L’evoluzione della propria scrittura


savona lavatoi

 

Ordunque: come diavolo si riesce a capire se la scrittura (propria, e di chi altrimenti?), va da qualche parte, gira, oppure è ferma attorno al proprio ombelico?
Ci sono diversi modi: per esempio lettori beta. Poi, magari, un editor. E infine, da non sottovalutare assolutamente: le recensioni dei lettori. Quello che pensano le persone che hanno acquistato il libro, lo hanno letto e infine si giocano la faccia, esponendosi.

C’era una volta

C’era un tempo lontano (ehi, non così lontano), e io pensavo che chi scriveva doveva riformare. Quindi i personaggi delle mie storie erano delle vittime della mia presunzione. Si aggiravano per le pagine con sul volto l’espressione di chi:

Scusate, eh! Io non vorrei dire queste cose. Ma che ci volete fare. È lui che mi scrive così.

Come se la realtà fosse troppo brutta, o priva di interesse per raccontarla, o l’unico scopo e fine dovesse essere condannarla, o riformarla.
Be’: la mia speranza è che quel tempo sia finito per sempre. E ho capito anche una cosa.
Quei 5 anni passati a non scrivere niente. A non leggere più libri di narrativa. A gettare nel cassonetto della carta i miei libri: sono stati utili.

Fare comunella con la realtà

A cosa sono serviti?
Vediamo: innanzitutto a osservare la realtà con maggiore rispetto. E poi, be’; a un certo punto ho incontrato Raymond Carver e da lì in avanti ho capito (almeno credo).
Chissà perché la gente ha paura della realtà. Della materia (come direbbe Flannery O’Connor). Come se avessero paura di… Non saprei.
Io volevo riformare, questo me lo ricordo bene. Ma probabilmente non volevo avere molto a che fare con la realtà. Mescolarmi a essa.
Se però racconti storie, non lo sai che è proprio quello che ti tocca?

Punto di svolta

È per questa ragione che se guardo a “Insieme nel buio e altri due racconti” (nella mia Bibliografia), capisco la loro importanza.
In quei 3 racconti ci sono ancora elementi della mia precedente visione della scrittura. Li ho scritti al termine di quei 5 anni di silenzio. Carver non era ancora comparso all’orizzonte (o forse avevo iniziato a leggere “Cattedrale”?).
Eppure, non rappresentano più quel modo di osservare la realtà, dall’alto in basso, che mi era così familiare. Forse è per questo che mesi fa li ho rimessi in circolazione. Sono il punto di svolta. Nonostante i limiti, il linguaggio che soffre ancora di un certo “arcaismo” (chi, al giorno d’oggi, scrive “Costei”?), segnano una tappa importante nel mio cammino di scribacchino. Che non mi condurrà molto lontano, ma insomma. Io sono comunque soddisfatto.

La domande delle 100 pistole

Hai mai gettato via dei libri?


 

Leggi l’anteprima di Cardiologia in PDF su Dropbox.

10 commenti

  1. I libri di carta non li ho mai buttati, al limite li ho regalati alla biblioteca comunale di quartiere. Sul mio iPad tengo tutto, ho ancora tanto spazio, ma credo che al limite eliminerei delle immagini che occupano più spazio 🙂

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    • Sì, le immagini pesano.
      Per i libri: io sono senza cuore invece, e li ho gettati (in un discreto numero). Volevo liberarmene, non volevo più avere niente a che fare con loro. Non avevo ricavato niente di quanto desideravo e cercavo di dare un taglio al passato.

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  2. No, li ho tutti, belli, mediocri, brutti; sono lì, nella mia libreria, magari tenuti rigorosamente in seconda fila dietro quelli che contano di più e nel mio i- pad: ebook da cestinare e ebook meritevoli di attenzione. Non so buttare i libri (l’ho fatto solo con quelli universitari e non tutti!).

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