Cosa significa fare marketing?


fare marketing

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La differenza tra uno scrittore che decide di essere editore di se stesso, e uno che si affida alla casa editrice (ammesso che riesca a essere intercettato da una casa editrice!), sta nella diversa strategia di marketing che deve adottare.
Se sei riuscito a firmare un contratto con una casa editrice medio-piccola (bravo! I miei complimenti), sai che il marketing del libro è una faccenda che puoi ignorare abbastanza serenamente.

Crea relazioni durature

Se invece sei editore di te stesso, la strategia di marketing punta tutto… su te stesso.
Quello che dovrai creare, nel corso del tempo, sarà una relazione estesa e solida, e sarai tu a dovertene occupare. Una casa editrice al giorno d’oggi butta un’occhiata alla presenza online di un potenziale autore: quanti follower ha su Twitter? E su Facebook? Qualcuno commenta i suoi post? E magari ci fa un pensierino. Ehi, ho scritto “magari”, non farti troppe illusioni.
Fai da solo? Niente editore medio-piccolo, perché non ti interessa? Se non modifichi il tuo modo di guardare alla narrativa, se in qualche modo non ti dai da fare, rischi di perdere tempo prezioso. Devi agire come se in questo mondo le case editrici non ci fossero più. Forse arriveranno, forse no. L’unica certezza che esiste, e sulla quale puntare, sarà quella che nasce dalle tue qualità, i tuoi pregi. Saranno queste cose a permetterti di emergere (un poco), di costruire attorno a te una comunità (qualcuno la chiama “tribù”, ma non mi piace molto) che si riconosce in quello che scrivi. Che ti apprezza per quello che sei e per quello che fai.

Cosa significa fare marketing

Spero di non dover più ribadire il concetto: libro=prodotto.
Lo è l’acqua, lo è il pane (più indispensabili di un libro), non si capisce per quale ragione non lo sia appunto una storia. Fare marketing vuol dire identificare un preciso pubblico (non “tutto”, né “il pubblico”, ma il tuo pubblico), ed essere in grado di offrire il giusto prodotto. Un prodotto che deve avere il giusto prezzo, e di cui si deve sapere l’esistenza. Credo di avere già spiegato quanto sia importante avere un blog, vero? Quindi non lo ripeterò, ma ribadirò soltanto che devi metterci la faccia, e deve essere quella vera.
Come vedi, si tratta di un mucchio di roba: per questa ragione la tua presenza sulla Rete deve essere coerente e capace di generare conversazione.

Freccero? Quello della TV?

Il lettore però non ti conosce affatto, e di rado è disposto a spendere soldi per un magnifico sconosciuto. Uno dei motivi che spinge le persone che leggono a investire denaro e soldi in un libro di un autore ignoto, è la forza della casa editrice. Quando io per esempio mi avvicinai a Cormac McCarthy, in Italia era ancora sconosciuto. Due furono gli elementi che mi decisero all’acquisto: il titolo del romanzo (che richiamava alla memoria “Sentieri selvaggi” di John Ford). E la casa editrice Einaudi che ne curava distribuzione e traduzione.
Ah, no, non sono parente di quello che bazzica in televisione.

L’autorevolezza è un valore

Quando si inizia a parlare di valore, e lo si fa in relazione col Web, quasi certamente qualcuno torce la bocca perché vede ancora la Rete come una sorta di entità parallela alla realtà. Dove l’inganno è ovunque e i truffatori sono dietro a ogni sito. Come se nella vita quotidiana tutto si svolgesse senza alcun rischio o problema. Una persona che distribuisce valore sarà in grado, col tempo, di diventare autorevole. Le persone impareranno a conoscerla, a darle fiducia. Spesso questa qualità viene associata a personaggi celebri, e utilizzarla in Rete fa sghignazzare più di una persona. Lungi da me la volontà di impedire a costoro un divertimento così grande e a buon mercato. È tuttavia vero e reale che il Web permette all’individuo di far sentire la sua voce. Non è detto che debba conquistare milioni di persone; forse sono necessarie “solo” quelle giuste. E queste persone “giuste” decidono di dare la loro fiducia a una persona se ne riconoscono l’onestà. Sì, è rischioso. Sì, è facile ingannare, o essere ingannati. Forse Marco Freccero è brutto, sporco e cattivo. Stai lontano da costui!
Forse no.
Di certo, non ci vuole un genio per capire che aprire un blog, gestirlo, condividere idee e passioni significa anche entrare in contatto con la sensibilità, la cultura di altre persone. Per questo bisognerebbe essere rispettosi e capaci di ascolto.
Come? Questo post doveva parlare di marketing e invece parlo di altro? Al contrario. Il marketing non è quella cosa brutta e zozza che raggira la gente. Quella scienza che entri nell’ipermercato per comprare una lampadina e ti ritrovi a spingere un carrello con una televisione al plasma da 2999 euro. E ti chiedi come diavolo sia successo.
Il marketing è cambiato. È fatto di competenza, di Rete e relazioni, di visibilità.

La domanda delle 100 pistole

Sei d’accordo sul fatto che il marketing sia cambiato? Oppure è una favola?


Prima la storia, poi il lettore

9 commenti

  1. Sì, il marketing è cambiato perché sono cambiati i modi di comunicare. Con la nascita del web il marketing ha dovuto cambiare. Poi sono nati i blog, poi i social. Il marketing, in fondo, è comunicazione: se cambiano i mezzi di comunicazione, deve cambiare per forza anche il marketing.
    Ma cambia anche in base alle nuove esigenze delle persone.

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  2. Marketing? Parolone inglese, usato a sproposito tante volte. Pedrché? Per il semplice fatto che non si conosce cosa identifica. Tu hai cercato in maniera semplice e chiara di svelarne il significato e in particolare cosa significa fare marketing.
    Dunque fare marketing è come inventarsi pubblicitari, una volta si chiamavano così ma ogni è più snob parlare di marketing 😀
    Sicuramente l’approccio a pubblicizzare il proprio prodotto, chiamasi libro – è diverso a seconda se hai alle spalle una (pseudo) casa editrice oppure lulu, ilmiolibro, smashword, ecc.
    Se la casa editrice, grande o piccola, è seria allora puoi organizzare con loro come far conoscere il tuo prodotto. Se è pseudo, hai due strade: o rinunci (ovvero regali un po’ di libri in giro) o ti rimbocchi le maniche e fai da te.
    Per l’autoproduzione va da sé il rimboccarsi le maniche.
    Più o meno è questo il succo del tuo post, molto più chiaro della mia confusa risposta.

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    • Non parlerei di una risposta confusa, ma concisa 🙂
      Ci sarebbe anche da parlare (ma un po’ l’ho fatto in passato), dell’idea che tanti hanno ancora: vale a dire il Web è pieno di gente, basta pubblicare ed è fatta. Be’, no, non funziona proprio. Che la gente ci sia è indubbio, ma non sa niente di me, e di me probabilmente non vuole sapere niente.

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      • Si ci sarebbe molto da parlare sull’argomento e da sfatatre molti miti. Uno l’hai appena descritto. Il web è popolato ma questo non è un buon motivo per credere di vendere a palate.
        L’altro argomento è che per pubblicizzare con speranza di successo il proprio libro servono molti euro, perché costa affittare spazi (sui media, nelle librerie), per spostarsi, ecc.
        Con quali speranze? Se tutto va bene, si pareggiano i conti.

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