Ma nella storia chi c’è? Io, tu, Ciccio Formaggio o chi altri?


strada verso naso di gatto

 

Qualche giorno fa ho disintegrato la già scarsa stima che poche persone hanno di me, pubblicando una intervista a me stesso. Ma i commenti sono stati entusiastici! E come ripeto spesso: se una cosa funziona… vuol dire che funziona.
Non è questo però il punto.
In risposta a un commento di una lettrice e blogger, Giulia Mancini, affermavo che in quello che scriviamo c’è parecchio di noi.
Però…

Prima di tutto, racconta una storia

Nell’auto-intervista dichiaravo che sono una persona banale, con interessi banali, eccetera eccetera. Tutto vero. Inoltre in maniera diretta e indiretta ho sempre affermato che quando scrivo mi metto sotto chiave. Per troppo tempo ho scritto mettendomi in luce, anzi sul piedistallo, pensando che era mio dovere ammaestrare il popolo.
No.
Se scrivi devi raccontare storie.
Alla fine ci sono arrivato. Potevo arrivarci prima, ma sono piuttosto diesel. Tutto questo, la rivelazione insomma, avvenuta attraverso Raymond Carver, ha modificato il mio modo di scrivere? Lo spero!
Ma ci siamo noi oppure no? E allora la caccia di cui parlo spesso, dove la storia è una preda da inseguire, da prendere, è tutta una montatura?
Sì e no.

Dove si nasconde Marco Freccero?

Lo so che sembrano discorsi di lana caprina. In realtà credo che sia necessario anche riflettere su quello che combiniamo, e perché scriviamo di questo e non di quello. Anche per comprendere che cosa facciamo, e quale direzione abbiamo preso e stiamo percorrendo.
Spesso prendiamo spunto da fatti, piccoli eventi che vediamo, o che ci raccontano, oppure che abbiamo vissuto. Chissà se c’è davvero Marco Freccero in “Detriti”; o forse è in “Cinzia” (entrambi li trovi dentro “Non hai mai capito niente”). E se fosse invece in “Denti”, oppure in “Il solitario” (questi racconti invece sono compresi in “Cardiologia”)?
Il punto non è questo. Non è importante.
È importante la storia, e che riesca a essere convincente. A comunicare. Il resto sono davvero questioni di lana caprina.
Certo, le persone sono curiose, peccato che tendano a soddisfare la curiosità sbagliata.

È autobiografico?

E se anche lo fosse? E se non lo fosse? Cosa cambierebbe? È un po’ sorella, questa domanda, di quella che fa:

Perché lei scrive?

Perché mi piace. E che cosa vuoi che ti risponda? Che mi annoio, non ne ho voglia, né mi interessa? La domanda è sbagliata, e la risposta non è granché. Purtroppo, uno dei problemi di questi tempi è che chi scrive deve anche essere spendibile.

Che scoperta. Fai auto-pubblicazione, e se non ti metti in vetrina, non arriverai da nessuna parte.

Ne sono consapevole. Tuttavia vorrei anche che fosse chiaro questo. Preferisco mettere in mostra i miei racconti.
Credo anzi che l’auto-pubblicazione dovrebbe servire proprio a rimettere al centro di tutto l’opera, e non l’autore. Un’idea ardita probabilmente, ma se io ho il coltello dalla parte del manico (decido cosa condividere su Twitter; se e quando pubblicare post sul blog, e via discorrendo), perché non giocare a nascondere sé stessi, per rivelare meglio la propria opera? Per far sì che emerga?

La domanda delle 100 pistole

E tu dove ti nascondi?


Leggi l’anteprima di Cardiologia in PDF su Dropbox.

Scarica l’anteprima in PDF di Non hai mai capito niente.

4 commenti

  1. Non lo so ma mi nascondo bene. Non mi piace parlare dei lati autobiografici di un’opera perché, semplicemente, non é quello il punto. Sono convinto che lo scrittore sia presente nelle sue opere, ma dal punto di vista biografico rimanga inaccessibile. Se scrivere é parlare di sé (posto che lo sia, a me sembra in ogni caso una prospettiva limitante) é un parlare di sé alternativo alla biografia. Non quello che si é o si fa, ma quello che si vede.
    Nei miei romanzi ci sono parti di me e tracce lasciate da persone che sono passate per la mia vita, tutto mescolato insieme per creare qualcosa che é più della somma delle singole parti.

    "Mi piace"

    • Infatti!
      Per questo ammiro Cormac McCarthy che diceva a chi voleva intervistarlo (e dice, o almeno credo che lo dica ancora): “Io non parlo. Lo fanno i miei libri”. Al momento le sue interviste credo che si possano contare sulle dita di una mano.
      In una storia siamo dappertutto, forse quel tipo al semaforo, o alla guida dell’ambulanza 😉

      Piace a 1 persona

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