Socrate e il contadino


socrate e il contadino
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Quanto c’è di autobiografico o di biografico, in quello che si scrive? Ho sempre considerato questo genere di domande poco interessanti. Anche perché mi pare che la faccenda sia più complessa e “rinchiuderla” nel recinto di queste categorie, mi pare un errore abbastanza madornale. Pensavo a questo, e a molto altro, proprio qualche giorno fa a proposito…

Vecchia mentalità (per questo interessante)

Indovina un po’ a proposito di che cosa. Esatto, dei miei racconti. In “Non hai mai capito niente” c’è un personaggio (“Non c’era altro da fare”) che pare un pezzo di archeologia sopravvissuto non si sa come, dentro il XXI secolo. Questo personaggio lo si ritrova anche nella nuova raccolta di racconti (per chi arrivasse solo adesso su questo blog: si tratta di Cardiologia). Non è lo stesso, è ovvio: ma i punti in comune col primo sono tanti.
Adesso scrivo la terza raccolta della Trilogia delle Erbacce, ma qui non c’è traccia alcuna di tipi del genere. Magari salterà fuori, ma non cadrò dalla sedia se non si farà più vedere.
Non è infatti solo una mentalità che ho cercato di raffigurare; si tratta anche di luoghi, odori, ambienti che quanti sono nati negli anni Novanta conoscono solo frequentando i musei della civiltà contadina.

Un personaggio deve piacere?

Come si può intuire, si tratta soprattutto di un insieme di personaggi incontrati, conosciuti bene o in maniera superficiale. Mi piace pensare che sono uno degli ultimi che ha avuto nonni e zii contadini, e quei due racconti sono una specie di omaggio a quel mondo. Spero che a qualcuno piacciano, ma mi auguro che ad altri NON piacciano affatto. È giusto che sia così: non devono “piacere”, almeno non nel senso che diamo a questo termine. Sono personaggi duri, cinici, che conoscono il mondo e per questo non lo vogliono capire.
Ma se sei vecchio, davvero hai tempo per capire? Forse hai già capito tutto.
Prima ho scritto che sono un omaggio; in realtà si tratta di un commiato. Quella gente lì se ne è andata e ha portato con sé un intero mondo dove le cose, in apparenza, erano semplici. E un sacco di gente tira un sospiro di sollievo perché erano “palle al piede”.
Impedivano al progresso di avanzare.

Socrate chi avrebbe preferito?

Il termine “semplice” spesso viene usato per non dover ricorrere a quello, poco corretto politicamente, di “ignorante”. Ecco perché prima ho scritto della mia speranza che ad alcuni NON piacciano.
Si tratta di quelle persone, e sono parecchie, che guardano al passato o con uno sguardo di orrore, oppure di sottile disprezzo (un disprezzo tenue come un gas asfissiante). In entrambi i casi, si tratta di persone felici di essere quello che sono. Prima di loro, c’era la tenebra.
Esatto: ritengono che l’uomo del medioevo, e il contadino del XX secolo, siano stati qualcosa che è bene non ci sia più. Dimenticando un dettaglio fondamentale: entrambi questi esseri sapevano di essere ignoranti.
L’uomo e la donna del XXI secolo sono persuasi di sapere solo perché hanno imponenti librerie fornite di carta…
Forzando un po’ la mano, si potrebbe affermare che un contadino, o un uomo del XII secolo, farebbe amicizia facilmente con Socrate, mentre tante belle persone di cultura, sarebbero agli occhi del filosofo greco, o degli idioti, o addirittura dei nemici.

Un personaggio dovrebbe convincere

No, non sto celebrando quel mondo; sarebbe ridicolo.
Inoltre era davvero tenebra: e per capirlo al volo è sufficiente dare un’occhiata a come erano trattate le donne.
Il nocciolo della questione che mi ha spinto a scrivere quei personaggi, è che in quella società c’era uno sguardo che abbiamo per forza di cose barattato per avere benessere e gioia a buon mercato. Qualità che hanno almeno un difetto: non ci permettono di vedere l’inferno che stiamo creando. E finché avremo i soldi, scamperemo alle sue fiamme. Quando saranno finiti, quanti di noi sapranno reagire? Ecco, quei contadini saprebbero sopravvivere perché avrebbero non solo la capacità di adattarsi. Ma di comprendere cosa succede.
E infine, rispondendo alla domanda di un paragrafo precedente: no, un personaggio deve soprattutto essere convincente. Spero di esserci riuscito, in qualche maniera.

La domanda delle 100 pistole

Convincere o piacere? Questo è il dilemma di chi scrive! O no?


Prima la storia, poi il lettore

10 commenti

  1. Un personaggio deve essere convincente, questo è giusto, ma credo che in ogni romanzo o racconto c’è posto per entrambi i personaggi: c’è quello che piace, magari è simpatico, è bello o ha una forte personalità.
    Poi c’è il personaggio negativo che ha tanti difetti e in lui proiettiamo quello che non ci piace e che condanniamo.
    Per me di solito è così. Possono entrambi ricoprire il ruolo del protagonista, dipende da quello che vogliamo raccontare e trasmettere.

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    • Il buon Dickens inseriva personaggi simpatici per accontentare il gusto del pubblico. La classica strategia dell’offrire alle persone quello che si aspettano, per poi virare verso un’altra direzione. Buona parte di certa “commedia all’italiana” ha funzionato in questa maniera per anni, e con successo.

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  2. Un personaggio dev’essere convincente per far presa sul lettore. Che sia amabile o odioso, buono o cattivo, deciso o insicuro, razionale o perso tra le nuvole, dev’essere comunque e sempre convincente, a mio parere. Interessante l’estratto, si percepisce bene e con chiarezza il malumore insofferente del vecchio verso la gioventù e il suo ancoraggio al passato.

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