Il blog che fa la differenza


il blog che fa la differenza

Il blog che fa la differenza, come ci riesce? In quale maniera possiamo agire per far sì che questo strumento riesca a ritagliare, nel Web, uno spazio, anche piccolo, e che sia nostro?
È ancora possibile riuscirci, oppure l’offerta è talmente varia e vasta che non è più possibile usare il blog, e conviene ripiegare su Facebook o Twitter?
E inoltre: davvero chi scrive storie ha bisogno di un blog?
Quante domande!

Dimostra che sei differente

La prima regola che conoscono un po’ tutti, è che devi dimostrare che tu sei differente. Da chi? Ma da tutti gli altri, diavolone! Parliamoci chiaro: il Web è pieno di gente che vuole vendere, vendere e vendere. Certo, anche io, e pure tu.
Il punto è che i lettori lo sanno, e questa non è una novità. Il punto è che occorre costruire con questi lettori (che, come dico spesso, non sono carte di credito ambulanti, ma uomini e donne), una conversazione. E ci vuole tempo. E anche empatia, simpatia, umanità. Tutte qualità che si palesano (bello questo verbo, vero? “Palesare” fa la sua bella figura) soltanto se la materia grigia ha qualche interesse, oltre alla vendita. Qui c’è poco da dire o da consigliare: è affar tuo dimostrare che non sei un chiacchierone. Modi e tempi li decidi tu, e questo è un vantaggio. Lo strumento ce l’hai, e si chiama “blog”. Che aspetti a sfruttare la situazione?

Mettiti in gioco

Mettersi in gioco: come?
Con una comunicazione personale, “umana”: sei in grado? Be’, è sufficiente dare un’occhiata in giro per trovare ancora contenuti che paiono scritti da marziani. Persone che non hanno alcun interesse alla condivisione, alla conversazione. Oppure, che devono assolutamente piazzare qualcosa, e allora vai con ricette, trucchi, strategie… Tutta roba vincente, che probabilmente funziona, e sono contento per loro, sul serio. Ma non funziona per te, né per me. Oppure, funziona in certi settori; in altri, stenta.
Mettersi in gioco in effetti è una bella sfida, e molti preferiscono evitare di correre un simile rischio. Innanzitutto, scrivere contenuti anche solo una volta alla settimana, è un impegno. E poi: perché diavolo dovrei farlo?
Dipende dal valore che dai alle tue storie. Se ci credi almeno un po’ allora dovresti vedere nell’impegno del blog, un sufficiente motivo per aprirlo e gestirlo.
Perché il blog serve a creare ponti. Per instaurare coi lettori fiducia.
Che diavolo: è finita l’era dello scrittore che deve essere interpellato solo dai suoi simili, dai suoi pari. Il Web ha cambiato le carte in tavola. Gli strumenti ci sono e sono gratuiti. Non sottovalutiamoli ma impariamo a usarli per mettere in luce la nostra intelligenza. Se l’abbiamo, si capisce.

Comunicare! Comunicare! Comunicare!

Scrivere storie è comunicare. Lo stesso vale per un blog.
Tuttavia, ricordati questo: una storia, breve o lunga che sia, ha bisogno di pianificazione (soprattutto se lunga). Adesso spiegami per quale ragione un blog non dovrebbe fare altrettanto. Lo so: ci sono un bel po’ di blogger che scrivono sul momento. Sì, proprio tu che stai leggendo queste parole: lo so che fai così. Il lavoro non ti permette di agire diversamente. Oppure, sei fortunato/a, rappresenti uno di quei pochi esseri che ha il dono di buttare giù un post in 10 minuti, ed è già perfetto.
Ma come fai?
La comunicazione serve a segnalare agli altri che la tua voce è differente. Unica. Altrimenti sei chiacchiericcio. Adesso, la solita osservazione: il blog ruba tempo alla scrittura delle storie.
Non credo che sia così. Certo, occorre rimboccarsi le maniche per riuscire a sfornare qualcosa di valido; ma se redigere post vuol dire sprecare del tempo, credi che quello impiegato a scrivere storie che leggeranno 20 persone sia più proficuo?
Si tratta di un investimento, e come tale può andare bene, può andare male. Bisogna provarci, sbagliare e riprovarci.

Domanda delle 100 pistole

Cosa ti colpisce di un blog, quando plani su di esso la prima volta? Cosa ti spinge a seguirlo?


Prima la storia, poi il lettore

27 commenti

  1. Eh, qui tocchi un tema complesso, mentre ti leggevo annuivo.
    Cosa mi colpisce in un blog e mi spinge a seguirlo?
    Certo, il primo fattore è il contenuto, se il contenuto non ha valore non c’è nulla che mi possa trattenere.
    Però… è sufficiente?
    Per me no, leggere un blog significa dedicare il proprio tempo a qualcuno e in alternativa posso sempre leggere Dickens, Twain e gli altri nostri amici, no?
    Se scelgo di leggere un blog cerco di stabilire un contatto, se lascio un commento e non ottengo risposta, ad esempio, è facile che io non torni più perché mi resta l’impressione di essere entrata in casa altrui senza essere invitata.
    E per l’appunto ho sempre Dickens come alternativa!
    Il blog è comunicazione, sempre… almeno per me è così, poi so che per alcuni non è così e ognuno è libero di fare ciò che vuole, naturlamente.
    E poi, la grafica, ne vogliamo parlare?
    Caratteri troppo piccoli, sfondi scuri che certo non invogliano la lettura.
    E in tutto questo, ci vuole un contenuto di valore, deve emergere la personalità di chi scrive.
    Grazie Marco, tornerò a leggere i commenti degli altri, sono curiosa.
    Buona giornata!

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    • Se un lettore lascia un commento non solo ha investito del tempo nella lettura del tuo post, ma ne ha investito dell’altro nella scrittura del commento. Quindi la replica è doverosa.
      Sulla grafica: non capisco perché alcuni si intestardiscano a usare sfondi neri e testo bianco. Eppure se leggiamo libri di carta (o elettronici) su sfondi bianchi un motivo ci sarà!
      Chissà cosa avrebbe combinato il buon Dickens coi blog e le reti sociali: credo che avrebbe apprezzato molto.

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  2. …mo’ te la faccio io, la domanda delle cento pistole: perché sui nostri blog, creati per instaurare un rapporto con i lettori, interagiscono solo (o quasi) altri scrittori? 😛
    Scherzi a parte: bellissimo post, stimolante, e arrivato al momento giusto, perché sto riflettendo parecchio su cosa fare del mio blog. Mi sono comprata proprio ieri notte (eh, sì, col Kindle e un po’ d’insonnia è un attimo cascarci XD ) un libretto sullo storytelling personale in rete. E vorrei davvero sentire il tuo parere su questa cosa che alla fine interagiamo quasi solo tra noi, scrittori o aspiranti tali.
    Ciao 🙂

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    • Ciao Serena, hai ragione: apriamo le porte dei nostri blog a tutti, ma poi sono gli scrittori ad entrare e conversare con noi. Credo sia normale, perché è quello il settore in cui ci piace dire la nostra e nel quale
      cerchiamo il confronto con chi, come noi, ama scrivere e discutere di scrittura. Però bisogna distinguere chi lascia un commento, interessato o no, e chi passa e legge comunque: magari la conversazione si fa in pochi, ma poi il messaggio raggiunge tante persone.

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    • Ma io non voglio interagire con gli scrittori 😉
      Be’, a parte le battute: non puoi sceglierti i lettori, perciò chiunque siano sono sempre i benvenuti. Credo che molti preferiscano non replicare nulla perché sono d’accordo, e scrivere qualcosa come “Sono d’accordo!” è un po’ banale. Da un po’ ho cominciato a riflettere su come agganciare i lettori. Prima di tutto, la lingua. Bisogna lavorare duro per renderla sobria e semplice, mentre spesso è usata per rimarcare la differenza tra chi scrive e i lettori. Che si sentono emarginati e disertano le librerie. C’è poco da fare: se “popolare” in passato è sempre stato visto come fumo negli occhi, adesso la faccenda è soltanto peggiorata. Magari ne parlerò in futuro in modo più esteso.
      Il libro che hai acquistato come si intitola? 🙂

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      • Narrarsi online: Come fare personal storytelling (Web Marketing)
        Francesca Sanzo, Francesco De Nobili
        Ci sono inciampata per caso, e siccome sto per aprire (purtroppo) un secondo blog… Ma te ne voglio parlare meglio e adesso casco dal sonno XD Ti riscrivo domani e ti spiego meglio 🙂 Notte!

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      • Allora, ti spiego volentieri, perché mi interessa molto il tuo parere e magari il nostro ragionamento può seguire ad altri.
        Sto costruendo MOLTO faticosamente una mailing list, come avrai visto. Il punto è: sono sicurissima che ad una buona fetta delle persone in quella lista non interessa quello che scrivo, ma più gli articoli “tecnici”. E ad un’altra fetta di quelle persone non può fregare di meno degli articoli su SP, tecniche di scrittura eccetera. Così mi sento continuamente a disagio nell’inviare le mail cosiddette di broadcast; l’unica che parte, al momento, è quella che informa della pubblicazione di un nuovo post. E siccome i miei al momento sono quasi tutti post tecnici, sono sicura che le mie lettrici nemmeno le aprono, lo vedo dai numeri. In sostanza, non sto andando da nessuna parte nella costruzione di uno “zoccolo duro” di lettori del mio prossimo libro. Sono io la prima ad essere bloccata nel proporlo, perché avverto che su quel blog è fuori luogo. In quel blog io indosso il tailleurino o il completo pantalone che porto per le riunioni in azienda; ho gli occhiali, sventolo un tablet con un foglio Excel aperto e parlo di numeri. Come scrittrice, e come lettrice, io cammino a piedi nudi, parlo da sola quando non con cani e gatti, mi commuovo per niente e rotolo sul tappeto con mio figlio e i miei nipoti in uno spettacolare casino di merendine spiaccicate, giocattoli e peli di animali assortiti. E mi vesto di arancione, non di grigio.
        In un blog “arancione” mi sentirei io per prima più libera. Ci mettere pezzi del mio WIP, altri pezzi dalle montagne che ho nel PC e parlerei di sogni, più che altro, non di numeri né di tecnica.
        Non sei il primo che mi dice “ma… sei sicura?” Però credo anche che mi sarebbe più semplice tenere aggiornato il “blog arancione”. I miei post che contengono citazioni di articoli, libri e statistiche mi prendono ore di tempo, ci metto tantissimo a scriverli perché controllo tutto. Per scrivere come mi sono sentita quando è morta la mia amica Melissa, gatta norvegese e Valchiria in incognito, ci metto meno di mezz’ora, secondo me.
        Ecco qua. E ora spara. Ti ho detto tutto, tutto, perché il tuo parere mi interessa moltissimo, perciò non essere troppo duro XDDD

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      • Io non sparo, però magari ci potrebbe uscire un post!
        Nel frattempo. Capisco il tuo punto di vista, ed è lo stesso di chiunque scriva. Pure io mi trovo in questo dilemma, ma per esempio una mailing list non la prevedo perché non ho il tempo di seguire anche quella. Ma se tu apri un altro blog, dedicato non alla tecnica ma solo alla scrittura, sei certa che intercetterai solo i lettori? Come fai? Metti un avviso: “Scusate, questo blog non è tecnico. Per questi argomenti andate sull’altro blog”? Io verrei a leggerlo comunque, e molti che già sono abbonati al “vecchio”, ti seguirebbero pure nella tua nuova avventura.
        Non voglio fare il guastafeste, ma hai davvero tutto questo tempo per dedicarti a produrre contenuti per un altro blog? Lo so che ci metteresti poco tempo, ma a lungo andare?
        Tu mi dirai: “Sì, ma voglio creare il mio zoccolo di lettori ADESSO!”. Ma in parte lo stai già facendo. Forse devi solo alternare i contenuti.
        Se hai qualcosa di personale da condividere, pubblicalo e basta. Sii libera anche adesso. Suvvia, cosa ti impedisce di pubblicare quello che hai provato per Melissa? La mia idea è che hai impostato il tuo blog in un modo, e temi che pubblicando certi argomenti arriveresti a danneggiare l’immagine che hai costruito. Allora vorresti un altro ambiente dove essere più libera. A mio parere, tu sei l’una e l’altra, e separare queste due dimensioni sarebbe un errore. È come se non avessi ancora accettato qualcosa della tua scrittura…
        Spero di non essere stato duro 🙂

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  3. Io rispondo alla tua domanda dicendo che a me piace interagire con i blog che mi fanno sentire a mio agio: di solito, prima di fare toc toc alla porta di blogger che mi interessano, lì studio da lontano, li frequento non “vista”, sono una lettrice esterna che guarda e non partecipa. Se torno spesso da quelle parti, se ho voglia di vedere cosa ha scritto Tizio anche oggi, allora divento un’assidua follower e comincio a firmare i miei interventi. Nel mio blog, invece, provo ad essere accogliente: ha ragione anche Miss Fletcher, bisogna sentirsi a proprio agio ma anche fare sentire a proprio agio gli ospiti, rispondere con cortesia, dimostrare di apprezzare la visita (perché di fatto è così: si apprezza sempre chi trova due minuti di tempo per soffermarsi a leggere ciò che scrivi nel tuo blog). E due ganci, poi tre, poi quattro, diventano una catena! 🙂

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    • Sì insomma. Si investe il proprio tempo se ne vale la pena, se si sente che l’altro o l’altra ha una voce, personalità, una testa che rumina e riflette, riflette e rumina. E il blog è forse il mezzo più adatto per gettare ponti.
      Anche io all’inizio osservo da lontano, guardo, scruto, e infine intervengo. Se credo di avere qualcosa da dire.

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  4. Il tuo blog è stato il primo che ho iniziato a seguire, scoprendoti grazie a Narcissus.
    Per molto tempo ho letto tutti i tuoi post senza mai commentare o avere il tempo di farlo perché mi piacevano i contenuti e perché davi consigli agli scrittori esordienti con uno stile asciutto e piacevole. Poi tanto per smentire Serena (cioè che questi blog vengono seguiti solo da aspiranti scrittori e non dai lettori) sappi che ho comprato il tuo ebook di racconti (ehi ! anch’io leggo, non potrei scrivere se non leggessi..)
    quindi almeno 1 libro l’hai venduto grazie a questo blog.
    Un blog lo seguo perché mi piace il contenuto, perché lo stile è ironico/divertente/simpatico/profondo ecc..e perché amo il confronto e lo scambio di opinioni sull’argomento “scrittura”

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  5. Il blog deve avere dei contenuti che interessano. Ma rimango dell’idea che cercare a tutti i costi la visibilità sia un tiro mancino 😀 😀 Non credo che siano i numeri a rendere un blog vincente ma il dialogo tra blogger e lettori.

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  6. il blogging ruba tempo alla scrittura? Tu dici di no, ma per me si sta rivelando un impegno ben più dispendioso, in termini di tempo e energie, di quanto mi sarei aspettata nove mesi fa, quando ho iniziato a bloggare sul serio. Anche se posto una volta a settimana, tenere il passo con i post sui blog che seguo richiede almeno due o tre ore al giorno, e un mesetto fa mi sono resa conto che leggevo i post con ansia e saltando paragrafi interi, solo per poter commentare qualcosa e dimostrare al blogger il mio supporto. Ero nel tunnel. L’unica soluzione è stata andare in astinenza, scegliendo solo una decina di blog da seguire. È un peccato, perché si impara così tanto dagli altri scrittori e mi diverto un sacco a bloggare, ma ho aperto il blog per dare visibilità ai miei romanzi, che ancora non ho scritto… quindi scrivere il romanzo deve essere la mia priorità al momento!

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    • Sì, la scrittura deve essere in cima alle priorità. Sì, il blog richiede tempo, per questo ho ridotto il numero dei post, perché alla fine non riuscivo più a divertirmi, né seguivo i blog che mi interessavano. Non abbiamo molte alternative: o così, oppure l’anonimato più totale, quindi tanto vale considerarlo un investimento. Questo è forse l’unico mezzo che abbiamo per costruirci una nicchia, anche perché le case editrici ormai inseguono quelli che ne hanno una. E una nicchia si costruisce anche con il blog.

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      • Eccomi. Sì, un po’ duro lo sei stato, ma probabilmente solo perché hai colto nel segno XD Io sono sia l’una che l’altra, hai ragione. E in effetti credo di avere un mio stile piuttosto personale anche nel lavoro, cosa che non sempre ha giocato a mio favore. Avrai capito che la parte che mi ha colpita, nel tuo scritto, è quella finale, dove mi dici che ci sono parti della mia scrittura che non accetto. Cavolo, che mira che hai!
        Non credo di avere paura di danneggiarmi se metto le cose più personali e/o leggere assieme a quelle più tecniche; però ho paura di ammorbare le persone con roba che non gli interessa.
        Forse ho paura di non essere accettata con la mia parte più debole, questo sì. Non lo so, forse proprio perché ho un lavoro abbastanza maschile e un carattere abbastanza deciso, quando scrivo parlo di donne fragili e di cose tipicamente femminili. Figli, amore, amiche. Le mie protagoniste non hanno mai il problema di far vedere quanto sono in gamba: se ne fregano proprio. Beate loro. Si fanno amare, e basta.
        Però non credo che ciò che scrivo possa piacere a tutti, mentre magari le cose più tecniche possono essere utili a tutti, indistintamente, se cercano quel tipo di informazioni.
        Ho un amico carissimo che si offre spesso di leggere le mie cose, e me le sollecita, anche. Ma io so che le cose che scrivo non sono il suo genere. Di suo, non andrebbe mai a comprarsi un libro così. E io non voglio che si senta obbligato a leggermi!
        I due blog sarebbero linkati l’uno all’altro, ma avrebbero ciascuno la sua lista di follower. Alcuni sarebbero comuni, ma per scelta loro. Vorrei sapere cosa gli tocca, se mi seguono. Non che uno si iscrive al blog dopo che ha letto una recensione su Scrivener, e poi si becca Serena che piange per la sua gatta.
        Non è che io non voglia che uno che legge “di là” poi venga a leggere anche “di qua”. Anzi, credo che sarei contenta: vorrebbe dire che quella persona apprezza entrambe le mie versioni. Però io non voglio imporre niente a nessuno. Il mio discorso è parecchio legato alla gestione della mailing list.
        Ti sto scrivendo la Treccani, me ne rendo conto. Temi di marketing legati a temi più personali.
        Grazie per la tua pazienza, ecco, sei sei sopravvissuto fino a qui. Notte, Marco 🙂

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      • Sì sono sopravvissuto. Che cosa posso aggiungere? In bocca al lupo per il tuo nuovo blog 🙂
        Leggerò entrambi, si capisce, e mi chiederò: “Ma come riesce a gestirne due?”. Capisco il tuo problema, che è anche il mio: ma ho scelto di non preoccuparmene. Io parto sempre dall’idea che non posso piacere a tutti, e scrivo quello che posso e voglio. Qualcuno apprezza di più un certo tipo di argomenti, e meno altri? Pazienza: prendere o lasciare! Io sono così. E non credo di imporre niente a nessuno: un clic e il lettore se ne andrà o da un’altra parte, oppure tornerà quando affronterò qualcosa di suo interesse. Ci sono certi autori molto apprezzati come insegnanti, e poco come scrittori. Mi viene in mente John Gardner, insegnante di scrittura di Raymond Carver: i suoi libri non raggiunsero mai la popolarità di quelli del suo allievo. Forse non era molto bravo? È possibile. Invece il suo “Il mestiere dello scrittore” è tra i più citati (be’, meno di quello di King forse). Come dici? Che con questo esempio non faccio che confermare la bontà della tua scelta? Può darsi.
        Ti posso solo dire che pure io un tempo ho accarezzato l’idea di due blog, e che poi l’ho messa da parte. Avevo timore di mostrare quello che volevo essere, e immaginavo che “sdoppiandomi”… Ma ho capito che la parola è una bestia esigente: se ti affidi a lei, devi fare quello che vuole. Non puoi stabilire regole o confini: lo fa lei, e senza rispettare le tue idee. Ti costringe a non avere paura.
        Ehi: non voglio convincerti che stai sbagliando, sia chiaro! Fai quello che ritieni meglio: e se funziona, allora è il sistema giusto 🙂

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