La risposta secca? Perché mi piacciono. E poi perché…
Non è semplice rispondere a una domanda del genere, perché niente lo è, se hai a che fare con la parola.
Un’esperienza per un’esperienza più profonda
Alcuni dicono di preferire il romanzo perché questo darebbe la patente di scrittore. I racconti sono troppo “facili”. Sciocchezze. Gente come Tolstoj, o Dostoevskij, sono diventati tali perché avevano talento (che è rigorosamente antidemocratico), e perché scrivevano: racconti e romanzi.
Di certo il romanzo è un compagno più arcigno e tende ad accompagnare di più chi scrive.
Il racconto ti prosciuga più velocemente: devi arrivare alla polpa in maniera convincente. Non è affatto più semplice o facile da affrontare. Richiede invece una scrittura un poco diversa. Occorre scendere in profondità, e trasmettere il senso di quello che si scrive. Si tratta di un’esperienza che cerca di fornire, a chi legge, un’esperienza più profonda.
D’accordo: e il romanzo?
L’accumulo dei dettagli
Be’, qualcosa in passato ho scritto, ma non faccio testo. Sia chiaro: un romanzo non è una faccenda che si distingue dal racconto perché ha più pagine. O perché ci sono un sacco di personaggi. Queste sono banalità, che tuttavia hanno ancora un discreto seguito.
Che sia una storia breve o lunga, fatti e personaggi si influenzano proponendo a chi legge un senso. Flannery O’Connor diceva che il romanzo funziona attraverso un’accumulazione di dettagli più lenta del racconto, il quale invece, per riuscire, deve avere un impatto immediato. Non è una definizione molto efficace? Al contrario: funziona alla grande. Se pare perdente, è perché vogliamo le ricette vincenti, la pappa pronta e possibilmente già masticata, così facciamo poca fatica a tradurla in pratica. Quando l’obiettivo non è raccontare storie, ma produrre dei best-seller, non si ha tempo per queste quisquilie, giusto? E certo, pure io vorrei vendere come King: ma non sono disposto a cambiare la mia narrativa, a scrivere in maniera differente. Ma farò di tutto per dimostrare che la mia idea di narrativa è l’unica in grado di sfidare i secoli.
Ti piace quell’altra? Buona lettura.
Preferisci scrivere dell’Ubalda tutta calda? Accomodati.
Che cosa è importante
Come come come?
Non ho spiegato per filo e per segno perché sino a ora ho scritto racconti? Non l’ho spiegato perché non è importante. Se racconti storie, l’importante è comunicare.
La domanda delle 100 pistole
Ti spaventa di più il romanzo o il racconto?
Una volta mi spaventava il racconto, adesso ho capovolto le idee. Non è tanto la tecnica differente che richiede, quanto la costanza. Un racconto è immediato nei tempi, sono meno pagine, più “facili” da manipolare. Il romanzo, se non sei King che lo fa di mestiere e riesce a finirlo in tre mesi, ti mette a dura prova. Se non lo scrivi di getto, rischi di perdere l’entusiasmo.
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Ti spaventava? Addirittura? A me non piaceva, lo consideravo un sottoprodotto.
Il romanzo è una brutta bestia. Mi piacerebbe l’idea di imbarcarmi in una simile avventura, ma ci devo pensare bene.
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Io scrivo soprattutto racconti perché sono tendente alla sintesi più che all’enciclopedico.
E comunque autori celebri come Borges e Akutagawa hanno scritto solo racconti.
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E anche Carver, anche se prima di morire lavorava a un romanzo. Io i racconti li apprezzo da poco, e li apprezzo da quando ho capito che raccontare storie vuol dire… raccontare storie, non pontificare.
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Io a 16 anni ho scritto subito un romanzo…o meglio un romanzetto o romanzo breve, ma a sedici avevo un groviglio di idee nella testa che non potevano esaurirsi in un racconto. A dire il vero i racconti non li consideravo granché. Quando anni dopo ho seguito il corso di scrittura creativa la nostra prof. ci consigliò di scrivere dei brevi racconti per cominciare a sbloccarci. Del resto i compiti a casa erano dei racconti da scrivere su un dato tema, non c’era spazio per un romanzo.
Poi ho deciso di scrivere un romanzo per partecipare a un concorso letterario e lì mi sono messa alla prova. Mi piace di più scrivere i romanzi perché mi sembra di poter dare più respiro ai personaggi.
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Molti però dicono che per iniziare a scrivere, è meglio la poesia. Carver per esempio è stato anche un poeta. Spesso mi chiedo che cosa potrei ottenere dalla poesia, e avrei voglia di cominciare, magari proprio da quelle di Carver.
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All’inizio scrivevo racconti, ma mi è sempre piaciuto intrecciare una storia, raccontarla su più piani temporali e ogni volta che inizio un racconto si trasforma in romanzo con idee a fiume 🙂
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Il mio problema è che coi romanzi un tempo, eccedevo con le parole. Scrivevo troppo, ed erano poi solo idee e zero personaggi, zero empatia. Carver mi ha insegnato cosa fare, cosa osservare. Il passo successivo? Vedremo…
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Va bene scrivere racconti come li scrivi tu. A me piacciono e se pure a te piace direi che non importa scrivere un romanzo 🙂
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Certo che mi piace! 🙂
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In effetti me lo chiedevo 🙂
I racconti piacciono anche a me (leggerli e scriverli, intendo), qualche volta ho il bisogno di staccare dalle letture lunghe e mi leggo un’antologia. Scriverli ti permette di esercitarti, ma anche di sfruttare idee che non possono trovare posto in un romanzo, E ecco venuta un’idea per un post 🙂
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Faccio pure il distrubutore di idee per post altrui: e gratis! 🙂
Il romanzo in effetti è un po’ spaventoso. Io sono un po’ spaventato dalla mia idea, ancora idea per adesso: perché è grossa davvero. Vedremo…
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Sono sempre stata poco a mio agio con la scrittura dei racconti. Dal mio punto di vista sono difficilissimi da scrivere, proprio per i motivi che hai spiegato. In una storia breve devi condensare tantissimo, saper scatenare fin da subito l’empatia e nel giro di poche pagine dare un senso al tutto. Per farlo con efficacia servono doti che non ho. Forse bisognerebbe dire che esiste una predisposizione al racconto e una al romanzo.
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Vero è che richiedono un certo impegno, ed è differente da quello richiesto da un romanzo. Però credo anche che se una persona scrive, può scrivere racconti. Viceversa, non so se chi scrive racconti sia capace anche di scrivere romanzi. Non ne sono così sicuro…
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I racconti mi terrorizzano, perché condensando l’idea in poco spazio sono più potenti dei romanzi e, perciò, più difficili da scrivere.
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Ti terrorizzano, accidenti! 🙂
Ma a parere mio è possibile, se scrivi romanzi, scrivere racconti. Non so se sia possibile fare il contrario, però.
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Ah, quelli bravi sono sicuramente in grado di fare l’uno e l’altro 😉
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Il romanzo, che posso scrivere in modo orribile pur avendolo frequentato a lungo come scrittore e lettore, mi spaventa molto di più del racconto, che non so gestire bene per semplice ignoranza.
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Qui però si esagera: ci si spara sui piedi! Orsù, un po’ di coraggio. Perché se non crediamo in noi stessi almeno un poco, gli altri non lo faranno di certo. 🙂
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Aah, non preoccuparti, non vuol dire che non mi attribuisca nessuna capacità 🙂 ma rispetto a quanto potrei migliorare (ammesso e non concesso che ne abbia le capacità) è poca cosa.
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Un passo alla volta! Orsù 🙂
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Come lettrice mi piacciono entrambi, anche se ho una leggera preferenza per il romanzo. Però una bella antologia di racconti, magari di Simenon… è una vera goduria! Per non parlare di Checov o di Katherine Mansfield, che ha scritto soltanto racconti nella sua vita. Come autrice “rendo” sicuramente di più con il romanzo. Non dico che scriva dei capolavori, ma mi dà più soddisfazione. Trovo che il racconto non sia affatto un genere facile, specie per me che tendo a essere una chiacchierona quando scrivo! 😉
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Forse il racconto mi ha insegnato proprio a essere conciso, a non perdermi in chiacchiere. Prima di Carver tendevo a essere molto prolisso (e non scrivevo racconti: non mi piacevano proprio). Adesso questo difetto è superato, almeno in parte. 🙂
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Ciao Marco, complimenti per il post: l’ho trovato molto interessante.
Mi sono accorto che la differenza tra racconto e romanzo è una tematica che emerge spesso, almeno tra i blog che mi capita di frequentare. Ho trovato diversi punti di vista, tutti interessanti.
Purtroppo non avrei molto da aggiungere, se non una strana abitudine che mi capita spesso quando mi metto a scrivere per i fatti miei: parto con l’idea di scrivere qualcosa di breve e, puntualmente, questo qualcosa diventa sempre più lungo. Si aggiungono idee narrative, nascono colpi di scena, mi spuntano personaggi di cui io stesso, per primo, mi incuriosisco a voler approfondirne aspetti psicologi o anche solo comportamentali. E l’intreccio si ingrossa sempre più, finché trovo la quadratura del cerchio con un finale che mi garba, accorgendomi di aver scritto 300 pagine come niente.
Il mio è un non-metodo: come avrai capito non sono uno che pianifica al dettaglio, parto da idee portanti e mi lascio trasportare. Giusto? Sbagliato? Non so. Ma in fondo, chi può dirlo con certezza?
Non mi reputo (né mi propongo) come scrittore nel senso comune del termine: scrivo e basta.
E non sono incline a distinguere tra racconto e romanzo. Parto sempre con la voglia di “raccontare una storia”: se poi questa diventa lunga o corta, articolata o semplice, popolata o meno di personaggi, arricchita o meno di sottotrame, personalmente lo ritengo tutto molto secondario.
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Grazie, innnanzitutto.
Io per adesso scrivo solo racconti, ma non mi è mai capitato di trovare una storia che avesse bisogno di più respiro. O forse è successo ma ho ritenuto più interessante un dettaglio, a mio parere più significativo, e ho scritto solo di quello.
Nemmeno io pianifico i racconti. Parto da un’immagine, e proseguo, e non so mai come andrà a finire. Lo scopro scrivendo.
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Mi spaventa il romanzo, che mi piace di più come forma narrativa rispetto ai racconti. Non direi mai, però, che scrivere racconti è più semplice, perché per essere efficace un racconto deve avere delle caratteristiche che bisogna individuare con precisione, soprattutto nel racconto devi avere chiare le idee sin da subito.
Nel romanzo mi complico la vita, ma mi piace diluire, spaziare, abbracciare più cose.
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L’accumulo dei dettagli, come diceva Flannery O’Connor, che però procede in modo diverso, a secondo se si tratti di rimanzo o racconto.
Ma forse non è che ti complichi la vita col romanzo. È complicata, e il romanzo prova a ricordarcelo. Il racconto prende un dettaglio…
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Scrivere racconti è divertente. Almeno per me. Ho le cose tutte sotto controllo, poi magari c’è bisogno di lavorarci in proporzione più che su un romanzo, ma mi pare, credo, spero, di avere le idee più chiare. E c’è meno la tentazione di divagare.
Per il romanzo ci vuole tempo, tranquillità, continuità. Che al momento non ho.
Poi l’ho scritto, un romanzo, ma è stato faticoso e non sono sicuro che sia venuto tanto bene. Ma anche quello è stato divertente. E ho imparato molto, credo.
Quanto meno ho fatto sbagli che riconosco. Non sono sicuro di non rifarli, ma almeno… sono vecchi amici, ho più speranze di tenerli al loro posto.
Però il racconto è diverso. Rimane sempre il mio preferito.
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Scrivere racconti diverte anche me, e un po’ mi fa sentire in colpa. Perché scrivo spesso di gente nei guai. Però ho capito che se non ci si diverte, non è possibile scrivere come si deve. Il divertimento, e quindi il piacere della scrittura, aiutano ad affrontare meglio l’impegno. Si ottiene un migliore risultato, almeno spero, se si scrive con uno stato d’animo spensierato. La storia acquista maggiore peso, se si è leggeri…
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[…] scorsa settimana Marco Freccero ci ha detto perché preferisce scrivere racconti e non romanzi. E da lì m’è venuta l’idea per questo post, non perché anche io li preferisca […]
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