(…) con la massima eleganza di cui è capace.
A parlare così è Francis Scott Fitzgerald, in una lettera datata 1920.
Prima di arrivare a questa conclusione in realtà Fitzgerald scrive anche dell’altro, ovviamente. Parla di trasferire la vita sulla pagina così come la vede.
Non che sia importante per l’umanità saperlo, ma credo di aver qualche difficoltà nello sposare questo punto di vista.
Certo: non sono mai esistiti (e non esisteranno mai) due autori che saranno d’accordo su cosa sia la scrittura, il suo senso e scopo. In apparenza ci troviamo davanti a un’affermazione che sembra andare in direzione contraria rispetto a quanto scritto su questo blog nei mesi scorsi. Credo (non solo io per fortuna), che prendere la vita e trasferirla sulla pagina non funzioni affatto. Che il 90% (mi tengo basso come si vede) degli esordienti quando agisce così, sbagli sempre.
La realtà è una cosa, la storia, la pagina un’altra. Punto. E come si sa, se la prima non coincide con la seconda, che vada al diavolo.
Domanda: la vita è elegante? E se sì, lo è tutta o in parte? Mi pare che la chiave di tutto sia qui.
Diciamo di sì (non è vero ma diciamolo): che senso ha allora scrivere? Se questo atto è prima di tutto osservazione (quindi scelta, cernita), diventerebbe impossibile distinguere, prendere questo e lasciare quello.
Allora la vita non è elegante, anzi se ne infischia proprio di una tale categoria. Infatti il buon Scott Fitzgerald parla sì di trasferire la vita sulla pagina, ma con la massima eleganza di cui si è capaci. C’è un intervento dell’autore sulla materia e questo deve avere come fine l’eleganza.
Mi rendo conto che ad alcuni sembrerà una faccenda di lana caprina. In realtà è importante (almeno secondo me), comprendere il cosa e il perché. Cioè: che cosa diavolo fa uno scrittore, e perché diavolo lo faccia. Anche perché spesso il fallimento non lo convince a lasciar perdere.
È singolare e forse persino fuori moda parlare di eleganza nella scrittura; forse andava bene nei ruggenti Anni Venti, ma adesso?
L’aspetto divertente è che il termine “elegante” deriva (ma guarda che sorpresa: chi lo avrebbe mai detto?) dal latino eligere e significa “scegliere”.
Come si vede, per quanto si giri attorno alla faccenda e si tenti di darle un certo senso, alla fine tutto ritorna a un punto ben preciso. L’autore. È lui, la sua sensibilità, che fa la differenza. Perché sceglie.
E anche se sembra (sembra) solo prendere la materia-vita e schiaffarla sulla pagina, in realtà l’intervento di chi scrive deve esserci eccome. Costui o costei devono essere capace di scrivere con la massima eleganza di cui sono capace.
Non è una macchina che assembla e poi mette in vendita. Bensì un essere che manipola il materiale per infondergli eleganza. E questa è appunto, scegliere.
Da prima ero assolutamente colpito dalla frase di apertura, poi l’ho trovata fuorviante, finanche sbagliata, ad un certo momento di nuovo giusta, successivamente illuminante…
Credo dipenda dal significato che attribuisco alla parola elegante, perché inconsciamente me la immagino vestita in marsina. Mi sono risposto da solo: quella non è eleganza, è formalità. Detto questo mi sono riappacificato con la citazione di Fitzgerald.
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Meno male 😉
Eleganza per noi è diventato sinonimo di formalità, come dici tu. Ma bisogna andare a scavare, esplorare per poi scoprire che certe parole possono svelarci delle sorprese.
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Complimenti per l’articolo. Molto interessante e soprattutto portatore di una certa dose di verità, a mio avviso.
Mi iscriverò ai tuoi feed 🙂
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Grazie!
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Uno scrittore narra storie, racconta fantastiche avventure e, cosa più importante di tutte, azzarda. Uno scrittore è tale solo quando nelle sue parole si palpa ardore e passione, l’eleganza rimane un vestito a festa capace di rendere il più spregevole dei clochard un uomo d’alta classe.
Anticipato questo, complimenti per l’articolo che condivido pienamente. Trasuda la passione per un mondo spesso sottovalutato, un mondo dove tutto è diverso perchè l’occhio non guarda nello stesso modo, l’orecchio non ode le stesse parole, la lingua non si limita a descrivere i gusti, ma li colora, le mani non parlano soltanto di fugaci tocchi e rapide strette.
E’ un mondo difficile, ma pieno. E’ il mondo dello scrittore.
Cosa faccio io? Racconto storie, una al giorno per un anno, e poi… si vedrà.
🙂
http://noruleswords.wordpress.com
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