Da un po’ tutte le parti si dice che il sistema migliore per interessare il lettore è spiegare la genesi della storia che poi finirà nel libro. Sarà vero?
Credo di sì, ma vale soprattutto per le storie lunghe, i romanzi insomma. Per le storie brevi… Non saprei proprio. È probabile che sia colpa mia, si tratti di un mio difetto.
Una faccenda complicata
Se ti dicessi che il racconto “La gioia che ci hanno tolto” (che trovi in: “Non hai mai capito niente”), nasce da un’immagine di una donna che riflette sulla propria condizione, mentre il marito se ne sta sul divano a osservare spot pubblicitari che commercializzano pellet… Che ne dici?
Nulla, probabilmente.
E se aggiungo che in “Cardiologia” c’è un padre che arriva da non si sa dove, con un po’ di banconote in tasca e un iPad forse rubato, come regalo per il compleanno del figlio?
Anche in questo caso, forse tu farai spallucce.
Romanzo o racconto
Perché vorresti sapere qualcosa di differente; e io quando scrivevo quelle storie non sapevo nulla.
Qui non si tratta di conservare un segreto per chissà quale paura. Il punto è che quando inizio un racconto, io ne so quanto ne sa il lettore. Potrei anche abbandonarlo. Non ho la più pallida idea di come sarà la scena seguente, e se qualcuno mi chiedesse: ma come finirà? Non sarei capace di rispondere. Lo ignoro. Se conosco il finale, perdo interesse, e credo che lo stesso accadrebbe ai lettori.
Col romanzo mi pare sia differente. Qualcosa devi sapere. Per esempio ci deve essere un’idea capace di reggere per 400/600 pagine.
“Si tratta del resoconto psicologico di un delitto.”
Così scriveva Dostoevskij al suo editore per interessarlo alla pubblicazione di quello che poi sarà “Delitto e castigo”. C’è già tutto, frutto di un lavoro di riflessione e studio durato settimane, mesi, e che proseguirà ancora. C’è un delitto, e un resoconto che però sarà psicologico.
Ma per i racconti?
Quella cosa chiamata popolarità
Sì, esiste un elemento che li raduna. Ormai ho spiegato che questi sono racconti per celebrare le erbacce: quelle persone lì, poco importanti. Che magari fanno notizia solo quando muoiono, e per poco tempo, perché finiscono nel dimenticatoio quasi all’istante. Ecco: per questo ho radunato tutto sotto la dizione “Trilogia delle Erbacce”. E sto cercando di rendere il tutto popolare.
Probabilmente sbaglio qualcosa, o forse no. Forse, più semplicemente, le mie storie brevi sono modeste. Oppure, tutto è chiaro a me (il progetto che c’è sotto, intendo dire); mentre la sua esposizione non lo è affatto. È per questo che mi pare difficile riuscire a piazzare meglio i racconti.
Tuttavia esiste una buona notizia: ed è che con l’autopubblicazione ogni giorno è buono per pubblicizzare la propria opera. Bisogna solo inventarsi qualcosa, ed è quello che provo a fare.
In attesa…
Intanto, aspetti la terza raccolta di racconti, che arriverà però il prossimo autunno. Esatto, non posso, né ho voglia di dedicarmi ad altro. E poi, se dici “Trilogia”, non è che puoi rimangiarti la parola. L’aspetto positivo è che ogni giorno è il primo giorno per inventarsi idee per far arrivare a più persone la mia “Trilogia delle Erbacce”.
La domanda delle 100 pistole
Hai già pensato a come presentare le tue opere? Oppure ti affidi alla sorte?
E poi c’è gente come me, che è già tanto se le finisce, le sue opere 😛
Non ne so niente, quindi andrò a tentoni. Ho già molte idee, però rimangono idee finchè, appunto, non completo la materia prima.
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Capisco.
Io, se avessi tempo, altro che trilogia! 🙂
Avrei pure altre idee, ma per svilupparle ci vorrebbe appunto del tempo.
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