male), la legge Levi dovrebbe essere riesaminata per verificarne gli effetti, potrebbe essere utile ispirarsi a quelle proposte (per esempio: remunerazione minima garantita; l’impegno a mettere in vetrina non Ken Follet, ma gli autori esordienti) per renderla un poco utile. Al momento, arriva con 30 anni di ritardo…