
Qualcuno, ma non ho la più pallida idea di chi sia stato, ha affermato che al lettore non importa molto quello che succede in una storia, ma importa molto a chi succede. Ecco perché il personaggio è così importante. È lui che aggancia il lettore e che lo conduce con sé.
Adesso una domanda: ma un personaggio arriva pronto, diciamo “chiavi in mano”, oppure…?
Che il grande BOH sia con te!
Qui ci troviamo alle prese forse con la questione più importante. Per quel che posso capire io l’unico modo che ha un personaggio di interessare il lettore, è di essere un mistero per chi scrive. Non intendo affermare che debba essere un completo estraneo (occorre studiarselo, capire come la pensa, se pensa); di sicuro neppure lui dovrebbe sapere che cosa gli succederà.
Se butto un’occhiata ai personaggi di “Non hai mai capito niente”, il processo di scrittura è partito sempre da un’immagine. Per esempio una donna davanti allo specchio del bagno di casa che sente piangere il figlio nell’altra camera. Un’altra donna che prende in affitto un appartamento all’ultimo piano di un condominio. Un uomo che colpisce con un pugno un collega di lavoro.
E dopo?
Dopo: boh!
In questa esclamazione c’è un sacco di forza, in realtà. Se conosci “troppo” bene il personaggio rischi di non renderlo né interessante, né memorabile. Un sacco di persone crede che una storia breve (o racconto), sia semplice perché è corta, e quindi non richiede alcuno studio. È un errore madornale.
Una storia, che sia breve o lunga, pretende almeno un personaggio: può anche essere un carciofo o un sasso. Ma se lo conosci in modo completo, non riuscirà mai a conquistarti, e pure il lettore starà distante.
Non ho mai saputo prevedere, dopo l’immagine con la quale il personaggio appariva, che cosa sarebbe accaduto. La sola cosa che so fare, a quel punto, è osservare che cosa succede. La giovane donna che prende in affitto l’appartamento all’ultimo piano dopo un po’ la troviamo frugare nel cassonetto che raccoglie le bottiglie di plastica: ma che diavolo… Perché non accontentarsi di un appartamento più economico? Già, un tipo strano! Ma la vita è piena di gente che fa cose poco logiche.
E il tipo che ha colpito il collega? Ah, ha perso il lavoro e alla moglie non dice niente. Racconta di essere in ferie per tre settimane. Ma prima o poi la verità verrà a galla.
Occorre starsene tranquilli e osservare il personaggio. Quando riesci a trovarne uno di cui non sai tutto, forse sei sulla strada giusta. Chi scrive non guarda: osserva. Vale a dire fa la cernita di quanto i sensi gli consegnano e sceglie quello che è rilevante, e getta tutto quello che è irrilevante (di solito un 70%?).
Chi guida la corriera?
Adesso potresti chiedere se davvero la scrittura è quello che sembra, e che in tanti ripetono. Vale a dire: il mezzo per raccontare le proprie storie. Questo è un dibattito che mi lascia indifferente; prima di tutto perché non so rispondere. Poi perché un sacco di autori nemmeno si sono posti la questione ma hanno vissuto bene e adesso sono pure dei classici. Però: chi guida la corriera della narrazione?
Superba domanda, i miei complimenti. E io dovrei rispondere? Per chi mi hai preso?
Se scrivi la guidi tu, che razza di domande: però non è tua. Te la sei trovata tra le mani. E anche il percorso non è chiarissimo. Dire che è sufficiente seguire la strada, è dire tutto e niente. Le strade non impediscono alle persone di finire nei fossi. E ci finiscono di certo quando sono troppo sicure di sé e non usano la prudenza e l’umiltà di osservare.
Alla fine il tipo che ha colpito il collega… Avrà un certo epilogo che ho scoperto solo mentre lo scrivevo. La donna che vive in affitto nell’appartamento all’ultimo piano svelerà qualcosa del suo passato. L’altra donna che sente piangere il figlio… Be’, pure lei ha un segreto che sarà infine svelato.
Il verbo di chi scrive non è scrivere: ma osservare.
La domanda delle 100 pistole
Come costruisci i tuoi personaggi? Come si presentano alla tua mente?
Prima la storia, poi il lettore
La domanda delle 100 pistole anticipa uno dei miei prossimi post, che si titolerà “come nasce un personaggio”. Quindi, non ti rispondo.
D’accordo sul fatto che il personaggio non debba essere un libro aperto nemmeno per il suo autore, altrimenti diventa monolitico, sempre uguale a se stesso. Un personaggio che sorprende l’autore, sorprende anche il lettore. Ha delle piccole incoerenze, ma che lo rendono verosimile.
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Molto bene, appena sarà online il tuo post conosceremo il tuo pensiero 🙂
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Urca! Come strutturare il personaggio? Credo che tu abbia aperto il vaso di pandora. Secondo me è difficile dare una traccia o dare delle indicazioni. Spesso è quello minore che colpisce il lettore, mentre quello principale attorno a cui ruota la storia non interessa più di tanto. Cosa faccio io? Beh! francamente non lo so ma cerco di renderli tutti accattivanti per legare il lettore alle loro storie. Ci riesco? Non ne ho la più pallida idea.
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Infatti non è semplice, ma preferisco comunque parlare di linee-guida: molto elastiche, “comode”.
Non credo che si possa parlare di personaggi “minori”: esiste il rischio di sottovalutarne la portata. Bisognerebbe usare un altro termine, perché credo che nei personaggi di secondo piano si riveli l’abilità di un autore. Se si riesce a rendere memorabile, o utile, un personaggio del genere, significa che si ha qualche capacità.
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Ho parlato di personaggi minori per raccogliere quei per4sonaggi, utilissimi alla storia ma che fanno da sfondo alla storia stessa. Concordo con te che l’autore in questi casi ha delle capacità.
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Comunque, un autore deve essere democratico: se c’è un personaggio, c’è per un motivo. 🙂
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convengo ma non sempre è così
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