Spesso si dice che gli autori autopubblicati (come il sottoscritto per esempio) sono talmente disperati da pubblicare qualunque cosa. Perché? Ma perché non hanno LUI; sì insomma non fare finta di nulla. Lo sai di chi sto scrivendo e parlando. Ogni volta che si parla di autopubblicazione dopo 3 secondi netti salta fuori proprio LUI.
Il filtro.
Il filtro di Marco Freccero
Be’, io prossimamente pubblicherò la terza raccolta di racconti della Trilogia delle Erbacce. E ce ne sono alcuni che non ne faranno parte. In realtà non è la prima volta che succede. Anche per “Non hai mai capito niente” ne scartai alcuni.
Idem per “Cardiologia”.
Ma per questa raccolta di racconti, ebbene: ho esagerato.
Ecco allora cosa ho scartato, e perché.
Stella
Doveva essere un racconto in prima persona (il protagonista era un uomo), ed era una storia d’amore: ovviamente tragica. Ma mi sono reso conto che non ci stava. Avrebbe preso ben più di qualche pagina (dovevo svilupparla attraverso gli anni), e dopo aver scritto per un paio d’ore, di sera, mi sono detto: “Ma che vogliamo fare? Dove vuoi andare? Qui finirai con lo sbattere”. E l’ho messa da parte.
Ritornerà? Ne dubito. Però, magari, dopo il 2020…
Sotto la cenere
Altro “allegro” racconto tra disperazione e disoccupazione. Protagonista una donna che lavora come magazziniere in un ambiente di uomini. Ma ovviamente l’azienda chiude. Abbandonato quasi subito (neanche una pagina), perché la situazione era già vista, rivista, scritta, riscritta e pure ritrita. Tornerà? Non credo proprio.
Racconto senza titolo
No, non è il titolo di un racconto abbandonato, è che non ha nemmeno ricevuto il titolo. Praticamente è la copia del precedente. Protagonista ancora una volta una donna che dopo 3 settimane di ferie torna a lavorare nella piccola azienda alla periferia di Savona. Quando giunge però i cancelli sono ancora chiusi; e non riaprirà più perché i proprietari sono scappati all’estero. Come si può vedere, sempre lo stesso tema, quindi: ZAC!
Racconto senza titolo
Pure questo non ha titolo. Storia in prima persona (è un uomo che parla), ma l’ho mollato (anche qui non ho nemmeno scritto una pagina), perché è pieno di filosofia. E se c’è una cosa che non sopporto di Marco Freccero è quando assume le pose del filosofo. Di che parlava? Indovina un po’: esatto, di gente che ha perso lavoro (una donna), e che sta per fare un gesto estremo mentre gli automobilisti da sotto gridano: “E buttati!”.
Resurrezione
Una storia che ho dovuto abbandonare perché c’era troppa roba. A mio parere buona la scena di apertura, ma quello che poi dovevo raccontare era in questo caso eccessivo per un racconto.
Non escludo che parte di questa idea, o addirittura tutta, non veda prima o poi la luce: ma dopo il 2018. All’interno del progetto “IOTA”. Che cos’è il progetto “IOTA”? È qualcosa di segretissimo…
Questione di classe
Qui non c’è solo il titolo, ma è un racconto fatto e finito di 17 pagine. Bambina, padre, nonna (la madre è morta), e la piscina comunale. Segato perché lo sviluppo del finale (ogni tanto bisogna usare certe espressioni per far intendere che SO di cosa sto parlando), era poco credibile, e non sono riuscito a inventarmi qualcosa di decente.
Notte
Una pagina e mezza, e abbandonato. E mi dispiace, sul serio. Una coppia che ha un figlio con un grave deficit cerebrale. Ma non l’ho sviluppato. Forse perché è al di là delle mie capacità…
La ricerca
Altro racconto finito di 10 pagine. Un ragazzo che lavora da un gommista, il suo primo lavoro. Incontra una ragazza e iniziano a parlare. Scartato perché… Retorico. Non mi viene altro da dire. Nel finale ho sentito i violini, ho pure visto i sacerdoti e le sacerdotesse del politicamente corretto commuoversi, e allora l’ho eliminato.
Insurrezione
Ci si creda o no, doveva essere questo il primo racconto della nuova raccolta. Scritto in prima persona, ha raggiunto la pagina e mezza, poi l’ho abbandonato. È possibile che certe idee finiscano nel progetto “IOTA” che forse vedrete nel 2018. Forse. Qui c’era troppa roba, e non era possibile svilupparla in un racconto. Sei curioso di sapere cosa ci sarà in questo progetto “IOTA”, vero? Pure io!
Racconto senza titolo
Una pagina e mezza. Dialogo di un professore con un paziente. Mi ha annoiato, anche perché voleva essere una specie di prosecuzione di un racconto che troverete nella prossima raccolta. Possibilità di recupero: zero.
Che cosa puoi imparare da tutto ciò?
No, non è il titolo di un altro racconto, ma la domanda di questo paragrafo per chiudere il post.
Che cosa puoi imparare da tutto ciò? Mi sembra chiaro.
Non è sufficiente avere delle idee (le hanno tutti), bisogna che conducano da qualche parte e che siano dotate di qualche efficacia.
La domanda delle 100 pistole
Quanta roba scarti?
Entro la fine del 2016 arriverà il capitolo finale della Trilogia delle Erbacce. Scarica l’anteprima in PDF di Non hai mai capito niente, il primo capitolo!
Sei davvero molto autoironico e mi hai divertito, Ovviamente adesso sono terribilmente curiosa di conoscere il progetto IOTA…
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Anche io sono curioso di conoscere il progetto IOTA… Non ne ho la più pallida idea! 🙂
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Più invecchio e più scarto e non solo perché invecchiando sono più difiicile da accontentare. Forse perché inizio a entrare nella stessa tua ottica. Non tutte le buone idee possono essere sviluppate altrettanto bene. A volte io non ne sono in grado, a volte non erano idee così buone. A volte, chi lo sa. Però, per quanto sia difficile farlo, arrivare a rinunciare a determinati scritti è un gran sano esercizio. Come sempre, la tua saggia umiltà ci illumina. 🙂
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Saggia umiltà? À moi? 🙂
Si impara, e alziamo l’asticella della qualità, ecco tutto
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Filosofia Zen: «Sii il filtro di te stesso». XD
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😉
Interessante slogan!
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Sono molto d’accordo: la scrittura è un po’ come l’oro. Nessuno trova una pepita prendendo una manciata di sassi nel fiume ma, con molta fatica, vanno vagliate e setacciate innumerevoli manciate di terra per trovare una pagliuzza. Allo stesso modo non si scrive una pagina buona, ma vanno gettate alle ortiche molte pagine mediocri o anche solo passabili, prima di condensarle e averne una utilizzabile.
Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio, fare lo scrittore è un brutto mestiere (anche se è pur sempre meglio che lavorare, dicono). 🙂
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Sì, è un mestieraccio. Poi è evidente che il lavoro del minatore è peggiore. Ma se scrivere lo si fa per un certo scopo, allora diventa difficile…
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Se raggiungono la forma di pagina scritta, prima o poi si “ricicleranno” in automatico senza che te ne accorga (o il personaggio, o l’ambientazione, o una scena). Io non arrivo nemmeno sulla carta, se non mi convincono.
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Dici? Mmmm. Qualcuno di quelli può darsi, ma credo che la maggior parte di quegli abbozzi, finiranno nel dimenticatoio. Poi, sì, certo. Per esempio “Insurrezione” è affascinante perché ha una nota cupa che se fossi capace a sviluppare…
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Ciao, Marco.
Ogni cosa incompiuta, scartata e accantonata, continuerà sempre a rivivere in qualche modo: a volte come un’ombra, una risonanza, il soffio di un fantasma, sia all’interno di un altro testo che nella nostra vita. Spesso qualcosa di eliminato vivrà nascosto in qualcosa che abbiamo tenuto, regalandogli qualcosa di prezioso e di misterioso. Sono sempre più convinto che i processi creativi, le scelte e il mondo espressivo e più intimo di uno scrittore, siano fatti essenzialmente di riscritture, e quindi di continue rinunce a cose che si credevano forse amate o soltanto giuste, ee che di colpo hanno mutato forma, direzione, prospettiva. La riscrittura è il momento cruciale della crisi, del discernimento, della scelta. In fondo l’avverto il vero cuore dello scrivere, perché rappresenta spesso una fase di resa e di dolore, credo anche la più umana e profonda, quanto personale. E quindi ci saranno nel mondo ancora parole, frasi, paragrafi ma anche interi manoscritti abbandonati nel vuoto, scartati o del tutto stravolti in questo processo, con tutte le frustrazioni, i ripensamenti, ma anche tutte le possibili illuminazioni che questa verifica, spesso infinita, può ancora concederci.
Saluti e in gamba!
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Buona parte degli autori di questi tempi non accettano la sfida della crisi: scrivono perché sono certi che la scrittura metta al riparo dalla crisi, anzi, sia sintomo di certezze. Se si affronta in questo modo la scrittura, non so cosa potrà arrivare, ma credo che sarà qualcosa di modesto. Il mestieraccio dello scrivere è che se vuoi essere onesto, sarai bersaglio di dubbi. Se non li hai, magari avrai il successo: ma sarà una scrittura consolatoria. Di scarso peso.
Ancora grazie!
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Finora ho scartato quasi tutto 😛 devo darmi una calmata.
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Sì, è meglio. Altrimenti le nostre asce resteranno inoperose 😉
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mi sembra giusto il tuo filtro. Se il racconto non si amlgama col resto. Zac e via. Se non soddisfa, zac e via. Se poi diventeranno buoni per altre raccolte? Lo sa solo l’autore. Quindi il filtro dell’autore è più forte di quello esercitato da un editore qualsiasi.
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Anche perché il filtro di certi editor o editori è quello di rendere “appetibile”, non interessante, il testo di un autore. Di addomesticarlo, insomma…
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concordo con te.
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E questo dimostra, per l’ennesima volta, quanto l’autopubblicazione possa essere utile.
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ne sono convinto anch’io
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Secondo me (e sai che sono un po’ streghetta) “Questione di classe” potrà tornare, con un bel brainstorming per il finale. L’idea arriverà inaspettata, quando meno te l’aspetti. 🙂
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Mmmm. Non credo…
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Roba che con tutti questi racconti avresti potuto mettere insieme un’altra raccolta!
È vero, tante idee, tantissime, ma senza un progetto chiaro restano strade senza traguardo. Io ho una valigia piena di pagine che fissano buone idee, ma sono rimaste quello. Perché non mi decida ancora a buttarla devo capirlo!
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