All’interno di “Cardiologia” c’è un racconto, intitolato “Riflessi”, e ambientato non a Savona, bensì a Roma (esattamente in via Cipro, dove mi risulta esserci uno dei migliori grattachecca della Città Eterna).
Ma non è di questo che desidero parlare, bensì della sua bizzarra genesi. Per dimostrare che spesso e volentieri, gli spunti arrivano, ma ti portano da un’altra parte, sul serio. E per fortuna che accade: così ci si diverte di più.
C’era una volta
Allora.
C’era una donna olandese che era antisemita. Quando l’Olanda viene invasa dalle truppe naziste, e inizia la cancellazione della comunità ebraica in quel Paese, questa donna offre rifugio ad alcuni ebrei.
A guerra finita, che cosa succede? Nulla di particolarmente interessante, perché la donna continua ad avere i suoi sentimenti antisemiti, e a proclamarli.
Qualcuno (la storia, vera, la sentii alla radio anni fa), sapendo quello che aveva fatto durante la guerra in favore di alcuni ebrei, le fa la fatidica domanda.
“Signora, ma allora perché ha salvato degli ebrei durante la guerra?”
E lei risponde:
“Quello che i nazisti facevano era troppo.”
Quell’episodio non l’ho mai dimenticato; ha galleggiato sulla superficie della mia memoria. Non è certo l’unico a vivere in questa sorta di limbo, anzi. Ciascuno di noi ha decine, forse centinaia di ricordi, frammenti di dialoghi, visioni; e a volte riescono a ottenere cittadinanza.
Mi è tornato utile mentre tempo fa (anzi: qualche anno fa), ero a Roma. Perché questo fatto vero, rimandava a una domanda: chi è l’essere umano? Non è forse un abisso? E l’immagine di questo uomo che arrivava in treno nella capitale, per ritrovare la figlia che non vedeva da anni, mi pareva perfetta.
E ho sviluppato una storia completamente differente. Di un uomo, sposato, che a un certo punto saluta e se ne va. Una sera dice: “Mi spiace”. Ed esce di scena. Pianta moglie e figlia. Nemmeno lui sa dire perché lo faccia, che cosa diavolo lo spinga ad abbandonare brutalmente chi lo ama. Non è in grado di rispondere. Lo fa.
Un po’ come quella donna olandese, che era ignota a se stessa.
“Attese che il convoglio fosse fermo, dal finestrino guardò ai palazzi, alle rondini che tagliavano l’azzurro del cielo romano.”
Così inizia: “Riflessi”.
La domanda delle 100 pistole
Ti è mai successo che un vecchio episodio, tornasse a te in una veste del tutto nuova?
Bella questa tua storia, ricordo il racconto Riflessi, mi piacque molto.
Molto bella anche la genesi, potresti anche scrivere un racconto su questo, la frase detta dalla donna esprime tutto un mondo molto più umani di come appare all’esterno. Per rispondere alla tua domanda qualche volta mi è capitato di iniziare a scrivere una storia partendo da un ricordo particolare e poi sviluppare una storia completamente diversa. Sono le sorprese che può riservare la scrittura.
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L’essenziale è fare in modo di mettersi in ascolto, e di lasciare che la storia ci conduca dove vuole lei, e non dove vogliamo noi.
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Costruire a tavolino un racconto è assai impervio, almeno per me. Però di spunti per iniziare una storia ce ne sono molti e svariati. Ricordo che il primo racconto lungo nacque dopo la lettura di un articolo sulla storia vera dell’amore tra Goethe e Angelika Kaufmann. Episodio realmente accaduto ma del tutto romanzato e inventato.
Comunque interessante la genesi del tuo racconto ‘Riflessi’
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Non credo di essere in grado di scrivere qualcosa a tavolino. Forse è un mio limite, ma il fatto è che ci sono così tante storie là fuori, imprevedibili, che costruirne una mi pare una follia.
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Nemmeno io sono in grado di scrivere qualcosa a tavolino. Mi serve un’idea, una storia da mettere per iscritto.
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Io parte sempre da un’immagine. Non è detto che vada sempre bene, ma è lì il mio avvio.
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Immagine o parole danno il via. Cosa ne esce, lo si sa solo alla fine.
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Esatto! 🙂
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😀
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I racconti migliori sono sempre nascosti sotto mucchi di lavoro 😀
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È vero! Ma solo se ti lasci condurre da loro, senza imporre la tua visione 🙂
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