Ti è mai successo di non sapere più come andare avanti? Scrivi una storia e non sai proprio come proseguire. Sei arrivato al capolinea, lo senti: il punto è che il capolinea non è affatto il capolinea.
Ti sei incartato. Non hai la più pallida idea di come uscirne, di come proseguire. Io mi sono trovato parecchie volte in questa situazione.
L’uomo con la pistola
Questo capita perché (forse) scrivendo racconti non pianifico nulla. Mi piace così. Se so come va a finire una storia, la mollo all’istante. Perché non è in grado di sorprendermi, e so che non sorprenderà nemmeno chi legge.
E in una situazione del genere, cioè di stallo totale, mi viene in soccorso una frase del grande Raymond Chandler che più o meno diceva:
“Quando in una storia non sai come andare avanti, fai entrare un uomo con la pistola spianata. Funziona sempre.”
Be’, mi dispiace dirlo ma… Aveva ragione lui.
A questo punto potresti farmi notare che Chandler era uno scrittore di polizieschi e quindi il suo consiglio andava bene, anzi benissimo, per i suoi colleghi. Per chi scriveva storie di quel genere.
Ti sbagli. Va bene per chiunque.
In fondo, che cosa consiglia l’ottimo Chandler? L’imprevisto. Il colpo di scena. Questo da sempre è un espediente che le varie forme d’arte hanno adottato per cavarsi da situazioni senza vie d’uscita.
Il teatro greco usava il “deus ex machina”. In pratica, il dio saltava fuori a risolvere i casi più spinosi. Ovviamente, c’è modo e modo.
Non credo che nelle mie storie l’apparizione di Marte o Giove farebbe una buona impressione.
Nemmeno un uomo con la pistola.
Però… Lo squillo del telefono. Il suono del citofono. Un imprevisto qualunque. Attenzione: l’imprevisto non è detto che debba essere risolutivo. Magari può servire a rendere la storia, agli occhi di chi scrive, più nitida. Può esserci un personaggio che dice una battuta, ed esce di scena. Ma in quella battuta c’è il senso della storia. O un abbozzo di senso che si svilupperà nella storia.
Per esempio: nella mia raccolta di racconti “Non hai mai capito niente”, c’è il racconto “Non è più come una volta”. Mi sono trovato con protagonista che se ne stava nel magazzino della sua officina, chiusa e in attesa dei sigilli del tribunale fallimentare. Esce all’aperto, chiude tutto.
E poi?
E poi?
E poi?
Diavolo: non riuscivo a mettere a fuoco un bel nulla. Poi, è arrivato “l’uomo con la pistola spianata”.
“Quando si volta, scorge la figura di un uomo che si avvicina a passo spedito; quello alza la mano, lo saluta: – Salve capo.”
Era fatta. Non avevo nessuna idea di come chiudere il racconto, ma “l’uomo con la pistola spianata” aveva fatto il suo ingresso. Il racconto prendeva forza, si ampliava, vi entrava più luce e aria.
Non è stato facile arrivare alla fine, ma ci sono arrivato.
La domanda delle 100 pistole
E tu, quando ti blocchi, come ne esci? Ma soprattutto: hai mai letto Raymond Chandler?
Funziona anche per me 🙂
Certo, non va preso alla lettera, ma in alcuni casi inserire un problema ti fa proseguire.
Io uso il metodo delle domande. E adesso che dovrebbe/potrebbe succedere?
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Ah! Lo sapevo che ci doveva pur essere qualcuno al quale quel satanasso di Chandler, aveva dato una mano! 🙂
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Interessante, allora proverò questo “trucco” al prossimo blocco. Anche io non progetto (solo a grandi linee), quindi conosco la sensazione spiacevole di non vedere oltre.
Ma una volta che hai introdotto la figura, hai capito subito come proseguire? Chissà perché ero convinta che con i racconti si pianificasse sempre.
(Di Chandler ho letto qualcosa tanto tempo fa, ma non ricordo molto. Mi hai fatto venire voglia di riprovarci).
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Una volta entrata in scena quella figura… come al solito le sono andato dietro. È come una specie di caccia: io inseguo (e magari finisco nei fossi), e la storia che corre. Alla fine credo di aver chiuso bene. È stato facile? No, non lo è mai: ma è il divertimento!
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Non ho letto nulla di Chandler ma dopo aver letto questo post credo lo farò. Io scrivo racconti così brevi che non ho mai avuto il problema “ora come continuo?”, vanno da soli un unico respiro. Ma forse non sono nemmeno racconti.
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Be’, buona scoperta di Chandler, allora!
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Non ho letto Chandler e voglio farlo assolutamente 🙂
Sì, anche a me capita di bloccarmi, e sì, in genere è perché non ho programmato bene tutto. Al posto di inserire l’uomo con la pistola, vado a riprendere le fila del conflitto nelle pagine precedenti e mi chiedo “ok, cosa ho perso per strada”?
A volte l’uomo con la pistola arriva chiamato in questo modo, oppure esce dalla tastiera non invitato.
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Anche io a volte torno sui miei passi. In fondo è una caccia, e ho perso la preda: dove e quando è successo? Sul passo? Prima di entrare nella brughiera? Oppure quando ho preso quel sentiero che…
Ma l’uomo con la pistola di certo è più divertente 🙂
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Non ho letto Chanler, del resto non amo i polizieschi. Seguo come te l’idea di Genovesi: sapere cosa accadrà solo nelle successive 3 pagine. Blocchi? Mi fermo, vivo e l’idea salta fuori da sola, quando, non si sa. L’ultima volta è successo guardando la pubblicità di uno strumento da cucina, la planetaria = impastare = corso di pasticceria = pasticcera = avevo un nuovo personaggio risultato poi determinante.
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È la prima volta che ne sento parlare: la pubblicità come mezzo ispiratore! Ma se funziona, perché no 🙂
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Di norma funziona. Quando arrivo in un vicolo cieco, lascio sedimentare la storia per qualche giorno o forse anche di più, poi la lampadina si accende e la storia riprende. Chi aziona l’interruttore? Il colpo di scena, la svolta che cambia la destinazione della storia.
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Quindi non hai mai provato il sistema Chandler? Magari la prossima volta, chissà… Io non lo uso spesso, ma quando l’ho fatto ne sono uscito bene (almeno spero!).
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no. ho lasciato sedimentare la storia
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Se mi blocco aspetto un po’, poi rileggo la storia e di solito mi viene l’idea su come proseguire. Però inserire l’uomo con la pistola non ho ancora provato. Magari ci provo 🙂
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Potrebbe essere interessante! 🙂
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A me fregano i lunghi periodi di assenza dalla carta, cioè i periodi di inattività: mi sembra di rallentare la tensione e i pensieri si diluiscono, l’ispirazione se ne va in vacanza. Quando sono dentro la storia, scrivo tutto quello che mi viene in mente, con cose venute fuori all’ultimo momento, magari, purché funzionino. Mi portano sempre da qualche parte, spesso, anche dove non avrei mai pensato di arrivare.
Non conosco l’autore che citi, ma la sua regola non è male: sperimenterò la pistola spianata quando avrò un muro bianco davanti.
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Accidenti! Ma davvero questo Chandler era così poco conosciuto? Vedo che siete in tanti ad apprezzare il suo consiglio 😉
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