
In precedenza nel post “Socrate e il contadino” avevo dichiarato che mi congedavo da un certo mondo che ormai era morto e sepolto, in qualche cimitero di campagna. Insomma: certi personaggi che si trovano in “Non hai mai capito niente”, e anche in “Cardiologia“, non si sarebbero più rivisti.
In quella veste!
L’evoluzione di un personaggio
In realtà quel tipo c’è anche nella seconda raccolta, assieme all’altro; si tratta di una specie di “passaggio di consegne”; no. Di evoluzione.
Si è trasferito in città. Il suo carattere è avido. Ha fatto fortuna. Magari possiede case. Non è più il contadino di un tempo: si è adeguato al nuovo corso, al progresso, e via discorrendo.
Se “prima” restava attaccato alla terra perché comunque dava sicurezza, adesso, da quel poco che si vede, è il denaro che ama. E anche se c’è la crisi, lui è riuscito a piazzarsi dalla parte giusta e “osservare”.
Chiamalo scemo…
Oppure è diventato professore di liceo, mentre i suoi lavoravano la terra e lui insegnava in qualche istituto dell’entroterra. Niente di speciale, come si può vedere. Il mondo di chi scrive è spesso popolato di personaggi che ricorrono. Non come protagonisti, ma comparse.
Nella terza raccolta che arriverà nel 2016, eccolo di nuovo! Sì, sì: è proprio lui. Vecchio, in una lussuosa casa. Era un imprenditore, prima, adesso… Adesso ha una battaglia da combattere dalla quale forse non uscirà vivo. Ma non è questo il cuore della storia. Il cuore si trova in qualcosa di diverso.
Hai detto archetipo? O era prototipo?
Ci sono dei temi che ricorrono nelle opere dei grandi. Basta gettare un’occhiata a Tolstoj, Dostoevskij, Dickens; spesso e volentieri si ritrovano le medesime idee, ma da un punto di vista differente. I personaggi cambiano eppure sono gli stessi. Ci sarebbe anche da aprire un dibattito sulla “voce narrante”: di fatto la stessa. Del tutto misteriosamente, la “voce narrante” che si rincorre di opera in opera viene vista bene se sei Tolstoj; sei Sempronio? Allora no, non ci siamo, ci dispiace. Non possiamo pubblicarti perché le storie cambiano, ma la voce narrante è identica.
Pazienza…
Tornando al nostro discorso: certi personaggi sono modelli che un autore usa “a sua insaputa”. Nel senso che, se se ne accorge, accade un po’ di tempo dopo. Evolvono, si capisce; eppure sono legati da un filo rosso che li rende dei bizzarri parenti.
Un momento! Dirà qualcuno. Ma allora, tutti quei bei discorsi sulle immagini che si presentano, e tu devi seguirle come un segugio, non sono in chiara contrapposizione con quanto scrivi?
Non credo. Ci sono parecchie immagini, e personaggi, che hanno chiesto udienza al sottoscritto; e sono rimasti negli appunti. Ci resteranno. Perché? Perché avrebbe voluto dire ripetere idee e concetti già conosciuti, col rischio di annoiare il lettore. Non solo.
Ci sono decine di storie che si offrono ai tuoi sensi: ma spesso non puoi farci niente perché non hai i mezzi per affrontarle. O non hai il tempo. Scegli di seguire la preda che puoi dominare. Le altre? Pazienza.
La domanda delle 100 pistole
Come evolvono i tuoi personaggi da una storia all’altra?
Prima la storia, poi il lettore
L’evoluzione del personaggio penso sia uno dei lavori più difficili. Ma deve evolvere, questo sì.
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Penso ai protagonisti dei romanzi di Dostoevskij. A parte il fatto che, ovviamente, non lavorano mai: ma questo è risaputo che nell’Ottocento, gente che faccia davvero qualcosa è dura trovarla (e se lavori, come fai a farti tutte quelle domande sul senso della vita, eccetera, eccetera?). Ma Raskolnikov e i fratelli Karamazov, e il principe del “L’idiota”, sono le diverse tappe di una evoluzione precisa. Quella di Dostoevskij.
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Di solito si evolvono con me, esprimono il momento che sto attraversando e quindi anche la storia ne risente. Chissà se è un bene.
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Tolstoj metteva su pagina i suoi dilemmi. La sua opera è la trascrizione più o meno fedele della sua evoluzione.
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E’ abbastanza normale che la stessa tipologia di personaggio affiori o riaffiori nei romanzi, anche famosi. Sono personaggi che stanno dentro di noi, che hanno i connotati del nostro pensare. Quindi è inevitabile che compaiono con nomi e vesti diverse nelle opere successive al loro primo apparire. Però sono riconoscibili dai pensieri e dallle azioni.
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Si tratta di persone che hanno avuto un impatto sulla vita di chi scrive. Oppure, non ce l’hanno avuto: perché a volte anche certe assenze si materializzano in una storia. La perdita di qualcuno per esempio, di caro, a volte si riflette sulla scrittura. Soprattutto quando i ricordi sono scarsi.
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Concordo con te. Comunque vivono con l’autore.
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Non m’è mai capitato di riusare un personaggio per più racconti, né di notare in uno l’evoluzione di un altro. Una volta mi piaceva inserire dei piccoli cameo, ma poi ho capito che era più un divertimento mio e non portavano nulla alla storia. Forse ogni mio racconto è così diverso dagli altri che anche i loro personaggi si discostano molto l’uni dall’altro.
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Io me ne sono reso conto dopo un po’: sia di una certa ricorrenza, che dell’evoluzione. La prova che non sono granché attento e quindi non sono niente di che, come autore. Non importa: io non mi fermo.
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Alcune figure si ripropongono nelle mie storie, senza dubbio. Per qualche motivo, sono parte di me, ed effettivamente riflettono la mia evoluzione. Non può essere altrimenti, perché il legame è molto stretto. Altri personaggi, con cui il legame è meno viscerale, vanno invece tranquilli per la loro strada. 🙂
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Dici che alcuni vanno per la loro strada? Sì, certo: ma attenzione! Non mi sorprenderei se poi, d’un tratto, li vedessi apparire d’un tratto alla porta! 🙂
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Ah ah, possibile! Scrivendo si fanno delle scoperte… 😉
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Eccome! È (quasi) sempre una sorpresa continua! 🙂
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