Eccoci a una nuova intervista. Stavolta l’attenzione è puntata su Silvia Algerino, una scrittrice che ha scelto il crowdfunding per pubblicare il suo romanzo: “Come se fossimo già madri”. Questa sarà perciò l’occasione per continuare a esplorare questa pratica: il crowdfunding (ma non solo).
Buona lettura.
Da un po’ si sente parlare di “crowdfunding”, e per alcuni non è altro che “editoria a pagamento”. Puoi spiegarci per bene di che cosa si tratta, e perché NON si tratta di editoria a pagamento?
Il crowdfunding è una pratica in via di diffusione che prevede il sostenimento dal basso di un progetto. Il concetto di base è quello della sostituzione della figura del mecenate: anziché un solo promotore che investe molto, tanti piccoli sostenitori che investono una piccola cifra.
Ci sono molti tipi di crowdfunding, quello in oggetto è il reward-based che vuol dire che il sostenitore investe una cifra a fronte di un compenso. In pratica si realizza una prevendita del libro non ancora pubblicato. Se il progetto raggiunge lo scopo prefissato, cioè la prevendita di un certo numero di copie, verrà pubblicato e il sostenitore riceverà la sua copia, altrimenti verranno restituiti i soldi.
Dietro questa pratica c’è una filosofia complessa e non ha niente a che vedere con l’editoria a pagamento per molti motivi, ma quello più evidente è la duplice selezione iniziale: quella della piattaforma e quella del mercato.
Per te che cosa vuol dire essere un’autrice grazie al crowdfunding? O meglio: come è cambiato il tuo modo di scrivere, il tuo lavoro di scrittrice quando hai deciso di imbarcarti in questa avventura e di “fare sul serio”?
La mia avventura è nata per caso. Ho conosciuto il crowdfunding quando ancora non era applicato nell’editoria e ho subito sposato questa filosofia sostenendo parecchie cause prima sociali poi applicate alla musica con musicraiser. Per cui quando è nato per l’editoria sono stata tra i primi a buttarmi. Tuttavia questo mi ha permesso di mettermi in gioco e di diventare ancora più severa con me stessa. Non per nulla tra la fine della mia campagna e la pubblicazione sono passati due anni. Non mi interessa pubblicare tanto per pubblicare, mi interessa proporre un prodotto di livello accettabile prima di tutto per rispetto verso i sostenitori e i futuri lettori, ma anche verso me stessa
Quali sono, a tuo parere, i miti da sfatare attorno all’autoeditoria?
Tutti quelli che riguardano le generalizzazioni in genere. Inoltre credo che ci sia di fondo una grossa confusione tra categorie concettuali diverse, ovvero tra contenuto e contenitore.
L’autoeditoria, così come l’editoria tradizionale, il crowdfunding e persino l’eap, sono semplici contenitori: strumenti per pubblicare e come tali possono essere utilizzati bene o male. Se vengono usati per turlupinare l’autore e/o il lettore chiaramente non va bene. Spesso però si confonde il cattivo uso dello strumento con il valore dello strumento stesso.
Anche la ruota, che pure è stata una delle invenzioni più rivoluzionarie e importanti della storia dell’uomo, se viene usata per pestare dita dei piedi alle persone non fa un gran bene. Ma la colpa è della persona che la utilizza male, non della ruota.
Il problema più grande per un autore alle prime armi è quello della discoverability: farsi trovare dai lettori. Secondo te, qual è la prima mossa da fare: blog? Gruppo Facebook? Twitter? Google AdSense? (Oltre ad avere scritto un’opera almeno interessante, è ovvio). Oppure sono superflui?
Io credo che non si possa dare una risposta univoca. Penso che ogni autore debba iniziare dalla via che gli è più consona e costruire una buona rete di contatti. La difficoltà inizia quando diventa necessario uscire dalle proprie cerchie e far sì che siano i propri contatti a farsi promotori e a loro volta aprano le loro cerchie. In questo senso avviene una sorta di passaparola virtuale che, grazie agli strumenti che ci sono oggi, può davvero funzionare. Però non si può prescindere dal prodotto e dalla capacità di presentarlo. Io continuo a credere che, più che lo strumento utilizzato, la vera scommessa sia la qualità dell’opera.
Puoi rivelarci, se ti va, quali sono gli errori che hai commesso nella costruzione della tua piattaforma di fan?
Secondo me uno degli elementi più importanti è la costanza. Ammesso di aver individuato il target giusto, è necessario coltivare continuamente i propri contatti ed essere generosi di contenuti. Io spesso non lo faccio. Spesso per scarsità di tempo, ma a volte per mancanza di convinzione e per mia disorganizzazione personale.
“Studiare il mercato, individuare il pubblico, e scrivere di conseguenza la storia”. Concordi con questa strategia, oppure la consideri una strada che porta a produrre libri tutti uguali?
Sicuramente è una buona strategia di marketing, se l’obiettivo principale è vendere. Io però continuo a dare maggiore importanza alla storia, anche perché non mi interessa scrivere per vendere né arrivare al successo, almeno per come si intende comunemente il successo. Io ho bisogno di innamorarmi di una storia, solo allora riesco a scrivere. Purtroppo è un mio grosso difetto anche sul lavoro. Se non credo intimamente nel progetto a cui lavoro non so dare il meglio di me.
Pensi che sia necessario frequentare dei corsi di scrittura creativa (oltre a leggere tantissimo)?
Io credo che la formazione sia fondamentale in ogni campo. Oggi il web ci dà la possibilità di imparare molto dagli altri, sia che si tratti di veri e propri corsi di scrittura creativa sia che si tratti di frequentazione di blog o di discussioni tra addetti ai lavori. Poi, come in tutte le cose, sta a chi sta imparando avere l’umiltà di capire i propri limiti e l’arguzia di “rubare” le tecniche altrui. Ciò che è necessario è accettare di fare la gavetta e non sentirsi mai arrivati. Però ammetto che se potessi permettermelo, sia a livello economico sia logistico, un corso di scrittura lo farei.
Le cose che un autore deve fare assolutamente
Penso che prima di tutto un autore debba rendersi conto che per poter pubblicare un libro non basta scrivere. Deve cioè sostituirsi alla casa editrice e mettere in campo tutte le azioni necessarie a pubblicare un testo di qualità, che prevedono editing, grafica, marketing. Molto probabilmente non potrà fare tutto da sé e si dovrà affidare a dei professionisti, come per altro fanno le case editrici stesse, ma dovrà avere la capacità di coordinare tutti gli aspetti della pubblicazione esattamente come una casa editrice tradizionale. Essere un autoeditore vuol dire essenzialmente diventare un imprenditore.
Le cose sulle quali non vale la pena perdere tempo ed energie
Penso che non valga la pena di utilizzare strumenti in cui non si crede e che non sono conformi alla propria natura. Ci sono talmente tanti strumenti che è inutile inseguirli tutti, almeno inizialmente meglio puntare su quelli che si sentono più vicini a se stessi. Tra l’altro sono scelte che contribuiscono anche a creare una buona brand identity e che permettono di distinguersi dagli altri.
Quali sono i libri di formazione alla scrittura da leggere a tutti i costi?
Questa è una domanda molto difficile considerato che esistono davvero decine di libri utili alla formazione, a partire da Omero fino ai classici e ai contemporanei, e che invece di tempo a disposizione ce n’è sempre troppo poco. Io penso che, più che su quali testi leggere, si debba ragionare su come leggerli. Io, per esempio, proprio perché consapevole di essere molto debole sui dialoghi, negli ultimi mesi ho letto parecchi libri concentrandomi su questo aspetto e cercando di analizzare le strategie dei vari autori. In questo senso mi è stato molto utile Cormac Mc Carthy. Sui racconti, invece, altro mio punto dolente, ho scoperto molto attraverso Carver, ma anche con James Herriot. Insomma, c’è da imparare da ogni testo che si legge.
Parlaci un poco del tuo romanzo “Come se fossimo già madri”.
Il mio romanzo parte da una considerazione che mi sono trovata a fare non appena è nato il mio primo figlio: esistono molti modi di intendere la maternità ma, per quanto tendiamo a credere che ci sia un modo migliore degli altri e che sia il nostro, il giusto assoluto non esiste.Tutti in qualità di genitori commettiamo degli errori che peseranno sul futuro dei nostri figli. Ed è una realtà che dobbiamo imparare ad accettare, sebbene continuando a fare del nostro meglio affinché ciò non accada.
In questo romanzo racconto le vicende di quattro donne che si incontrano in ospedale al momento del parto. La morte improvvisa della madre di una di esse le porta a confidarsi tra di loro, a condividere il loro piccoli segreti e i loro dubbi, generando una strana amicizia destinata a durare una notte soltanto. Spesso anche nella vita reale gli incontri fortuiti possono essere rivelatori e funzionali ad aprirci verso posizioni che rifiutavamo a priori. Allo stesso tempo, a volte, una strana magia ci permette di rivelare i nostri piccoli segreti più facilmente a una sconosciuta che a un’amica o un familiare.
Grazie di cuore, Marco, per questa intervista e per queste domande veramente stimolanti.
Posso dirvi che mi chiamo Silvia Algerino, che sono nata quasi 44 anni fa.
Amo scrivere ma, come tutti, prima di tutto, sono stata e sono una lettrice.
Credo che imparare a leggere sia il primo passo per imparare a scrivere. Per questo sono tornata alla base, all’origine e ho cercato di capire ciò di cui non mi ero ancora accorta.
Mi piace osservare la scrittura creativa dal punto di vista del lettore, perché scrivere è affascinante, ma leggere è ciò per cui scriviamo.
Inoltre mi interesso di crowdfunding. Mi affascina questa pratica perché la trovo estremamente democratica e in grado di far emergere chi davvero merita.
Nel 2015 ho fatto la mia campagna con Bookabook per la pubblicazione del mio romanzo Come se fossimo già madri che è stato pubblicato nel mese di giugno del 2017, e da allora seguo volontariamente come mentore i nuovi crowdfunder.
Sono una fervida sostenitrice della collaborazione on-line e off-line e mi piacciono le persone che non si risparmiano mai.
Ovviamente Silvia ha anche un sito: Lettore Creativo.
Ancora grazie, Marco, per avermi invitata e ospitata. Anche se leggere “scrittrice” nel titolo mi fa un po’ tremare i polsi… 🙂
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Volevo mettere “ebanista” ma mi sembrava poco adatto 😉
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Che bellissima intervista, sarà che la protagonista mi piace molto, ma ogni risposta ha ben caratterizzato l’argomento. Sarà che Silvia ha il dono di spiegare semplice, ma sul discorso contenitore-contenuto non ci sono dubbi, e la ruota lo definisce bene.
Del suo romanzo invece posso solo consigliarne la lettura proprio per dimostrare quanto sia una scrittrice la timida ragazza in questione.
Bravissimi entrambi.
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Grazie.
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Sono assolutamente d’accordo – non esiste una via “giusta” alla pubblicazione, l’importante è seguire al meglio quella che si è scelta.
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Tutto vero.
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Come se fossimo già madri è arrivato settimana scorsa, zitto zitto, quatto quatto, stava nella cassetta della posta. Oh… adesso devo decidere che vestiti lasciare a casa per portarmi in ferie tutti sti libri (e tutti cartacei me li son scelta! 😛 )
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Fate come noi giovani: digitale 😀
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Una bella intervista, bravo Marco che con il tuo blog dai visibilità ai nuovi autori. Io ho letto Come fossimo già madri e mi è piaciuto moltissimo, molto bello, si legge tutto d’un fiato.
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Speriamo che serva a guardare ai nuovi autori con più interesse…
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ormai sei uno specialista nelle interviste che conduci con grande acume, lasciando parlare l’intervistato senza suggerirgli le risposte.
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Dici? Può darsi… 🙂
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dico, dico
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