E così pure qui è sbarcato il celeberrimo “benaltrismo”.
Tutto nasce da una chiacchierata con la scrittrice Morena Fanti che mi consiglia di scrivere qualcosa sui temi che vanno per la maggiore! E quali siano, be’, basta dare un’occhiata a quello che agita il Paese (perché non provare con una robusta camomilla, così si calma?).
Io le ho risposto che non sono interessato.
“Pazzo!” penserai; ma no, anzi. E adesso ti spiego cosa mi interessa…
Chi tu chiamerai?
E secondo te chi chiamerò, a chi mi rivolgerò per spiegarti cosa penso io?
Esatto, a Dostoevskij!
Lui era un mago. Nel senso che prendeva episodi della cronaca nera, e poi ci costruiva i suoi romanzi. Cavalcava l’onda, si dirà. Per niente. Se avesse cavalcato quell’onda non staremmo più a parlare di lui.
Il buon Dostoevskij infatti ci pensava su. Lo so che un sacco di guru dicono che devi battere il ferro finché è caldo. Che devi buttare fuori prodotti su prodotti. Perché solo in questa maniera riuscirai ad attirare l’attenzione del pubblico, degli editori.
Lo so. Ma non funziona così; o meglio, funziona per pochi.
Alexandre Dumas sfornava romanzi come fossero stati panini. Idem il buon Charles Dickens.
E adesso facciamo finta che il sottoscritto non sia né l’uno, né l’altro; e in effetti io non sono né l’uno, né l’altro…
Che si fa?
Calma e gesso
Innanzitutto calma e gesso. Non è possibile permettere a chicchessia di dire a te, o a me, come dovremmo fare. Come dovremmo comportarci.
Sì, il mercato; certo, il pubblico. Però. Io ci ho pensato a lungo e so (lo riscrivo anche maiuscolo: SO), che il pubblico è una bestia ben strana. Meglio quindi non badargli troppo, e percorrere la propria strada.
C’era un poeta e scrittore islandese, Thor Vilhjialmsson, che in una delle sue ultime interviste spiegava che era stato fortunato. Aveva trovato infatti un editore che non si preoccupava molto del denaro, dei profitti. E questo aveva permesso a lui di scrivere e pubblicare. Senza grande successo, certo. A me piacciono le sue storie, ma le consiglierei a pochi, sono certo che pure in Islanda non vendesse a vagonate.
Quindi?
Basta un clic
Ah, già: qui bisogna chiudere il post con qualcosa di solenne. All’inizio ho ribadito il mio disinteresse per la moda, e il desiderio di scrivere di “ben altro”. E adesso tu te ne stai lì e ti domandi:
“Ma di che cosa parli allora nei tuoi racconti?”
Basta un clic per scoprirlo. Che fai, esiti? Tentenni? Eppure dici sempre che ti piace “scoprire” nuovi autori. A parte gli scherzi.
Credo di aver spiegato anche fin troppo che i consigli dei guru mi lasciano indifferente, ormai. Ecco perché non vendi un tubo, starai pensando. Errore! Se non vendo un tubo, o vendo molto poco, è perché non ho mai affrontato in maniera seria, la faccenda.
Dire che “I racconti non vendono, spiacente” significa fare un grosso errore.
Non problema ma opportunità
Si può semmai dire che i racconti sono più ardui da “spiegare” al lettore, rispetto al romanzo che può contare su antagonista, protagonista, e via discorrendo. Tutti ingredienti che, confezionati con una certa maestria, permettono di proporre al lettore l’opera. I racconti hanno protagonisti diversi, antagonisti sempre diversi… Insomma è un problema.
Eh no! Ma allora sei proprio una testa dura! Finché scorgi il problema, e non l’opportunità, non ti schioderai dalla tua situazione. (Ah, a dire il vero sto parlando a me stesso, mica a te).
E così abbiamo iniziato questo post parlando della moda e della pressione del mercato, e abbiamo finito col parlare di altro. Forse…
La domanda delle 100 pistole
Senti la pressione della “moda” che ti spiega per benino cosa scrivere? Oppure te ne infischi?
Già 4 recensioni per “La Follia del mondo“: e in un solo mese di pubblicazione! Leggi cosa ne dicono i lettori: clicca qui.
Non seguo la moda nemmeno quando mi vesto, indosso quel che mi piace e basta. Così per le letture: leggo quel che mi piace, non quello che sta in cima alle classifiche, che va di moda. Quindi? Dovrei scrivere per moda? 🙂
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Questo sì che si chiama parlare! 🙂
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Preciso, però, che io non suggerivo di scrivere di argomenti di ‘moda’, bensì di argomenti attuali, ma solo perché a me avevano molto colpito. Ma ho subito detto che erano argomenti da ‘fanti’ e non da ‘freccero’😉
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Questo è vero. 😉
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Come diceva Retth Butker in Via col vento, francamente me ne infischio…
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Esatto. 🙂
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argomenti alla moda o attuali? Può darsi, se riescono a ispirarmi correttamente. Altrimenti niente. Poi chi mi noterebbe?
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A me non ispirano per nulla. Quindi vado per la mia strada.
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e fai bene. In effetti solo un romanzo era legato a un fatto, non di cronaca ma un anniversario.
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Se io fossi bravo come Dostoevskij o Dickens, che prendevano ispirazione da fatti di cronaca, lo farei pure io. Darei un’occhiata ai titoli dei giornali e poi… Pazienza: sopravviverò anche a questo.
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ma sei meglio di loro!
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Orsù, non esageriamo 😉
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non avere complessi di inferiorità 😀
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Ma quali sono gli argomenti di moda oggi?
È più un genere che va di moda: la fantascienza, forse l’erotico?
Parlare di “erbacce” è abbastanza attuale.
Tu hai scritto le tue storie nel momento giusto, non credi?
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Sì, certo. Ma se guardo al cinema, che è al momento è il mezzo di divulgazione per antonomasia, che cosa troviamo? Molta fantascienza, molti supereroi. Sono quelli che vanno per la maggiore. Si potrebbe replicare che non vuol dire molto, perché non parla a tutti, certo; di sicuro indica che la tendenza, al momento, è voltare le spalle alla realtà delle erbacce. E qualcuno potrebbe ribattere: “Be’, ma anche lì in filigrana…” Forse.
Ma credo che la parola abbia ancora una asprezza, che è una sua caratteristica specifica, e che non si trova da nessun’altra parte.
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Credo che Marina abbia colto nel segno. Ti sto leggendo ora, trovo molto attuale tutto ciò che proponi nei tuoi racconti. Alcuni sono un vero e proprio calcio nelle palle, personaggi ai margini che ti lacerano il cuore. Io non seguo le mode, poi, incidentalmente parliamo di cose che non conoscono fine. Il disagio, i disagi, la speranza, la solitudine, non hanno tempo.
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Vero, non hanno tempo. E tuttavia mi pare che l’andazzo sia quello di volgere lo sguardo altrove. Di attendere che chi disturba, sparisca senza troppo rumore.
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Abbi fede. Hai molte cose da dire, è più facile che sparisca uno come me. Credo che tu abbia un grande talento, ringrazio Marina che mi ha permesso di conoscerti come autore.
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Rimango dell’idea che voi esagerate. Comunque, dal vivo sono una “sola”, ecco. Così bilanciamo un po’ tutto quello che dite 😉
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Bè, allora tentiamo qualcosa a quattro mani, tu “sola” io “cazzaro”. Dai, dai, scherzi a parte, da scribacchino esordiente guardo sempre con occhio attento chi ha qualcosa da dire. Ma sopratutto chi scrive senza tanto stare a menare il belino agli altri, poche chiacchiere e scrive, scrive, scrive. Scusa il linguaggio diretto, ma alle volte leggo delle prese di posizione da parte di autonominati eccelsi, chiarissimi, eccelsi, esperti di letteratura e scrittura che corro il rischio di risalita nel canale inguinale dei gioielli di famiglia.
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Me ne infischio, però mi trovo spesso a scrivere cose che nascono da qualche episodio che mi ha colpito. Ma non è detto che sia andato in TV o che interessi qualcun altro oltre me. Magari sì. Magari, dico io.
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Credo che una storia debba essere interessante (come diceva Henry James, mi pare), ma che poi colpisca l’interesse dei lettori è un altro paio di maniche…
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