L’editor di Alfred Hitchcock


Perché parlare di Alfred Hitchcock e del suo editor? Ha forse scritto un romanzo o una raccolta di racconti? No, che io sappia. Ma non è questo il punto della situazione.

C’è un aneddoto che aiuta a capire che anche un grande può commettere degli errori, e questi sono scovati da chi ha un punto di vista differente.

Mentre si stava procedendo al montaggio della scena della doccia (il film è Psycho), la moglie di Hitchcock si rese conto che l’attrice stava respirando. Ma doveva essere morta.

Una disattenzione, che però aveva coinvolto un po’ di persone, compreso il celebre marito-regista che non era nemmeno alla sua prima prova cinematografica.

Questo dovrebbe dimostrare che la figura di un editor, quindi un paio di occhi differenti da quelli dell’autore, sono necessari, e non intaccano affatto la grandezza di chi ne fa uso.
Il problema è che meno si conosce la letteratura, più si è vittime di una sua idea romantica.

Uno dei motivi che dovrebbe spingere chi vuole scrivere, a leggere alcuni libri sulla scrittura, è che offrono uno sguardo che rafforza il valore della parola, della scrittura. Non lo indebolisce affatto.
Leggere per esempio quello che pensa Carver, o Flannery O’Connor non fa affatto pensare: Non ci vuole molto a scrivere, due minuti ed è fatta.

Anche Flannery O’Connor aveva il suo editor. E a parer mio Dickens ne aveva bisogno, ma questo non lo rende un autore di secondo piano, ma di grandissima levatura. Se ci si allontana dallo scritto anche per settimane e mesi, e si indossa la maschera feroce dell’estraneo, si ottengono dei buoni risultati.

Posso però garantire (per esperienza personale), che un bel paio di occhi estranei sono un toccasana.

A volte sono dettagli: piccole incongruenze che però quando vengono individuate dal lettore esterno, hanno la medesima forza per chi le ha scritte, di un dito in un occhio.
Altre volte si tratta di frasi poco chiare. O troppo lunghe. Però la struttura c’è, rimane. Regge allo sforzo.

Un po’ come il collaudo della tenuta dei ponti delle autostrade o ferrovie. Quando se ne è conclusa la costruzione NON sono aperti al traffico. Si sistemano sulla carreggiata dei camion carichi di macigni, di ghiaia, e se ne testa la solidità.

L’editor quello fa, il suo compito è verificare se il ponte è in grado di adempiere al suo scopo: quello di unire due sponde. Una storia, racconto o romanzo che sia, quello è in fondo: un ponte tra autore e lettore. Se a metà della costruzione si finisce coi piedi a mollo…

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