Mettere da parte la paura


Ha ragione Stephen King.

Buona parte dei dubbi, e dei guai che derivano quando si scribacchia, finiscono quando si mette davvero da parte la paura. Qui non parlo di quanti scrivono per spiegare al mondo come deve girare. O per dimostrare quanto sono bravi.

Mi riferisco a quei pochi che pur avendo del talento, hanno paura. Può sembrare ridicolo, me ne rendo conto.

Paura di cosa? Alcuni di essere giudicati male:

“Come farei a sostenere lo sguardo della nonna se nella storia scrivo delle parolacce?”.

Capisco, sul serio.

Buona parte dei lettori crede che se uno scrive in un certo modo, è perché lui è così. Se il protagonista di un racconto dice un sacco di parolacce, è persuaso che l’autore sia uno scaricatore di porto.
Mettiamola così.

Qualunque cosa si decida di scrivere, ci sarà sempre qualcuno scontento. Allora, per quale ragione non essere onesti sino in fondo? Se a un certo punto ci vuole una scena di amore bollente, e questa è utile alla storia, scrivila. Certo, tua nonna correrà dall’avvocato e pretenderà la tua esclusione dal testamento perché infarcisci le pagine di “robe pornografiche”, ma andiamo!

Il primo dovere di chi scrive non è verso le nonne, zie o lettori; bensì verso la storia. I personaggi. È a loro che si deve prestare attenzione, e curarli al meglio delle nostre capacità.

C’è un’altra paura.

Quella di abbandonare i propri “numi tutelari”. Quando si inizia a scrivere, lo si fa seguendo le orme dei nostri autori preferiti. Glielo dobbiamo perché in un certo senso ci hanno introdotto alla letteratura. Come forse si è capito, adoro Dostoevskij e quando ero giovane volevo scrivere come lui. Mica male come errore, vero? Ma è un errore necessario. In seguito ci si rende conto che bisogna individuare la propria voce, non imitare quella di un altro.

Ci vuole tempo e molte letture. Davvero tante. Certo, si teme che allontanandosi dal nostro eroe, perderemo la direzione. Ed è quello che deve succedere, poiché quella che si percorre è la direzione, o meglio il percorso, di un altro.
Dobbiamo invece tracciare il nostro, l’unico, come lo siamo noi.

Se abbiamo talento, la strada che tracceremo sarà per forza di cose, differente. La nostra, appunto.

4 commenti

  1. Questa cosa di avere paura dell’opinione degli altri a proposito quello che si scrive mi fa sorridere.
    Io la vedo esattamente al contrario. Tramite i miei personaggi posso dire o fare qualsiasi cosa senza essere giudicata, anche qualcosa che farei se ne avessi la possibilità o che penso veramente, perché tanto è solo finzione e nessuno può distinguere tra ciò che è vero e ciò che è inventato. 😉

    "Mi piace"

    • Giusto. Ma ricorda sempre che poi le persone ti guarderanno attraverso i “filtri” della tua storia. Se scrivi di cose truculente, e poi ti riveli essere una persona gentile e persino timida, li lascerai di stucco. Non riusciranno a capire dov’è l’inghippo, anzi penseranno che sei un essere diabolico che cela terribili segreti 😉

      "Mi piace"

    • A me non ispirano questo tipo di storie. O meglio: magari le leggo (Non è un paese per vecchi è una storia che comprende proprio un killer psicopatico), ma non sarei in grado di scriverla. Credo.

      "Mi piace"

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.