Nel post precedente “Come vendere più ebook”, scrivevo che forse per trovare i lettori è necessario capire che cosa c’è dentro la storia (breve o lunga non importa), capace da attirarli. Io racconto delle storie: e fin qui ci siamo. Non sono peggiori di tante che si trovano in giro. Non sono un artista, anche se punto all’arte; ma so (e non è presunzione), che un sacco di titoli che svettano, sono inferiori alla mia Trilogia delle Erbacce (anche se manca il terzo capitolo: un po’ di pazienza).
E allora? Ciccia?
Il lettore non sa quello che vuole…
Ma quale ciccia! Semmai cotica!
Credo che buona parte dei titoli che hanno successo, e dei titoli che entrano nella storia della letteratura, contengano un ingrediente (un messaggio), che li rende interessanti. È lui che alla fine lavora quasi come una calamita, e riesce ad attirare il pubblico.
Sia chiaro: il lettore non ne sa (quasi) nulla. Non ne è perfettamente consapevole. Questo infatti è un problema mio (o tuo, se racconti storie); non è il suo. Se c’è l’ingrediente, e come renderlo “popolare” è affar di chi scrive. In questi ultimi tempi ho pensato parecchio a cosa c’è (ma ci sarà sul serio?) nelle mie storie, da attirare i lettori.
Certo, alcuni hanno acquistato i miei libri elettronici per simpatia (grazie!). Altri perché hanno letto le recensioni, e hanno deciso di darmi fiducia (grazie!). Altri ancora saranno rimasti delusi (grazie anche a costoro, perché mi hanno dedicato del tempo).
Però è evidente che esiste un problema, ed è tutto mio. È colpa mia.
Per questo glielo devo dire io
Come ripeto spesso: il lettore non sa quello che vuole, glielo devo dire io. Ma io glielo dico? Come? Quali ambienti frequento? Il mio messaggio (vale a dire: ciò che è contenuto nei miei racconti), è chiaro?
Qui c’è un bel problema: perché lo sanno anche le strade chiuse che c’è messaggio e messaggio. E adesso spiego.
Se pubblicassi un ebook dal titolo: “Giovannona Coscialunga: il fuoco che non si spegne mai”, non avrei alcun problema.
Come dici? Che secondo i guru del marketing, il titolo lungo non è adatto? No, lo è. È perfetto. Non avrei alcun problema (tra l’altro: credi sul serio che io non sia in grado di scrivere qualcosa del genere?). Perché lì il messaggio, il “valore” del libro, è già nel titolo. Scalerebbe la classifica.
Potrei anche permettermi una copertina bruttina: orsù! Davvero tutti i capolavori hanno avuto delle copertine meravigliose? Al contrario: spesso erano mediocri.
E potrei infischiarmene pure della costruzione del marchio, o brand: se svetti, sei già un marchio, giusto?
Ma nei miei racconti non c’è alcuna Giovannona infuocata… Ho la presunzione che ci sia di meglio. Essere migliori non garantisce nulla, ed è giusto che sia così. In fondo, acquistare un ebook è una specie di transazione d’affari, e a nessuno piace fare un salto nel buio. E un titolo “che parli”, un genere esplicito, spesso rappresentano il viatico migliore per il successo
La faccenda forse si fa interessante; ne riparleremo.
La domanda delle 100 pistole
Come comunichi con i tuoi lettori? Sei certo di trasmettere loro il valore delle tue storie?
La certezza non c’è mai. Io so di far partire un certo tipo di messaggio, che dovrà poi scontrarsi con i meccanismi interpretativi del lettore. La stessa scena potrà essere letta in modi diversi. E io non sono ambigua, lo giuro. Ma so che il rischio di non farsi comprendere è sempre dietro l’angolo.
La luce.
Questo è ciò che voglio trasmettere.
Ma anche l’ombra.
Le luci e le ombre dell’animo umano. Voglio mostrarle. E voglio che il lettore le colga. Ma so che lui potrà accettare solo ciò che risuona in sintonia con il suo essere più profondo. E di questo, io, non posso essere responsabile.
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Se non ricordo male, Tolkien negli USA fu adottato dal movimento dei Figli dei Fiori. In Italia invece, dalla destra. Per quanto cura e attenzione uno ci metta nella storia che scrive, ci sarà sempre qualcuno che capirà “dalle narici come i pesci” 🙂
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Il problema di “glielo devo dire io” è che se “io” non è un punto di riferimento riconosciuto di (almeno) una nicchia, sono solo “parole al vento”.
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Esatto!
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Comunicare con i lettori non è semplice, ti faccio un esempio: una volta ho postato sulla mia pagina facebook un’immagine e una frase; l’immagine mi sembrava carina ma niente di ché e la frase del mio libro era attinente all’immagine, ma non era tra le frasi più profonde del mio libro. In poco più di un’ora ho avuto moltissime visualizzazioni, molto di più del solito. Quando invece medito ore per cercare una bella frase e una bella immagine ottengo poche visualizzazioni.
Ora non è che le visualizzazioni significhino vendita di libri, ma sono un segnale di ciò che può piacere in rete.
Più persone raggiungi, più probabilità hai di essere un minimo considerato. 🙂
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Infatti. La quantità paga, e parecchio. Vero che si dice: pochi ma buoni. Meglio avere 44 lettori, e tra essi Bono Vox, che averne 200.000. Ma… Davvero Bono Vox, o chi per lui, legge il mio blog, o il tuo?
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Certo un titolo ammicante può attrarre qualche lettore. Ma è questo il mio obiettivo? Solo qualche lettore oppure un nucleo di lettori che mi seguirà a comprare? Certo un bel tittolo a effetto, una copertina accattivante aiutano le vendite. Ma sarà sufficiente? Ma la storia dove la mettiamo?. Le variabili cominciano a crescere e i dubbi amletici pure.
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Be’, certe storie che hanno scalato le classifiche non hanno proprio una “storia”. Personaggi tagliati con l’accetta; dialoghi che definire banali, se ne fa l’elogio; trama assurda… Ma sono diventati libri di successo.
Poi ci siamo noi che passiamo le giornate a pensare se è meglio questo o quello, oppure se il “messaggio” c’è, si vede, è chiaro. Stiamo sbagliando tutto? Non credo.
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Quello che scrivi è verissimo ma questi successi sono veri oppure no?
Magra consolazione è pensare questo ma non ci si può fare nulla.
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Sono successi che durano una stagione? Due al massimo? Intanto noi… annaspiamo. Ma sono certo che nel mio caso è tutta colpa mia.
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Nelle mie parole c’era una punta d’invidia, ma quello che mi manca è il talento di scrivere.
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Però perché ti spari nei piedi? Nessuno comprerà mai un tuo libro se la pensi in questa maniera.
E poi: sei certo che quelli che vendono vagonate di libri, abbiano del talento?
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Se quelli dei best sellers hanno talento? Uhm, credo poco ma hanno sponsor magnifici.
Io mi sparo sui piedi? Può darsi.
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Be’, non dovresti! (Spararti nei piedi, intendo). 🙂
Il talento di solito è di pertinenza dei bravi. Quelli non bravi hanno solo conoscenze e sponsor. 😉
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Grazie per la fiducia
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Un titolo come quello va bene per me, ma per una commedia erotica alla Totò 😀
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O alla Lino Banfi? 🙂
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