La casa di cura – Parte ottava


carruggio savona

 

Stiamo quasi arrivando all’epilogo del mio racconto “La casa di cura”. Intanto ecco un brano. Come sempre, se desideri leggere quelli precedenti, nessun problema. Prima parte; seconda; terza; quarta; quinta; sesta; settima.

Buona lettura.

Pietro si alzò in piedi, si mosse; si bloccò: “Non vi disturba se passeggio, vero?” I due uomini non risposero nulla, e lui proseguì: “Che cosa si sa dell’inchiesta?”

Primo guardò Lucio, che aveva rimesso gli occhiali; questi disse: “Hanno già interrogato la responsabile della struttura.”

“Lo so. Che racconta di bello” disse Pietro.

Lucio corrugò la fronte, infine spiegò: “Dalle informazioni che ci ha fornito una fonte del palazzo di Giustizia, ha confermato tutto. Ha fatto il tuo nome. Ha spiegato come si svolgeva ogni cosa.”

“Come era da immaginarsi” disse Pietro. Crollò il capo.

“E come si svolgeva il tutto” chiese Primo.

“Le schede elettorali venivano ritirate dalla struttura, poi una persona veniva indicata come accompagnatore del singolo paziente all’interno della cabina elettorale” spiegò Lucio.

“Una persona? Una sola persona per tutti gli ospiti della struttura?” disse Primo.

“La direttrice” disse Pietro.

“Solo lei per tutta quella gente? E se ne sono resi conto solo ora” disse Primo.

“Questo Paese è pieno di controllori che non controllano” disse Pietro.

“Ne parli come fosse una cosa ammirevole” disse Lucio.

Primo disse:”Apprezziamo che tu ti prenda l’intera responsabilità di questo fatto. Perché tu poco fa te ne sei assunto in toto il peso, giusto?”

“Giusto.”

“Tuttavia…”

“Scusa un attimo, Primo” disse Lucio. Si passò la lingua sulle labbra: “Per come la vedo io, qui rischiamo di sottovalutare la portata di questo fatto. Ci rendiamo conto che non basterà dare un nome, e far sì che quel nome si prenda tutta la colpa? Ce ne rendiamo conto, oppure no?” Colpì col pugno sinistro il tavolo. Appoggiò la schiena alla poltrona. Dopo qualche secondo aggiunse: “Il magistrato che ha l’indagine, è uno che sa il fatto suo. È un mastino.”

“Per prima cosa, dobbiamo smettere di strisciare davanti ai magistrati” disse Pietro. I due uomini lo fissarono, sorpresi dal tono della frase.

Lui proseguì. “Ve lo ripeto. Non dobbiamo strisciare davanti ai magistrati. È la magistratura che deve tornare a temere il potere politico. Quello che è successo negli anni Novanta è passato. Finito. È stato utile a mostrare, svelare e chiarire. Ma adesso è ora di piantarla. Adesso, occorre che la magistratura non si permetta più di invadere il nostro territorio.”

Primo disse: “D’accordo. Peccato che questi discorsi non si possano fare quando si è in posizione di debolezza.”

“Al contrario” disse Pietro. “È questo il momento giusto.”

Lucio sorrise: “E cosa proponi. Sentiamo.”

“Davvero non ci arrivi? Abbiamo il Governo in mano. Usiamolo. Io mi prendo tutta la colpa. Ma quando si governa, non ci sono santuari. Non ci sono zone intoccabili, o sacre. E la magistratura deve smettere di considerarsi come slegata da ogni potere.”

“Ma è slegata da ogni potere. È il vanto del nostro Paese” disse Lucio.

“Un momento” intervenne Primo.


(Continua mercoledì 15 giugno)


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