Ci sono delle regole, se vogliamo chiamarle in questa maniera, a proposito di come e cosa scrivere. In realtà è bene usare l’espressione: linee guida. Ecco, così forse va un po’ meglio.
Ho ripensato a questo argomento mentre leggevo un racconto di Irène Némirovskj, e a un certo punto che cosa ti trovo?
Se non sai esprimerlo, meglio imparare a farlo
Ecco che cosa ti trovo:
“La luce sembrava bere il suo sguardo, lentamente, lentamente… Era inesprimibile… Poco a poco, quel dolce palpitare calmava i battiti del suo cuore.”
Che c’è che non va? Forse i due avverbi? Ma no, anche se io sono sulla stessa lunghezza d’onda di Stephen King, per quanto riguarda gli avverbi.
Mi riferisco invece a “Era inesprimibile”. Orsù: che cosa si dice, e si legge in giro? Che se non riesci a dirlo, a esprimerlo, forse non sei bravo a scrivere. Meglio mettere da parte la penna o la tastiera e leggere quei due, trecento libri che ti aiuteranno a usare le parole opportune per dirlo, per esprimerlo. Quanti di noi si sono smascellati dalle risate leggendo certe storie di esordienti che a un certo punto se ne uscivano proprio con qualcosa di simile a un “Era inesprimibile”? E lì dicevamo che erano dei dilettanti. E qui invece che ti trovo?
“Ma chi credi di essere? Attacchi la Némirovskj? Sei impazzito?”
Niente di tutto questo. Semmai desidero solo ricordare che le regole da rispettare sono quelle grammaticali e di sintassi. E che un autore deve comunicare, non essere perfetto; la perfezione infatti è una leggenda. Messa in giro da chi desidera rendere l’arte talmente elevata, nobile, da desiderare solo il divano e il McDonald’s. Perciò una scivolata, una caduta, ci può stare eccome.
D’altra parte, si può tranquillamente affermare che quel “Era inesprimibile…” voleva dire proprio quello. Perché ci sono istanti nella vita di una persona, che non hanno le parole giuste. E l’autrice francese ce lo ha ricordato in questa maniera.
Ma perché questa giustificazione? Perché è la Némirovskj, oppure perché lo pensiamo sul serio? La prima, esatto.
Quando hai un nome
Può piacere e non piacere (a me alcuni suoi racconti non piacciono, come “Jezabel”), ma è un nome di tutto rispetto. E non è diventata una delle più interessanti scrittrici del Novecento per caso. La sua produzione è di qualità, e anche quando scivola, siamo portati a giustificare quel cedimento. A trovare appunto, una giustificazione a prova di bomba. Quando hai un nome, hai un sacco di avvocati difensori… Non è detto che sia sempre un bene, ma ce li hai e te li tieni stretti. E non scordiamo che a volte si scrive in condizioni tutt’altro che ottimali, e poi arriva il maestrino e dice: “Eh, ‘sta Némirovskj! Mi ha un po’ deluso!”.
Be’, come si dice: bisogna avere tutti gli elementi per giudicare, e come ripeto spesso non occorre costruire qualcosa di perfetto, ma qualcosa che comunichi.
E se il nome non ce l’hai (ancora)?
Be’, cerca comunque di farteli. Uno alla volta, senza fretta. Ma se hai deciso di auto-pubblicarti, questo lo saprai già vero?
La domanda delle 100 pistole
Mai letto Irène Némirovskj?
Qui si critica la Némirovskj! Orrore 😉
Io, una volta, ho trovato una frase che non mi convinceva in un romanzo di King.
Facciamo a chi le spara più grosse 🙂
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In un romanzo di Stephen King? Mi pare impossibile 😉
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Ho letto la Némirovsky. Proprio quello che hai inserito qui. Brava, è brava. Alla lunga, però, diventa tutto un po’ troppo sempre uguale a sé stesso; questo, almeno, a mio gusto.
Certo non scrive nel terzo millennio, e si vede: oggi quella scrittura non andrebbe da nessuna parte. Ma, d’altronde, nessuna delle soluzioni inventate cinquanta o cento anni fa oggi sarebbero accettabili, in nessun campo. 🙂
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Sì, forse è da centellinare. Certi temi ricorrono spesso, ma accade in un po’ tutti gli autori.
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Beh se sei un selfpublisher due sono le cose: o ti ignorano nel senso che non ti leggeranno mai o se lo fanno allora meglio tapparsi occhi e orecchie perché sembra esserci sempre qualcuno che ne sa di più, sembra poi chissà magari ci viene bene 🙂
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Se sei selfpublisher meglio nascondersi! Ti sparano se scrivi in quel modo, soprattutto se sei agli inizi e non hai nessuno che ti supporti!
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Forse ti sparano a prescindere 🙂
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Quello è sicuro. Se però ci aggiungi, che so, una frasetta come quella della Némirovsky, non avrai un buco dove nasconderti. 😄
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Esatto 🙂
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Non ho mai letto questa autrice, però mi sorge un dubbio: che termine c’era nel racconto in lingua originale? E in quale altro modo avrebbe potuto essere tradotto? 🙂
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Ah, interessante. Giusto rilievo. Spesso ci scordiamo del traduttore che come tutti noi, è umano e soggetto a errori. Chissà…
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In certi “casi rari” può starci quell’espressione, a mio avviso, se usata per evidenziare la difficoltà di rendere “al massimo” uno stato d’animo, una particolare atmosfera… Basta che però non diventi un’abitudine, ossia una tendenza ad utilizzarla con eccessiva frequenza nel testo.
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Anche questa è un’osservazione pertinente, anche se a me ha dato l’impressione di non essere stata usata per rendere un certo stato d’animo. Ma io non faccio testo, si sa! 🙂
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Della Nemirovsky ho letto tutto o quasi tutto – forse i non ho letto i fondi di magazzino che ogni tanto compaiono in libreria -. Certo è una scrittrice che mi piace, A volte ha delle intuizioni che affascinano ma non è detto che tutto sia oro colato – ad esempio jezabel proprio non mi ha convinto come altri racconti brevi – Ancora ho sempre sostenuto senza timori che la scrittrice non è in grado di gestire i finali. Non ne ho trovato uno che sia convincente. Poi c’è il problema delle traduzioni. Quelle della Newton Compton hanno molti refusi e un testo italiano in certi punti che lasciano a desiderare e non poco. L’ideale sarebbe leggerli nella lingua madre. Ma chi lo può fare?
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Le traduzioni della Newton spesso non brillano affatto. Quella di “Belli e dannati” (se non ricordo male) è stata una lettura rovinata da refusi senza numero.
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non ricordi male
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Ho letto un solo romanzo e non mi è piaciuto. So che dovrei darle un’altra possibilità, ma la lista è sempre lunga per cui temo che non gliela darò. Io non mi sento presuntuosa se non mi piace un autore di grande talento, non capisco Hemingway ad esempio, ci ho provato e non va.
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Nemmeno a me piace Hemingway, eppure adoro Raymond Carver che è un suo… discepolo? Anche se è ridicolo parlare così, perché ciascun autore alla fine percorre un sentiero tutto suo.
Della Némirovsky può alla lunga annoiare il confronto-scontro con la figura materna, perché sua madre di fatto non ha mai pensato a lei. Ma ho adorato “David Golder” (e non solo quello).
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Mai letta, no! Però, se devo essere sincera, a me quell’espressione che tu hai rilevato non dà fastidio, cioè, nell’insieme, non ho storto il muso mentre la leggevo.
Non sono una buona scrittrice?
Non sarò mai una brava scrittrice?
O forse a stare sempre attenti e in guardia di fronte alle cose scritte da altri perdiamo un po’ il gusto di scrivere con spontaneità?
Troppo rigidi, troppo guardinghi…
Ma lo sai che tutto questo “evitare di fare troppo l’esordiente” inibisce non poco la mia scrittura?
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Dici che la inibisce? A me non pare: scrivi un altro romanzo così togliamo ogni dubbio 😉
Può darsi che sia stato troppo attento, non so. A me piace, e non era nemmeno la prima storia di lei che leggevo (quindi non c’era la “rigidità” che a volte abbiamo quando ci avviciniamo a un nuovo autore). E mi ha dato fastidio. Ho dovuto rileggere la frase per essere sicuro di non aver sognato quell’espressione.
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