Buoni motivi per essere un autore indipendente – L’elenco DEFINITIVO!


 

ebook cardiologia non hai mai capito niente

 

Un sacco di gente spiega cosa c’è di bello nell’essere un autore indipendente.
Fissi tu il prezzo.
Scegli la copertina.
Decidi se e quando abbassare o alzare il prezzo.
Stabilisci tu la strategia di marketing (quale? Boh! Però è bello dirlo, ti fa sembrare proprio un professionista).
Bubbole!
Sono altri i motivi per preferire l’auto-pubblicazione. Eccoli qui.

Zero seccatori

Se sei uno scrittore che ha scritto per Minimum Fax, Guanda, Garzanti, o Mondadori, la tua casella di posta elettronica sarà invasa da decine, (centinaia, se sei apparso in televisione), di mail di perfetti sconosciuti.

Ho letto il suo romanzo. Mi ha tokkato nel profondo!

Scrive il seccatore, e pazienza se “Le Monde des Livres” (l’inserto letterario del quotidiano “Le Monde”: mica lambrusco e cotechino), ti ha definito il più grande scrittore di racconti brevi degli ultimi 50 anni. Lui ti assilla, spera, già ti tratta da compagno di bevute (ma sei astemio! Non importa. Allora sei compagno e basta). Soprattutto è convinto che gli presenterai l’editore in carne e ossa.

Tutta roba che un autore indipendente non conoscerà mai. Per fortuna, questi strani esseri che sono gli “aspiranti scrittori” sono persuasi che chi si autopubblica sia un poveraccio cosmico, che non ha trovato nemmeno un editore a Roccabisaccia di Mezzo che potesse stampargli le sue storie. Quindi tu, autore auto-pubblicato, non sarai mai angustiato da costoro. Ottimo!

Tappabuchi per le redazioni giornalistiche

Il mondo è un posto dove succedono un sacco di cose, hai notato? Guerre, rivoluzioni, invasioni di cavallette, pioggia di meteoriti, crisi economica, ghiacciai che si ritirano, deserti che avanzano, pianure che nicchiano.
O giornalista che devi riempire la pagina con un articolo, ma non sai come fare: chi tu chiamerai per avere un parere intelligente, irriverente, seducente?

Ma lo scrittore pubblicato con la C.E.C.F. (Casa Editrice Coi Fiocchi). Ci penserà lui a esprimere un punto di vista insolito, a scrivere quell’articolo trasgressivo q.b. (quanto basta). Nelle redazioni considerano lo scrittore un tappabuchi formidabile: riempie i vuoti scrivendo o affermando spesso delle fesserie. Ma non importa, è lo scrittore, è affermato: i suoi fan batteranno le mani comunque.
Tu sei un autore indipendente: non corri questo rischio. Nessuno ti cercherà mai.

In occasione di festività

Arriva Pasqua; Natale; San Valentino.
Chi tu chiamerai, giornalista della redazione del quotidiano? Esatto, lo scrittore. Che muore dalla voglia di ricordare come era ai suoi tempi. Come tutto fosse più vero, genuino, eppure semplice e quindi, vero e genuino. E via con l’articolo che confronta l’oggi con l’altro ieri (meglio se lo scrittore è stagionato, in questi casi). E chi uscirà vincitore dal confronto? Indovina!
A nessuno importa un fico secco di come lo scrittore indipendente passava il Natale nella sua infanzia. Lo vedi quanto sei fortunato?

Occasioni varie ed eventuali

La maturità. Il primo bacio. La prima volta. L’esame della patente. La prima vacanza da soli (a Ostia). Pure in questo caso chi tu chiamerai, giornalista con poca voglia di lavorare?
Lo scrittore affermato, colui o colei che ha vinto, che è acclamato. E lui o lei mica si tira indietro. Macché. Ah, ai suoi tempi i sentimenti erano così e non cosà. Mica c’era tutta questa realtà virtuale che falsa i rapporti. E poi lo credo che la gente è stressata. Avevamo di meno, ma anche di più. Tutto era più fragrante. Basta con questa tecnologia che ci rende disumani; così conclude l’articolo lo scrittore affermato. Quindi lo allega in formato .doc alla mail e la invia dal suo bel computer. Olé.

In conclusione: sei proprio fortunato

Tutte queste attività rubano tempo alla tua scrittura, caro autore che ti autopubblichi. Per fortuna ti sono risparmiate.

Come? Che ci fai con tutto questo tempo libero a disposizione? Ma ci scrivi le tue storie, no?

Rimbambito che non sei altro…

La domanda delle 100 pistole

Ci rifletti sulla fortuna che hai a essere uno scrittore indipendente? No? E allora pensaci!


 

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34 commenti

  1. Ci ho pensato qualche volta… cioè spesso 🙂 . E mi ritengo fortunato. Vorrei stare in mezzo alla mischia, vorrei che si parlasse di me, ma così mi esporrei, e non poco, non so se riuscirei: devi essere alla moda e quindi non puoi esattamente scrivere quello che vuoi e come vuoi, o magari lo puoi pure fare ma dopo che sei diventato così famoso che detti tu legge e poi, magari, non sai manco più cosa volevi davvero scrivere che per te aveva un senso, molta importanza. Io ho allacciato buoni rapporti con qualche lettore e mi bastano. A volte domandano e io mi dico: “wow, quasi fossi… Un bestseller?”. Ed è bellissimo perché lì trovi quell’energia e quella voglia di continuare ad autopubblicarti facendo sempre meglio. Il piano di marketing… ecco, chi ce l’ha non lo comunica a te, per l’appunto. E se trova il modo di farsi strada nemmeno lo dice a te o ci scrive un libro: “Come diventare famosi col selfpublishing”. Di solito chi scrive questi tipi libri mi fa pensare a quegli editor che danno continuamente consigli in articoli, ma che se gli metti un foglio in mano non sanno scrivere una sola pagina che convinca e che ti prenda come loro tanto insegnano… Poi è chiaro che invece ci sono editor che scrivono anche e che lo fanno bene, ci mancherebbe, però fare marketing di libri (e nel modo giusto) secondo me è proprio impossibile. Ci riescono 1-2 persone su 500.

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    • In fondo la Rete è soprattutto amplificazione di FUFFA. Io di libri sul marketing di libri ne ho letti un po’, ma sono tutti uguali, scrivono le medesime cose. “Trova il target”; “Scrivi con il target in testa”; “Dai al lettore quello che vuole”, eccetera. Una noia mortale. L’unica cosa che dovrebbero spiegare è: “Divertiti”, e basta. Io ci provo 🙂

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  2. Ti smonto un po’. Ma abbiamo strategie diverse. Zero seccatori… magari! Se come me hai il dente avvelenato ricevi mail non proprio felici.
    Le occasioni arrivano eccome, devo decidere quali seguire (alcune sono in conflitto ideologico).
    Sul fatto che a nessuno importi cosa ti accade è un po’ come dire che nessuno apprezza cosa scrivi, non credo allo Spirito Santo che suggerisce le storie dal nulla.
    Dimentichi il vantaggio più grande: nessuno cercherà di strumentalizzarti – almeno siamo duri e puri. Delle vere erbacce.

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    • Qui niente mail… Le riceverei, ne sono quasi certo, se avessi continuato a scrivere recensioni, e avrei trovato autori che mi avrebbero proposto di recensire i loro libri. Se nessuno mi scrive qualcosa vorrà dire: sono proprio uno scribacchino.
      Sulle erbacce concordo: quello siamo! Ma non ci strumentalizzano perché nessun editore ci ha ancora intercettato. Se un domani ti trova Adelphi o Feltrinelli, nel giro di una settimana inizia il “processo di avvicinamento”. Capire se sei malleabile, come “funzioni” insomma.

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  3. Ti sei dimenticato dei cocktail e delle occasioni letterarie in cui devi “per forza” presenziare, e possibilmente non con il vestito dell’ultima volta… altrimenti pensano che tu ne abbia una solo. Per me che non sono per niente mondana, è una vera e propria benedizione. Un’altra cosa che aggiungerei è diventare membri di giuria a quei concorsi letterari dove i giochi sono già fatti.

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  4. Bellissimo. E ti confermo che “lo scrittore tappabuchi” è un jolly che editori e giornalisti giocano sempre volentieri. Anche perché lo scrittore tappabuchi non viene mai pagato. Lui lavora per la gloria, eh!

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  5. Ci penso, come no. Sai, il tuo elenco “definitivo” mi ha ricordato il recente spot pubblicitario di un corso per “imparare definitivamente l’inglese”. Chissà, avranno trovato un modo per incollare strutture e vocaboli della lingua straniera direttamente ai neuroni? 😀

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  6. Che culo essere autopubblicati! 😀 Niente seccature, vita tranquilla e serena mentre il malcapitato scrittore deve sudare le sette camice, quelle famose, sempre le stesse – forse sarebbe tempo di cambiarle -.
    Perdonami l’ironia ma leggendo il post mi è scappata la mano. Tuttavia si deve ammettere che qualcosa di vero c’è: il tempo rubato.alla scrittura.
    Comunque all’elenco (semi)definitivo io aggiungerei anche i travasi di bile, perché l’editore fatica ad accettare il tuo nuovo romanzo 😀

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  7. Sui cocktail letterari mi è venuta in mente la scena di Clout Atlas e del relativo film. A un party sul terrazzo di un grattacielo lo scrittore incontra il critico letterario che gli ha stroncato l’ultimo libro, lo acchiappa e lo lancia direttamente di sotto!

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    • Be’, ma quello è davvero troppo! Bastava rovesciargli il cocktail in testa, e andarsene!
      E mi viene in mente (esco un po’ dal seminato), che Richard Yates (si dice) abbia minacciato di morte, con una pistola, l’editor Gordon Lisch che gli aveva rifiutato un romanzo. È lo stesso editor al quale De Lillo ha dedicato “Mao II”, e che tagliò sino al 70% i racconti di Carver de: “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore”.

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  8. Molto ligure questo articolo! Il bello del self è che nessuno ti romperà le p… per motivi di dubbia utilità 😛
    Mi viene l’ansia solo a pensarci. Mi sentirei importante per due giorni, dopodichè comprerei il primo biglietto di sola andata per un’isola della Polinesia così sperduta da non avere nemmeno un nome. E di sicuro avrei i soldi per quel biglietto, perchè essendo pubblicato da una grande casa editrice sarei ricchissimo!!11!

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    • Questo post è una spremuta di Liguria. 😉
      A parte le battute, credo che “Ci dica cosa ne pensa” su qualunque cosa accada nel mondo, sia una nuova specie di dittatura. Ti esprimi senza sapere nulla in realtà, non hai più spazio per la riflessione, lo studio, la comprensione. Devi solo dire la tua, che si aggiunge al resto del rumore.

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  9. Noto una suggestione furoviante: affermato=pubblicato da editori tradizionali. Ci sono sempre più autori affermati e autopubblicati, le due categorie non sono incompatibili. Come dice una mia cara amica autrice, “voglio che mi conoscano per quello che scrivo non per come pubblico i miei libri”

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    • Si potrebbe aggiungere inoltre che sono sempre di più gli autori che si autopubblicano, e poi sono “imbarcati” nelle case editrici. Ma di certo per un bel pezzo ancora, per il pubblico un autore è affermato solo quando firma con una casa editrice. E più è grande, meglio è. Ci vorrà del tempo perché le persone comprendano che occorre guardare alle storie, alla loro qualità. Per noi è già così, ma solo per noi, e per pochi altri.

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