(Post aggiornato nel giugno 2018).
Il brand, almeno nell’accezione che spesso si usa, ha il difetto di essere considerato come una “cosa”, a malapena un’etichetta, grazie alla quale si viene identificati. La faccenda in realtà è un poco più complessa, perché si tratta di una definizione che lascia in ombra un bel po’ di lavoro che è necessario portare avanti per riuscire a diventare appunto un brand.
Premessa importante: io per primo ero parecchio scettico a proposito di questo termine “brand” (o marca? O marchio?). Però è indubbio che se scegli (per esempio), di essere un autore indipendente…
Il lettore NON ha bisogno del tuo libro
Se scegli di essere un autore indipendente, o autoeditore, ti servono una serie di strumenti. Come il blog, e un paio di reti sociali (non tutte; non devi essere presente ovunque): ma per farci che cosa? La birra?
Non esattamente. Le persone alle quali ti rivolgi non sono stupide e nemmeno delle “carte di credito ambulanti”. Non hanno né tempo né voglia di comprare i tuoi prodotti (le tue opere). Hai notato? Ci sono già tutti i libri di cui abbiamo bisogno, e ce ne sono talmente tanti che 3 vite non sarebbero sufficienti per leggerli tutti (anche perché il loro numero cresce inesorabilmente). Bene.
Parti sempre dall’idea che il lettore NON ha bisogno del tuo libro (mentre tu pensi che stia lì ad aspettarlo: probabilmente credi anche all’ippogrifo, vero?). Ecco: devi emergere. Devi non solo dimostrare che esisti (per quello esiste già l’ufficio anagrafe del tuo comune, giusto?), ma che sei una persona con una testa sulle spalle, e che ci mette la faccia.
Si fa presto a dire: brand
Un brand è quindi una persona che crea, produce, pubblicizza e vende i suoi prodotti non grazie a chissà quali vie misteriose. Ma perché giorno dopo giorno, grazie soprattutto alla Rete e non solo, ha conquistato un lettore alla volta. Essere un autore indipendente, un autoeditore (scegli la definizione che prediligi), non significa: Pubblicare. Significa essere un piccolo imprenditore che deve piazzare la sua merce: i libri. Stephen King e Alexandre Dumas avevano l’editore che svolgeva per loro questo lavoro; adesso tu hai una libertà che Dumas si sognava. Che Dostoevskij si sognava (lo sapevi che il buon Fedor ha autopubblicato? Non ci credi? Allora leggi “Come Dostoevskij si autopubblicò”). Ma questa libertà che la tecnologia ci regala, non si conquista facilmente. Ma solo quando modifichi il tuo modo di pensare.
Scegli di diventare un imprenditore, e quindi un brand. Attento però. Il brand non è un cappello che indossi: è una strategia che costruisci giorno dopo giorno. Curando per esempio la qualità delle tue opere (rivolgendoti a un grafico per la copertina; a un editor per l’editing). Costruendo una rete di relazioni; curando ogni contenuto che appare sul blog, o sulle reti sociali. E fino a quando non ti entra nella testa che non si tratta affatto di qualcosa di esterno a te, ma che nasce, cresce con te, e ti distingue e ti rende unico, vorrà dire che non sei ancora convinto della sua inevitabilità.
Stephen King è un brand
Qual è l’autore che preferisci? Ecco, quello lì: e quando senti il suo nome, all’istante ti si drizzano le orecchie. Magari corri in libreria e prenoti il suo libro che uscirà tra una settimana, oppure un mese. E per quale ragione ti comporti in questa maniera? Esatto: è un brand che conosci e riconosci, nel quale riponi grande fiducia. Una fiducia che però non è sbocciata da un giorno all’altro; è cresciuta nel tempo. La tua fiducia, quello scrittore, quel brand, se l’è conquistata giorno dopo giorno. Non è stato sufficiente scrivere sulla pagina Facebook:
GENTE!!!!! HO SCRITTO UN LIBRO :)))))))))!!!!!!! TUTTI A COMPRARLO!!!! ;))))))
Questo è spam, spazzatura. Non c’è nessuna idea di che cosa si stia facendo, e per quali scopi. Si crede (ancora) che sia sufficiente esserci per riuscire a vendere qualcosa. Denota anche scarsa considerazione per le persone: infatti si presume che sia sufficiente un annuncio perché tutti si lancino a comprare.
Non succede più così. O meglio: succede se ti chiami Stephen King. Per tutti gli altri: c’è da sudare, sbagliare e imparare parecchio.
Ma come muoversi?
Le basi del brand (forse)
Come sempre, il solito consiglio: evita di imitare.
Al massimo puoi ispirarti, perché se cerchi di ripetere pedissequamente quello che altri fanno, probabilmente non caverai un ragno dal buco, e così potrai ripeterti che è tutta fuffa, tutto un bla bla bla, e alla fine di questi discorsi ti ritirerai, sdegnoso, in un angolo convinto di essere vittima del G.P. (Grande Complotto).
Che la fuffa esista è una realtà, ma è anche una realtà che il self-publishing è qui, lo hai scelto (o lo stai per fare), e attendere che “si venda da sé” è un’illusione. Certo, le illusioni si avverano, a volte, così come a volte qualcuno entra dal tabacchino, compra un Gratta e Vinci, e intasca 3 milioni di Euro. E noi, all’istante, ci licenziamo per tentare la fortuna, vero?
Ah, no?
Una certa timidezza a proposito del brand, nasce dal dubbio su quello che si sta facendo. Non si è davvero convinti che una certa storia abbia quelle qualità che dovrebbe avere. Qui non posso certo essere di aiuto.
Se tu per primo non ne sei convinto, come posso dire qualcosa? Una buona dose di dubbio inoltre, è salutare; almeno credo.
Spesso però, è puro autolesionismo. Esiste un altro difetto grave che colpisce l’esordiente, e si chiama presunzione.
La certezza di aver scritto un capolavoro; la convinzione che “si venderà da sé”; che già centinaia di lettori lo hanno decretato una grande opera… Non si tratta di esagerazioni bensì di realtà. Il 90% degli esordienti ragiona in questa maniera. Per smascherarli chiedi loro di Conrad, Dostoevskij, Camus o Zola, e li vedrai battere in ritirata.
Occorre avere la consapevolezza di aver scritto, nonostante i propri limiti, una storia onesta. Non deve essere perfetta, sublime, e altre sciocchezze del genere. Le prime opere di tanti autori che sono poi diventati dei classici non lasciavano presagire che cosa sarebbero diventati. All’inizio, tutti scrivono; poi diventano Tolstoj. Dickens. Simenon.
Perché il brand non è fisso, immutabile. Cresce, come dovrebbe fare la tua scrittura.