Sappiamo che per scrivere una storia occorre rispettare delle regole: bene. Le impariamo, come è giusto che sia, o in famiglia, o a scuola, o in entrambi i luoghi (e pure in altri posti). Hanno un sacco di ottimi vantaggi, ma anche un difetto. Se non si fa attenzione diventano Leggi Immutabili, e saranno poi esse, e non noi, a osservare il mondo. Questo è un bel problema; ma se hai l’ambizione di scrivere storie, rischia di diventare un enorme problema.
La vita è davvero grande e grossa
Infatti la scrittura dovrebbe indicare le sfumature. I dettagli. Le regole ci sono (a proposito: quelle grammaticali o di sintassi cerchiamo di rispettarle!), ma una storia con una qualche ambizione deve per forza di cose vivere e respirare in un mondo dove sono le sfumature (o i dettagli), a farla da padrone. Il problema di certe regole è che impediscono di vedere quanto è grande la vita. Perché la vita è grossa, complicata e grande. Ma non tutti hanno voglia o intenzione di parlare di questo. Nelle loro storie c’è una vita che vive dentro una camicia di forza. Lì è tutto semplice: bianco o nero. Giusto o sbagliato.
Nel nostro romanzo «L’ultimo giro di valzer» la storia era «complicata», ma non nel senso che di solito si dà a questo termine. Per esempio: sappiamo che un uomo sposato, o impegnato con una donna, dovrebbe comportarsi in un certo modo. E invece… L’amante dovrebbe, una volta scoperte alcune cose su di lui, fare una scelta decisa; e troncare.
Ma questo non accade. Per quale ragione?
L’essere umano è più grande delle regole che egli stesso crea.
Sappiamo che un matrimonio, anche se non sancito: diciamo allora una coppia; dovrebbe comportare sincerità, fiducia. Ma altrettanto bene sappiamo che questo non succede e si verifica il tradimento.
Se ci si limita alla superficie delle cose, e se si gioca a fare i puristi (non della lingua ma della vita), ci si può scandalizzare e fingere che queste cose non accadano. O se anche accadono, non è roba per noi.
Un uomo e una donna si sposano, o formano una coppia e vivono per sempre felici e contenti; oppure litigano, capiscono che non sono adatti e si dividono. O bianco o nero.
Ma la vita non è questo.
Una storia almeno interessante dovrebbe indicare qualcosa che non è compreso tra il bianco e il nero. La scrittura dovrebbe esplorare il terreno nascosto dei grigi, deve mostrare ciò che non ci piace conoscere. Poi toccherà al lettore scegliere cosa combinare: se continuare a ignorare, oppure mettersi in discussione. E se scrivi delle storie e ti piace il bianco e il nero, e solo questi colori… Temo che tu abbia un bel problema!
La domanda delle 100 pistole
Che ne dici?
https://morenafanti.wordpress.com/2013/10/10/la-filigrana-contiene-i-grigi/
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😉
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figurati se non sono d’accordo con quanto affermi. Figlia di separati…altro che tonalità di grigi!
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Già. Eppure c’è sempre questa abitudine a semplificare.
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Sono in perfetta sintonia con il tuo pensiero. Il mondo dei bianchi e dei neri è già abbastanza mediocre. La scrittura dovrebbe mostrare qualcosa di diverso, cercare l’incomprensibile e provare a spiegarlo. Il conformismo fa male all’arte; eppure c’è ancora chi considera la sfumatura una ruffianeria.
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Dici una ruffianeria? A me pare che vinca la semplificazione, il bianco e il nero, appunto.
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Uhm…sfumature e grigi… aspetta, dov’è che l’ho sentita questa…?! 😀
Sto aspettando che esca il sole, per fare quella famosa foto con la copertina… uff!
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Ma ormai è sera! Per la foto dovrai aspettare domani 😉
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Che poi, perché grigi? Tra bianco e nero ci sono i colori perbacco, i colori!
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È vero! Me ne sono dimenticato 😉
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Penso anche io che nelle contraddizioni sia possibile vedere un barlume di verità. Ma coglierlo e raccontarlo rimane un esercizio difficile e, per molti versi, disturbante. Credo comunque ne valga la pena!
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Sì, è difficile. Ma se fosse facile dove sarebbe il divertimento? 🙂
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