Come piazzo l’arte?


come piazzo l'arte?

 

Ribadisco un concetto: l’arte (e la definizione non è mia, è troppo intelligente per esserlo) è qualcosa che contiene efficacia e valore. Firmato da Flannery O’Connor, che io chiamo affettuosamente “zia” (“Ehi, zia, mica ti offendi vero?”).
Io produco arte. Non fare quella faccia! Se scrivi significa che hai tanta di quella presunzione che potresti anche regalarla, e ne avresti comunque una montagna, tipo l’Eiger. Dicevo: produco arte. E come diavolo faccio a piazzarla?

I bei tempi andati

Non dovrebbe essere difficile, vero? Leonardo, Raffaello, Jan Van Eyck: tutta gente che faceva arte e la piazzava alla grande. I loro committenti erano spesso banditi, ma pagavano. L’arte esiste grazie ai banditi, o comunque grazie a persone che non hanno rispettato le regole. Però facciamo finta di non ricordarcelo perché non è bello, non è “chic” dire che la Galleria Borghese esiste perché il cardinale Borghese rubava i quadri, se gli piacevano. Oppure se l’autore praticava prezzi troppo esosi, lo faceva imprigionare. Nel giro di un mesetto, era il cardinale a decidere il prezzo, e poteva anche essere: gratis. (Ehi, cardinale Borghese, ovunque tu sia, e temo di sapere dove sei: hai tutta la mia simpatia. Agirei come te, se ne avessi la possibilità).
Il punto è che trovare un mecenate è fuori discussione, anche se: mai dire mai.
Ma la domanda resta sempre lì: come piazzo la mia arte?

Un brand, un brand, il mio regno per un brand!

Adesso ti svelo un trucco. Quando non sai come rispondere a una domanda scomoda (e questo è il caso), alza il livello.
Non ho la più pallida idea di come piazzare la mia arte: però ho capito che l’unico modo che ho a disposizione per combinare qualcosa è coltivare il mio marchio (o brand).
Esatto: Marco Freccero. La mia azienda è Marco Freccero. Non esistono capannoni, uffici, dipendenti, non c’è niente. Tutto quello che produco sono storie che piazzo su Amazon, e non solo lì, grazie a StreetLib Selfpublish (ex Narcissus).
Nella vita di chi scrive ci sono diversi momenti belli. Quando i tuoi lettori beta dicono che la storia non è male, quando chiudi una storia breve e ti piace in modo particolare non solo il finale, ma tutto. E poi quando (anzi, soprattutto), un perfetto sconosciuto acquista il tuo prodotto. C’è da aggiungere che quando costui o costei arriva a scrivere una recensione, sei quasi lì lì per dire: “Troppa grazia, Sant’Antonio!” (ma eviti con cura di dirlo!).
Mi sono fatto alcune domande a proposito delle mie vendite realizzate in oltre un anno. Ecco il grafico.

grafico vendite

Risultati modesti? Eccome. Non è questo però il punto. La domanda era: che cosa ha spinto quelle persone a comprare?
Non il prezzo (2,99 euro non è 0,99: credo che valga quei soldi lì). Le persone arrivano a sborsare del denaro solo al termine di un processo anche lungo. Iniziato molto tempo prima proprio sul blog.
Il mio problema, o meglio il grave problema dell’azienda Marco Freccero è di non essere riuscita a guadagnare l’interesse, l’attenzione e la fiducia del cliente/lettore.
O di averlo fatto poco e male.

La domanda delle 100 pistole

Come pensi di guadagnare fiducia e interesse del cliente/lettore nei riguardi della tua azienda?


Prima la storia, poi il lettore

11 commenti

  1. Qualche settimana fa, ho pubblicato un guest-post sul mio blog, scritto da un giovane imprenditore che mostrava le analogie fra la gestione di un’azienda e la scrittura. Fra i vari consigli, c’era quello di non avere fretta. Un anno forse è poco, per fare delle stime. Datti il tempo di crescere. 🙂

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    • Anche questo è vero, però non sono convinto che basti “aspettare”. Occorre allargare il bacino d’utenza (come dicono gli esperti), arrivare a un pubblico più vasto. Altrimenti anche col prossimo, e con quello dopo, si raggiungono sempre le stesse vendite.

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  2. Chiara ha ragione, può servire del tempo in più per crearsi una certa fetta di pubblico.
    Comunque il grafico presenta una certa costanza, questo non è male. Io ho comprato il tuo e book (spinta dalla curiosità visto che seguivo il tuo blog con assiduità) e secondo me scrivi bene. Nel complesso i racconti mi sono piaciuti, ma è una formula che non prediligo, avrei preferito leggere un romanzo, questo può essere uno dei motivi. 🙂

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    • Grazie dell’acquisto 🙂
      Il romanzo? Eh, ci vuole tempo, e per un bel pezzo non ci sarà (ancora) nessun romanzo.
      Concordo abbastanza sul fattore tempo, ma per prima cosa occorre allargare il proprio pubblico, raggiungere più lettori possibili. Altrimenti… ciccia.

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  3. Sono tonto con i grafici. Se ho letto bene, ma correggimi se sbaglio, hai venduto 15 copie in un anno. Il tuo brand non si rafforzerebbe regalandole, come fanno in molti su Amazon? Così avresti un bacino di lettori più vasto per la prossima opera che scrivi, facendola pagare, ovviamente.

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    • Avevo pensato anche a questo. Però non ho voluto regalare niente perché (non sono obiettivo, si capisce), quei racconti non si meritano di essere sacrificati in quella maniera. Credo che quel prezzo sia onesto, e che sia più onesto di tante altre opere con un prezzo maggiore, e che mi surclassano nonostante siano di qualità mediocre. Per questo ho investito nel mio marchio, e cerco di renderlo più popolare. Ma la faccenda è lunga e complessa assai…

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  4. L’analogia azienda/scrittore, cliente/lettore mi pare innaturale. Quando scrivi non sei un’azienda e quando leggi non sei un cliente. Se fosse questo il paradigma dell’editoria, saremmo tutti azienda fallimentari. Quindici copie di un libro non sono paragonabili a quindici lattine di Coca-Cola.

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    • A prima vista sono molto diversi. In realtà se un autore vuole arrivare al pubblico deve pensare come se lui fosse un’azienda e i suoi libri come un prodotto. Perché? Perché siamo in una società mercantile, e non si può ignorare. O meglio: è possibile farlo se si è abbastanza fortunati (e bravi) da avere qualcuno che cura la parte “marketing/mercantile” del tuo libro. In caso contrario occorre imparare i trucchi del mestiere, altrimenti li imparerà qualcun altro che avrà magari meno meriti (letterari), ma più capacità di marketing.

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