È inutile raccontarsi favole: per scrivere un romanzo occorre tempo. Stop, fine, The End.
Lo sai vero che sto scrivendo un romanzo? Ma sì che lo sai: è il celeberrimo (be’, non ancora) #progettoIOTA, che vedrà la luce, se tutto va bene, nel dicembre del 2018. E qualcuno potrebbe pensare: “E che diavolo! Mio cugggino ne ha scritto tre in un mese!”
Che vuoi che ti dica: bravo lui, scarso io.
Scrivere è una questione di esche
È evidente che ciascuno ha il suo metodo (tranne quelli che non avendone alcuno, fanno passare questa lacuna come prova scientifica di essere dei fuoriclasse. Ma lasciamo perdere), e io ho il mio. Non so indicare bene come sia nata l’idea di questa colossale storia (dovrebbe essere in 3 volumi… Per concludersi nel 2020, o oltre). Ma a un certo punto ho iniziato a pensarci su.
Non ho scritto nulla per un bel po’, poi ho preso qualche quaderno e ho iniziato a prendere degli appunti. A sviluppare la storia, gli snodi.
Eh, gli snodi! Mica cotica!
E a un certo punto, pensando e pensando (non scrivendo, ma riflettendoci su), ho capito che dovevo modificare in maniera anche radicale la mia idea. O meglio: lei restava sempre quella, ma c’era troppa roba. Per questa ragione ho cominciato a tagliare personaggi, oppure a spostarli. Ma mancava ancora qualcosa. Doveva esserci la celeberrima esca. E qui occorre fermarsi un attimo, e ragionare (ancora? Ancora!).
La mia amica amatissima: l’ascia
Se racconti storie brevi, come i racconti della Trilogia delle Erbacce, scrivi in un certo modo. La brevità ti costringe a essere sobrio, efficace (io almeno lo spero).
Il romanzo è qualcosa di differente; no, non è quella faccenda che ti permette di scrivere un sacco. Niente di più sbagliato. L’efficacia, al contrario, deve essere spinta ai massimi livelli: ma come? E che vuol dire efficacia? Ma sono qui io a spiegartelo (credo)!
Efficacia vuol dire non far addormentare il lettore. Indurlo a girare pagina. Mettergli a disposizione un’esca che lo attiri, lo metta in condizione di proseguire nella lettura.
“Ah. È accaduto questo. Bizzarro assai! E adesso?”
Peccato che nella mia storia non accadesse nulla del genere. C’erano pagine, forse anche interessanti, di personaggi che parlavano, si incontravano, discutevano… Ora, io so di essere una sagomaccia, e un sacco di gente mi segue perché pensano che sia una delle 3 persone più divertenti del Mondo Occidentale. (Lo pensano loro, io riporto solo l’opinione corrente). Però il mio fascino irresistibile, e il mio finissimo umorismo di stampo inglese non era sufficiente.
Piaceva a me, ma faceva schifo. E che si fa in un caso del genere?
Ci si rivolge alla fidata ASCIA.
Vale a dire: ho gettato via tutte le idee su come sviluppare l’inizio della storia. Era una prolissa e poco sugosa narrazione che non faceva scattare un bel nulla. Richiedeva in chi legge uno sforzo inutile, e una pazienza che era meglio applicare ad altri campi.
Un bel colpo d’ascia, e a questo punto si sono messo al lavoro sul serio.
Vale a dire?
Un colpo d’ascia è un colpo d’ascia. Quindi l’incipit che mi pareva bello e azzeccato, e un’esca perfetta, ebbene: cancellato.
Se si scrive un storia è perché succede qualcosa. Ecco: ho scritto un incipit dove succede qualcosa, quasi subito.
Bam! (Questa la capirai solo nel dicembre del 2018, o giù di lì).
E poi? Mica finisce qui. No! Perché poi faccio succedere anche un’altra cosa, per rendere la narrazione più interessante ancora, e alzare l’asticella.
Non avrò esagerato? Buona domanda!
In effetti ho pensato di aver messo troppa carne al fuoco nelle prime pagine. Di certo il lettore o la lettrice dovrebbe essere indotto a pensare:
“Ma che diavolo… Ah. E quindi?”
E il secondo colpo di scena è in fondo una conseguenza del primo.
Non può avvenire dopo? Qualche giorno dopo, per esempio?
No, non è possibile. Ma adesso bisogna chiudere questo post…
Scrivere è un’altra faccenda
Perché qui c’è una lezione mica da ridere. Come ho scritto all’inizio: occorre pensare. Le idee sono tutte affascinanti finché non inizi a lavorarci sul serio. Allora o lo perdono, il fascino, oppure lo acquistano in maniera definitiva. O evaporano, oppure si dimostrano forti. O cascano a terra per non alzarsi più, oppure iniziano a camminare spedite.
Ecco perché la gente è innamorata delle idee: non impegnano.
Scrivere è un’altra faccenda.
La domanda delle 100 pistole
Quante volte cambi idea sull’incipit?
“Un colpo d’ascia è un colpo d’ascia. Quindi l’incipit che mi pareva bello e azzeccato, e un’esca perfetta, ebbene: cancellato”. Vedi? Avevo ragione io quando ti dicevo che di solito l’incipit cambia? 😀 Perché, giustamente, come scrivi dopo: “Perché qui c’è una lezione mica da ridere. Come ho scritto all’inizio: occorre pensare. Le idee sono tutte affascinanti finché non inizi a lavorarci sul serio. Allora o lo perdono, il fascino, oppure lo acquistano in maniera definitiva. O evaporano, oppure si dimostrano forti. O cascano a terra per non alzarsi più, oppure iniziano a camminare spedite”.
Io credo di averlo cambiato poche volte. Quello de “Le parole confondono” volume primo l’ho cambiato proprio verso la conclusione della storia, e quando iniziai l’editing.
Per gli altri non è successo perché avevo le idee più chiare, ma è comunque tutto relativo. A volte basta anche invertire di ordine qualche paragrafo o eliminarlo o aggiungerne uno.
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È vero, a volte basta poco, basta spostare questo o quello. Ma a volte l’ascia è una benedizione 😉
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Sì, è un gran casino. Ti capisco. Per quelli come me che non sono in grado di progettare forse anche di più. Probabilmente i risultati si vedono 😀 , mi riferisco alla mancanza di un progetto intendo. Pazienza. La tua scrittura è molto accurata, oltre che a essere veramente bella. Tieni duro.
Per rispondere alla domanda, io parto sempre dall’incipit, che per me è l’idea della storia che mi frulla in testa, poi spesso a fine opera lo cambio.
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Ah, interessante. Lo cambi alla fine. A me è capitato ma di rado. Meno di 5 volte, credo.
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Io non lo cambio (nel senso di ‘idea’). Posso cambiare (aggiustare, sistemare) le parole ma l’incipit rimane quello.
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Corbezzoli! 🙂
Be’, il più delle volte l’incipit resta quello pure per me; magari tolgo un aggettivo, cambio il sostantivo. Ma rimane più o meno lui. Qui no; qui ho stravolto tutto, anzi, ho tagliato tutto.
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quante volte cambio idea sull’incipit? Ogni volta che lo rileggo. 😀
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Accidenti! Ma tu esageri! 😉
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infatti poi smetto di leggerlo 😀
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Lo sviluppo dell’idea è un processo lungo e complesso; non puoi accelerarlo con la forza di volontà. Per la nuova storia ho deciso di concedermi tutto il tempo necessario, anche perché sento dove le idee si fanno forzate, e sono più esigente che in passato. Così mi succede di avere un quadernone pieno di appunti che si contraddicono più volte, senza per questo avere trovato la via… e poi, qualche giorno fa, mi viene un’idea sulla struttura che si trascina dietro cambiamenti di ogni genere. Adesso – evviva! -si inizia a parlare di una vera storia. 🙂
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Io da quando ho usato l’ascia mi pare che fili meglio. Poi magari non ne farò nulla, chissà… 🙂
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Nell’ultimo romanzo? Tre. Ogni tanto penso se inserire qualche specialone perché temo sempre che non sia abbastanza. Invece una storia è una storia. L’importante è raccontarla. Ci vuole tempo, come dici tu nel titolo efficace di questo post
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Però: tre cambi! Niente male. Io credo di essere a posto così. Però come si dice? Mai dire mai!
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Ciao Marco, il tuo post è uno spasso. L’ascia, la scure, la motosega… l’importante è tagliare, tagliare e ancora tagliare, non v’è alcun dubbio. Ogni parola in più a quella giusta, è sprecata;)
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Felice che ti sia piaciuto. Alla prossima! 🙂
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