Vuoi pubblicare con un editore? Ecco cosa evitare


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(Post aggiornato nel giugno del 2018).

Il Web è fantastico perché se osservi, riesci a imparare molto, moltissimo da quello che combinano gli altri. Basta prendere nota; e di solito sono delle corbellerie stellari.
Non richiede nemmeno molto tempo, e se si possiede un po’ di buonsenso, capisci al volo cosa devi evitare. Premessa importante: io NON spedisco nulla alle case editrici da anni, e continuo con caparbietà a percorrere la strada dell’indipendenza.

Ecco cosa evitare

A grandi linee, gli errori commessi dallo scrittore alle prime armi si possono riassumere in questo (breve) elenco:

  • NON sapere nemmeno cosa sia un catalogo. Pochi hanno la fortuna di avere un magazzino Ikea a 50 chilometri da casa; quindi è possibile che ignorino l’esistenza di certi affari chiamati cataloghi. Ebbene sì: anche le case editrici ne hanno uno. È il mezzo migliore per conoscere le preferenze, l’inclinazione, la politica (chiamala un po’ come vuoi), di un editore. Tradotti in soldoni: che cosa pubblica e (di conseguenza), che cosa NON pubblica. Se per esempio pubblica narrativa straniera, e solo quella, perché spedirgli i tuoi racconti? Ah, sì: qualcuno potrebbe osservare che magari se si imbatte in un capolavoro potrebbe stravolgere il proprio catalogo. Come no. Ma leggi attentamente questa frase: SE una casa editrice non pubblica autori italiani (o poesia; o fantascienza; o thriller; o horror; o gialli, eccetera eccetera), come speri che la presentazione della tua opera nella mail possa indurre l’editore a dargli anche solo un’occhiata? Esatto: non accadrà mai. Quindi? Studia i cataloghi delle case editrici, trova quelle in linea con la tua opera, e provaci. Probabilmente non caverai un ragno dal buco, ma almeno avrai evitato di perdere tempo (e di farlo perdere ad altri).
  • NON leggere quello che il sito riporta. Vediamo: a cosa serve un sito Web? A comunicare? Buona risposta. Perciò se c’è scritto: “Non spedite via email” oppure: “Per quest’anno non accettiamo manoscritti da leggere”, secondo te cosa significa? Prima di rispondere in maniera affrettata, ricordati che un sito Web serve per comunicare. Ecco. Vuol dire proprio quello:
    “Non spedite via email”
    “Per quest’anno non accettiamo manoscritti da leggere”.
    Semplice vero? In più, è scritto in italiano per facilitare la comprensione. Si tratta anche di mancanza di tatto, di educazione far finta di ignorare le istruzioni. Se “essi” non desiderano ricevere manoscritti in un certo modo, non lo scrivono perché intendono riceverne tantissimi.
  • NON apprezzare le piccole case editrici. Per il 90% degli esordienti (mi sono tenuto basso oggi), esistono solo Mondadori, Einaudi, Feltrinelli, Rizzoli. A malincuore scenderebbero a patti con Garzanti, Marsilio, Adelphi. Vestirebbero a lutto se la casa editrice fosse Minimum Fax, Mursia, Corbaccio o Longanesi. Al di fuori di queste, non c’è altro. “Essi” non si abbasserebbero affatto. Come? La gavetta? E che roba è? Hanno impiegato due mesi per scrivere 900 pagine di romanzo, e qualcuno ha la sfrontatezza di parlar loro di gavetta? Orsù… L’ho scritto e lo ribadisco: non invio nulla alle case editrici. Nulla di personale, sia chiaro. È che essere indipendente mi pare più divertente e interessante. Una piccola casa editrice può anche essere un’esperienza interessante (purché non ti chieda MAI soldi, e quando scrivo MAI intendo quello: MAI. Né per copie, né per editing, né per altro. I tempi sono difficili? Eh, lo so bene. Saluta, ringrazia, declina l’offerta… E diventa un autore indipendente, se hai dei soldi da spendere. Ne avrai bisogno: copertina (che affiderai a un grafico competente); editing, che affiderai a un editor capace). Ma allora: non è meglio la piccola casa editrice? La faccenda non posso spiegarla in poche righe (se cerchi su questo blog troverai però pane per i tuoi denti. Per esempio: “Autoeditoria: perché sì“; “Vita da autoeditore: divertiti!“; “Autopubblicazione o casa editrice: cosa scegliere?“; “Come Dostoevskij si autopubblicò (non è uno scherzo)“; “Buoni motivi per essere un autoeditore: l’elenco definitivo“).
  • NON porre mai domande. È vero: la casa editrice spesso non risponde affatto. Quella grande quasi mai; e a volte questo maledetto vizio colpisce anche il medio, o il piccolo editore. Però se si hanno dubbi, perplessità, se magari non è chiaro quello che è riportato sul sito o, più semplicemente, si vuole stabilire un contatto con un editore per capire che tipo è, un’email può essere il mezzo migliore. Nella maggior parte dei casi non risponderà affatto, come ho scritto in precedenza. Lo so, hanno un mucchio da fare, e ricevono una valanga di corrispondenza, da parte di persone che prima di scrivere, dovrebbero scoprire la bellezza, la vastità e la profondità di un dizionario della lingua italiana. Però immagino che se ci si organizzasse un po’…
  • NON avere pazienza. Mi rendo conto che non è semplice esercitare la difficile arte della pazienza. Occorre sapere che le case editrici hanno tempi lunghi; probabilmente perché sanno che il capolavoro non è tra quelli giunti ieri, ieri l’altro, quindi perché affrettarsi? Il bello è che hanno ragione, il 95% delle proposte è da cestinare; ma sto divagando.
    Forse dovrebbero imparare a gestire meglio quella risorsa fuggevole che risponde al nome di “tempo”; o più probabilmente: fanno quello che possono con le risorse (grandi o piccole), che hanno.
    Se però sul sito è riportato: “Il tempo di valutazione dei manoscritti è di almeno sei mesi”, significa proprio quello. ALMENO sei mesi. Pretendere una risposta dopo una settimana irrita assai chi dall’altra parte prova a gestire una casa editrice. E se c’è scritto di NON sollecitare risposte, significa proprio quello, non che voglio essere sollecitati. E se infine è riportato: “Risponderemo entro un anno solo in caso di opere davvero interessanti” (o qualcosa di analogo), e dopo 2 anni non hai ricevuto risposta… Esatto: non eri interessante. Quindi, passa ad altro.
  • NON prestare fede a questo (e altri) post. L’aspetto divertente è che buona parte delle persone che si comportano nei bizzarri modi elencati in precedenza (e ce ne sono a vagonate), leggono in giro raccomandazioni e consigli (proprio come quelli riportati in questo post!), e ghignano.
    “Essi” la sanno lunga. Conoscono, sono esperti, bla bla bla.

Auguri. Se non capiscono nemmeno l’abc, ne avranno davvero bisogno. Di auguri, intendo.

6 commenti

  1. Utili consigli per gli scrittori esordienti. Io aggiungerei anche: Non leggere i libri pubblicati dall’editore. Può essere un modo per rendersi conto della qualità delle opere pubblicate e della linea editoriale.

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    • Sì. NON leggere i libri pubblicati dall’editore. Ma credo che non ci sia alcun rischio al riguardo: la maggioranza degli esordienti evita con cura di leggere qualunque cosa, figuriamoci i libri di un editore (e se poi l’editore è piccolo, non parliamone nemmeno).

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  2. Va bene. E cosa mi dici di quel 2% che presta attenzione a tutto o quasi e non riesce ugualmente a farsi leggere? Così pare, ma di preciso non si saprà mai, visto che nessuno fa mai sapere se ha letto, ricevuto o altro del dattiloscritto che gli è stato spedito?
    Passano i sei, gli otto e anche i dieci mesi e nessuno sa più nulla.

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    • Hai ragione. Appena ho tempo scrivo un post su come un editore dovrebbe essere (secondo me).
      Credo che alcune case editrici non vogliano organizzarsi. Magari è la loro politica editoriale: non hanno tempo, non desiderano trovarlo e nemmeno parlare con qualcuno. Mettono il loro indirizzo visibile, aggiungono le indicazioni… e poi ignorano.
      Ce ne sono poi alcune (poche), che invece rispondono, ma sono mosche bianche. A parer mio (però è l’opinione di chi non conosce la realtà editoriale), è tutta una questione di organizzazione. È vero che il Web moltiplica per dieci la corrispondenza, però un briciolo di disciplina (una volta tanto, la disciplina dovrebbero usarla gli editori, esatto), e i giusti strumenti, possono fare miracoli.
      In fondo il seccatore lo distingui alla prima occhiata da uno che invece desidera sapere qualcosa della sua opera. E spendere due righe, scrivendo: “Abbiamo ricevuto la sua opera”, non ruba troppo tempo.

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