Credo che non importi un fico secco a nessuno, però importa a me; e forse anche a qualcun altro, orsù! Prima della Trilogia delle Erbacce, c’erano tre racconti “Insieme nel buio”.
Quello che disprezzi, si vendica
L’aspetto interessante è che qualche mese fa (e ho anche spiegato la mia disavventura) ho deciso di rimetterli in vendita solo su Amazon. E nello stesso tempo, che cosa ho combinato? Esatto: ho pubblicato di domenica mattina (il primo brano l’ho intitolato “Un vecchio scomparso”), proprio “Insieme nel buio”, nel corso di parecchie settimane. E tutto si concluderà domenica!
“Insieme nel buio” fu il primo racconto che pensai e costruii dopo una lunga pausa di cinque anni, durante i quali non scrissi nulla, e anzi: gettai via un mucchio di libri. Ma davvero tanti. Volevo liberarmi di quel demone…
Il bello è che raccoglie ancora delle recensioni. Una è del mese di settembre, il 14. Mi stupisce assai perché… Non mi aspettavo che quelle storie lì, dove ci saranno pure degli aggettivi azzeccati, riuscissero a piacere. In un certo senso li disprezzavo. Me ne vergognavo? Be’, sì: per questo oltre due anni fa li avevo tolti dalla vendita. Uno dei miei tanti errori. Ma ciò che disprezzi spesso torna, e lo fa per vendicarsi. Per dimostrare che merita un giudizio più favorevole.
E ho alzato il prezzo: da 0,99 centesimi di euro a 1,99.
Ho anche pensato di pubblicarli con Narcissus, o StreetLib, come si chiama adesso. Però su Amazon c’erano un paio di vecchie recensioni, e mi seccava “perderle”.
Io ho sempre pensato che quei racconti fossero migliori di tanta roba, anche “titolata”, che occupa le classifiche per mesi. Per questo li ho ripresi e rimessi in circolazione. Mi rispecchiano ancora? Non credo. O non completamente. Immagino (spero!) che “Non hai mai capito niente” contenga dei racconti migliori, e che i prossimi lo siano ancora di più.
Come ho già spiegato in precedenza, l’incontro con Raymond Carver è stato una specie di epifania. Ho compreso che avevo sbagliato tutto (no, ma tanto. Quando comprendi di aver commesso un errore, è quasi ovvio farsi prendere da una specie di “furore”), e che dovevo ricominciare dalle piccole cose. Da ciò che era ai margini; esatto, le Erbacce! Soprattutto, dovevo evitare il tono da predicatore, da educatore che avevo sin lì avuto. Eppure mi era stato pure detto e ripetuto: ma non avevo capito. Forse dovevo invecchiare parecchio, perdere ogni speranza. Diventare io stesso erbaccia, per capire.
La domanda delle 100 cornamuse
Che rapporto hai con le tue vecchie storie? Con quelle che non ti rispecchiano più molto: le pubblicheresti?
Prima la storia, poi il lettore
Delle mie vecchie storie apprezzo la freschezza, la genuinità stilistica. Paradossalmente, traspare molto divertimento, una bella energia.
Ovviamente, però, io sono cresciuta, quindi sia la storia sia lo stile mi sembrano un po’ ingenui. Ciò non toglie però che possano piacere. 🙂
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Be’, pure io di certe storie scritte un bel po’ di anni fa, apprezzo ancora qualcosa. Direi soprattutto lo sguardo ingenuo, di chi “sa tutto e ha capito tutto mentre voi, invece, non avete capito nulla”. Ma solo perché le ho scritte io e verso se stessi si è sempre un po’ comprensivi 🙂
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Alcune sono lì sul mio pc, sono brevi racconti che non pubblicherei. Magari in futuro potrebbero essere uno spunto per scrivere qualcosa di più ampio.
Invece un romanzo allo stato embrionale l’ho completamente riscritto, rivisitato, corretto e soprattutto ampliato come contenuti e numero di pagine.
L’ho pubblicato lo scorso agosto. 😉
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Tra i racconti di “Insieme nel buio” e “gli altri” c’è un abisso. Non so se riuscirei a ricavarci qualcosa. Può darsi, magari certi personaggi si possono riciclare ma non mi interessa farlo. Ho altre idee, un altro sguardo. Spero sia migliore, ma non è detto.
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Sto rivedendo il secondo romanzo scritto, il primo l’ho fatto l’anno scorso . Naturalmente non va bene e lo sto revisionando a fondo. Capita sempre così.
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Infatti. Quando ci ritorni su, lo fai sempre con un occhio un poco diverso. Hai imparato qualcosa, hai letto uno o due libri in più, hai vissuto insomma e quindi la scrittura ne risente.
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sono d’accordo
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