In uno dei racconti della prossima raccolta, la storia sarà circolare. Nel senso che si inizia con la “visita”, se vogliamo chiamarla così, a un luogo.
E si concluderà vent’anni dopo con la visita al medesimo luogo. I protagonisti saranno differenti, ovviamente. Chi prima era figlio, è diventato padre; e con sé porterà il figlio.
Adesso che ci pensO: non sarà nemmeno l’unico ad avere una tale struttura.
Basta la volontà?
Il cuore di questo racconto sarà (anzi: è. Ma per chi legge queste parole, “sarà” è necessario; perché prima dell’autunno non potrà leggere niente), la volontà. Volevo mostrare una storia molto semplice, e che nell’ottimismo dilagante e generale di questi tempi, potrebbe suonare come eresia.
Magari!
Vale a dire: non è esatto che con la volontà puoi raggiungere ogni cosa. Che la volontà vince tutto perché è un bulldozer, e allora dacci dentro con le frasi “che motivano”. Con le biografie che “spingono” a osare, a crederci, crederci, crederci.
Se anche sei bravo, ci sono ottime possibilità che a trent’anni, circa, ti ritrovi al punto di partenza. E la tua volontà è un motore scoppiato.
La volontà, e il denaro, ecco: questo è probabilmente l’unico binomio vincente. Adesso mi dirai che tu conosci un sacco di gente che può smentirmi.
Ma lo so.
È come il Sogno Americano (guarda caso la leggenda dell’imprenditore che si fa da sé, di quello che crea la start-up, arriva da lì): lui ci è riuscito! O meglio, si dice che lui ci sia riuscito, ma il suo successo è basato su un cimitero. Quanti, altrettanto capaci, sono finiti nella polvere?
Però non bisogna dirlo, altrimenti l’ufficio stampa del Sogno Americano si arrabbia.
“Ma come fai a essere contrario alla felicità?”
Perché il Sogno Americano è sinonimo di felicità, giusto?
Cosa significa raccontare?
Ho dovuto scegliere che direzione prendere, perché non avevo una preda da inseguire, bensì due: volontà e denaro. La seconda l’ho dovuta lasciare correre. Quindi un sacco di persone che leggeranno il racconto, diranno:
“Che persona squallida! Tu, che dici di non predicare mai, predichi la rassegnazione!”
No. Ho raccontato una storia. Cerco di dire come le cose accadono. E per dire le cose in un certo modo, per far sì che arrivino a fare effetto (almeno me lo auguro), era necessario mettere in campo la sconfitta, la consapevolezza che acquisisce alla fine il protagonista. Vale a dire: se parti dal basso, e cadi, non ti rialzi più (o hai scarse possibilità di riuscirci). Se vivi in alto, e cadi, ti rialzi. Anzi, no: cadi sempre in piedi. Un concetto che tra l’altro avevo “accarezzato” in Cardiologia:
“Laura preferì il classico, suo padre era dentista, la madre avvocato, e ci tenevano. Per lei, non cambiava molto. – Tanto io casco sempre in piedi. Lo sai – mi disse.”
Ed è questa la seconda preda che ho dovuto lasciar correre: il denaro. Non potevo certo inserire tutto in un racconto. Magari, chissà, riuscirò a trovare qualcosa che mi permetta di affrontare l’argomento; oppure no.
Ecco allora il senso di questo racconto circolare. Si torna al punto di partenza, perché esiste un sistema che lavora in un modo, e in un modo solamente.
Il resto sono chiacchiere.
La domanda delle 100 pistole
Come ho intitolato questo racconto?
Vincitori e vinti
La villa sulla collina
Le luci della festa
Come stanno le cose
I tuoi raccontano la realtà e, purtroppo, è vero nella realtà la volontà non basta per realizzare i propri sogni.
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Infatti. Mi auguro solo di essere riuscito a costruire la storia come si deve…
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Però l’idea di partire da un luogo e tornarci dopo vent’anni attraverso i racconti è una bellissima idea.
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Grazie. Ma chissà se sono DAVVERO riuscito a realizzare il mio scopo! Lo scoprirete nel prossimo autunno (o inverno) 😃
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Io, tra le quattro possibilità, avrei scelto “Come stanno le cose”. I tuoi racconti mi piacciono proprio perché raccontano l’amara realtà. Che poi, a ben vedere, nel tentativo di realizzare un sogno, il bello sta nel percorso, non tanto nell’arrivo. Cioè nel fatto di aver sognato. Quello che conta è continuare a sognare, anche se a volte i sogni si infrangono. 🙂
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Adesso non so che cosa fare: devo scrivere che hai indovinato il titolo, oppure no? Mmmmm.
Be’, non hai indovinato! 😀
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