4 mesi, 8 recensioni: è giusto parlare di successo?


copertina la follia del mondo

 

Il 2 dicembre «La Follia del Mondo» appariva sui principali store online. Adesso siamo ad aprile e se vado su Amazon trovo 8 recensioni. Per questa ragione mi sono domandato se potessi fregiarmi del titolo di «Raccontastorie di successo»; e ho risposto di sì. Poi mi sono posto un’altra domanda: ma quando si può iniziare davvero a parlare di successo? È misurabile? Come? E il successo, questo successo, il mio successo: ha un senso oppure è solo l’illusione di un povero vecchio?

Il successo è anche nei piccoli numeri

Bella domanda, e anche un po’ inutile.
Un sacco di persone considera questi numeri ridicoli, e queste riflessioni a dir poco prive di senso. Se però vado a dare un’occhiata ai 100 ebook più venduti scopro sì dei numeri grandi e grossi (parlo di recensioni, certo); ma ce ne sono anche altri che non sono poi così distanti dai miei. Basta dare un’occhiata.

classifica amazon
Quando scrivo queste frasi, è il mese di marzo del 2017, è bene tenerne conto perché la situazione adesso sarà differente.
Alcuni di questi titoli sono presenti su Amazon da molto più tempo: «Il cerchio celtico» da gennaio 2011, mentre «Se il mondo ti crolla addosso» è apparso nel 2012. E sono entrambi a 11 recensioni, nel momento in cui scrivo. C’è da tenere presente che il primo libro è di un’ottima casa editrice (Iperborea), che ha un pubblico ben motivato e che premia ogni sua pubblicazione. Io per esempio ne faccio parte.
L’altro è della Feltrinelli.
Sia loro, che io, possiamo solo migliorare. Ma di certo lo scopo di questo post, che a prima vista pare la sviolinata a sé stesso di un raccontastorie ligure, ha anche un altro scopo.
Non bisogna avere paura di chiamare «successo» i piccoli risultati che si ottengono.

Chiamale se vuoi, emozioni

Perché a me pare evidente che ho conseguito in breve tempo… un grande successo. Ho acquisito un nocciolo duro di estimatori che ci mettono la faccia. Che prendono la tastiera del loro computer e scrivono per esempio delle recensioni. Su Amazon, o altrove. Il fatto poi che siano passati oltre quasi 3 anni dall’uscita di «Non hai mai capito niente», non vuol dire molto. Solo che posso e devo solo migliorare. Arrivare a più pubblico, per esempio.
Come?
Credo che la risposta sia un po’ sempre la stessa: cercare di parlare poco delle proprie opere, e al contrario spiegare chi sono e perché sono qui.
Un po’ di tempo fa ricordo che il blogger Concetto Marco Amato replicava a un mio commento, e ricordava che si emerge davvero quando si riesce, attraverso le proprie storie, a comunicare al lettore delle emozioni. E lui però spiegava che il come era un altro paio di maniche.
Io infatti cerco ancora quel paio di maniche lì; e non è facile.

Emozioni! Emozioni fresche!

Anche perché io non parlo affatto di emozioni, o se lo faccio accade a mia insaputa. Sul serio. Non funziona così:

«Adesso scrivo questo racconto per raccontare questa emozione.»

No, niente del genere. L’ho già scritto svariate volte su questo scalcagnato blog: non so mai di che cosa parlerò quando inizio a scrivere un racconto. Non c’è nulla di pianificato. Non conosco il finale, zero. Cerco solo di raccontare una storia nel modo migliore.
Stop.
Resta il problema di come «vendere» le emozioni che una storia, un libro elettronico, trasmette. Lo so che strabuzzi gli occhi perché hai letto quel verbo lì: vendere. Ma si tratta di quello, in fondo. Piazzare; vendere appunto.
Per un po’ di tempo mi sono incaponito a leggere su Amazon le sinossi di raccolte di racconti: quelle di Raymond Carver, Richard Yates, Flannery O’Connor, Richard Ford. Per capirci qualcosa, trarne ispirazione, presentare meglio quello che io ho scritto.
Ma temo di aver perso del tempo. Perché io non sono come loro (mi pare evidente), ed essi possono contare su un vantaggio gigantesco rispetto al sottoscritto.
Hanno alle spalle una casa editrice. Già solo questo li mette in una condizione di evidente vantaggio; ma fa comunque risaltare parecchio il successo che un piccolo autoeditore come il sottoscritto ha conseguito.
In conclusione?

Il definitivo, grande BOH!

La conclusione non esiste per fortuna; perché devo procedere. La Trilogia delle Erbacce deve ancora arrivare al grosso del pubblico. Poi c’è anche «L’ultimo giro di valzer», e non posso certo tacere del #progettoIOTA.
Di carne al fuoco insomma ne ho parecchia. Credo che sia fondamentale investire sul mio nome e cognome; o marchio.
Per il resto: BOH!

La domanda delle 100 pistole

Come vendi le tue emozioni?


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