Perché l’autopubblicazione spaventa certi editori


ebook cardiologia non hai mai capito niente

 

Bisogna essere seri. Questi qui che si autopubblicano, tra cui io, sono della gentaglia. Scrivono, scrivono, poi pubblicano pure. Ma non ne sanno nulla. “Sono baggianate” afferma un bravissimo scrittore di gialli. Bravissimo, è chiaro? Non “bravo”; e tu che fai? Leggi queste righe. Scritte da chi? Da uno che non è nemmeno bravo. Vive da qualche parte, nel buio sottoscala della bravura, dove, mi par ovvio, non alberga la serietà.
Non c’è filtro, nell’autopubblicazione; quindi non è una roba seria. Manca un dettaglio…

Hai detto filtro? 

Il “filtro” nasce di recente. Nasce con l’industria editoriale che attraverso varie figure professionali, sancisce la differenza tra uno bravo, e un dilettante, o un artigiano onesto, ma niente di più. E puoi anche essere un fantastico artigiano, migliore di tanti che hanno il “bollino blu” perché hanno passato il filtro (grazie alla loro bravura? Ah! Ah! Ah! Sagoma che sei! Peccato che Zelig abbia chiuso). Ma non vali nulla perché non hai il bollino blu; e lui non mente!
Ma prima? Prima dell’industria editoriale, chi dava il nulla osta? Chi decideva se uno meritava o no?
Be’, dipende. Plauto: chi ha deciso che le sue opere debbano ancora essere rappresentate? Il suo pubblico, innanzitutto, perché il buon Plauto riempiva i teatri. Sì, usava un linguaggio volgare, pieno di allusioni a sfondo sessuale e battutacce, qualcosa che puoi trovare nei film di serie B interpretati da Bombolo e Tomas Milian. Ecco. E di certo un sacco di senatori e nobili dell’Antica Roma inorridivano, a sentirne solo il nome.
In altri casi, a sancire la qualità, oltre al pubblico, erano le classi agiate.
A questo punto si dirà: be’, in fondo è sempre la prova che ci vuole un filtro. Perché per arrivare ad allestire le sue commedie, Plauto doveva conoscere gli impresari. E aver già dimostrato di avere talento. Non era sufficiente dire: “Ho scritto una commedia. Mi permettete di allestirla, vero?”.
Ma si dimentica un dettaglio…

Fine di un’era

Il dettaglio, piccolino, è che le case editrici rincorrono gli autori che si autopubblicano. Che prima vengono premiati dal filtro del pubblico (vendono, scalano le classifiche), e poi passano appunto alla casa editrice.
Il punto però è un altro.
Le case editrici, non sono e non saranno più le bocche della verità, che decretano cosa merita, e cosa no. La tecnologia ha questo di buono: mette a disposizione di chi ha qualcosa da dire degli strumenti. E per fare cosa? Per parlare alle persone. Quelle persone che guardano alle storie come a qualcosa scritto da pochi eletti, per pochi eletti. E che per questo, snobbano.
Una persona che non legge non è un terrorista: davvero. Magari non gli piace: e allora? Magari non ha tempo, perché esistono lavori (sul serio!), che ti lasciano sfinito, e tu non hai proprio voglia di leggerti Melville, né qualunque altro libricino. E allora?
Ah, dimenticavo: Dachau lo hanno costruito quelli che sono passati attraverso i filtri delle università.
E non finisce qui.

Questa è la fine

Questa agitazione che coglie certe case editrici ha una ragione un po’ nascosta. Non è solo perdita di prestigio, e di un ruolo che viene ridimensionato, a spingerle a parlare. Dietro c’è anche dell’altro.
È la fine di un “mondo editoriale” che pretendeva di modellare questo mondo. E in quel mondo editoriale ci entravi solo se rispondevi a certi precisi criteri.
Il pensiero dell’autore deve essere omologato al pensiero dominante. Solo così la casa editrice può vendere e avere i conti in ordine e affrontare in tutta serenità il consiglio di amministrazione.
Se tu, autore, non accetti questo, sei fuori, e se sei fuori cosa sei? Esatto: un dilettante, e come tale non sei serio. Non hai il coraggio di sottoporti al “filtro”.
È per questo che l’autopubblicazione spaventa. Lo so: le case editrici non oseranno mai ammettere di aver paura di un tale fenomeno, anche perché 9 volte su 10, lo imbarcano, non appena l’autore ha un po’ di seguito.
Ma cosa potrebbe succedere se 1 solo, bravo, decide di stare lontano dall’editoria? Scrive e dice la sua, e il suo pensiero non è omologato. E magari piace pure al pubblico?
È questo che spaventa le case editrici: perdere il ruolo di “modellatrici” del mondo. Assistere impotenti al successo di autori che fanno tutto da soli, e loro sono scavalcate e ignorate. Perdere il controllo della testa delle persone, vederle andare non dove vogliono loro, per indossare i pensieri che vogliono loro.
Ma osservare le persone che scelgono in libertà storie e autori non omologati. E tutta la loro strategia di modellazione del mondo, fatta di giornali amici, canali televisivi amici, critici amici: superata.

La domanda delle 100 pistole

Ma davvero hai letto tutto questo post?


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13 commenti

  1. Oh… alla fine è arrivato il post sullo scrittore bravissimo di gialli e il self.
    A me il bravissimo m’è sembrato il maestrino che dice: vi spiego io come funzionano le cose seriamente. Peccato che del seriamente sia parecchio poco informato.
    Solo per dire il filtro editoriale non premia la qualità (sì a volte), ma soprattutto premia la vendibilità.
    Per il resto hai già detto tutto tu. 😉

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    • Si sa, le novità arrivano dalle periferie, dai luoghi che non ti aspetti, usando regole e mezzi del tutto inediti. Ma capirlo non è semplice, se invece occupi il centro, la capitale.

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  2. Sì l’ho letto e ti dirò di più. Uno scrittore che conosci anche tu in un tweet tutto contento ha detto che il selfpublishing è masturbazione. Un tweet così volgare che l’ho bloccato. Lui pubblica per un editore, lui. Io no.

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  3. Bell’articolo, Marco. Quanto al bravo scrittore di gialli, l’unico commento che posso fare è il solito sbadiglio che mi prende quando qualcuno parla a vanvera di pubblicazione indipendente. Che noia che barba. Mi si slogano anche le mascelle, poi.
    Al signore è sfuggito qualcosa di quel che succede in giro, evidentemente. Sulla poltrona e sul divano potrebbe dedicare qualche minuto anche ad aggiornarsi.

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    • Se stai in poltrona o sul divano non hai necessità di aggiornarti. Sei arrivato, in cima…
      Per come la vedo io, sono gli affamati, e non i sazi, che spingono in avanti le cose.

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  4. Il gioco degli editori è quello di fare del terrorismo per costringere il lettore a puntare su di loro.
    Che il bravissimo autore di libri gialli sia bravo lo sa solo GEMS. Mai sentito nominare, mai visto in una di quelle classifiche addomesticate che troviamo al sabato o alla domenica, più o meno come il caso letterario di un autore, ancor prima di essere pubblicato, di cui mi hanno fatto grazioso omaggio dopo avere stroncato i primi capitoli.
    Ovviamente tra gli autopubblicati c’è anche mercanzia scadente ma è il pubblico dei lettori, come hai scritto che fa selezione, più o meno come quello dei libri pubblicati dagli editori.
    Compro e leggo molti libri ma la qualità spesso è scadente in tutti i sensi. Traduzioni approssimative, refusi ed errori grammaticali da principianti. E questo sarebbe il cosiddetto filtro editoriale?

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    • Uno scrittore, Luca Doninelli mi pare, una volta ha detto che quando lui ha iniziato a pubblicare, con Garzanti, la casa editrice aveva (se ricordo bene) 500 dipendenti, compresa la tipografia. Quando se ne è andato, ne aveva 5. I filtri, la professionalità, è tutta roba che ormai molte case editrici non curano più, perché sono gusci vuoti. È rimasto il marchio, e basta.

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  5. Ah, dimenticavo. Come bene hai detto tu, i grandi editori vanno a caccia dei selfpublisher che vendono spulciano le classifiche di vendita di Amazon. Ne conosco almeno 5 di self contattati e messi sotto contratto da grandi editori.

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