Già, come è nato il racconto che ha finito col dare il titolo alla mia raccolta? Parliamo oggi de “La Follia del Mondo”, esatto. Siccome alcuni lettori di questo sgangherato blog hanno dichiarato di aver piacere a conoscere la genesi di certi racconti, i problemi e le soluzioni… Be’, mi sono detto: procediamo!
Luce e tenebra
Certo, non è che ti devi aspettare chissà che cosa. Come avrai ormai capito io ho un certo modo di lavorare, e non posso certo cambiarlo ogni volta che scrivo un nuovo racconto: ci mancherebbe altro! Il mio povero cervello, dove albergano pochi neuroni, esploderebbe.
Uno dei temi ricorrenti dei miei racconti, e forse mai come nell’ultima raccolta: è il lavoro. Qui però ho deciso di spostare la mia attenzione su una piccola commerciante che possiede una cartolibreria. L’ha aperta suo padre, un uomo che teneva in grande considerazione la cultura, e che giudicava la figlia, in quanto donna, qualcosa di poco conto.
Ecco: se lui si vantava, proprio con la figlia, di fornire armi a un esercito che combatte contro l’ignoranza: ebbene. Non farà mai nulla per combattere la scoliosi che alla figlia piegherà la schiena. Perché sono tutte sciocchezze, e le donne sono stupide.
Mi pareva quasi naturale mostrare come una persona (il padre, certo), che in teoria dovrebbe essere in un certo modo, ha in realtà un lato cupo che coesiste perfettamente con quello “luminoso”.
Ma non mi interessava affatto questo argomento: la protagonista è lei, infatti. Lui lo liquido in breve tempo.
Una persona perbene
Non avevo le idee chiare quando lo scrivevo. Di sicuro la cartolibreria va male e lei vende l’appartamento per salvare l’attività. Vive nel retro del negozio. È questa la follia, starai pensando? Be’, no. Troppo facile.
Alla fine si rende conto che non ha più scampo; e tenta l’ultima carta. Vale a dire: vendere il negozio e acquistare un piccolo appartamento. Ma…
Be’, non posso certo svelare il finale. Ho però dovuto lavorarci parecchio perché non era soddisfacente. Finché alla fine è apparsa lei, (ma non è stata farina del mio sacco): la vecchina.
La vecchina che pensa alla bella nipotina, in Svizzera (e che non si dica che i miei racconti sono provinciali: possiedono una evidente impronta internazionale! Globale!). Una vecchina perbene, tranquilla, di quelle persone di cui ci si può fidare perché, insomma: basta guardarle!
Perché la vecchina, e non una giovane donna?
Domanda inutile?
Non credo. Sarebbe stato ovvio e scontato inserire un giovane o una giovane. La storia non voleva un finale del genere, bensì la vecchina rotondetta, che ispira fiducia ma che quando non c’è nessuno a guardare, mette da parte le forme e il buon vivere da persona civile, per indossare un altro abito.
Mi pareva, insomma, che fosse un finale più cupo se c’era la vecchia.
La retorica spesso ci dice che le persone anziane sono in un certo modo. Che sono sagge: eppure la cronaca nera in questi anni ha dimostrato che non è esattamente così. Il male, come il bene, sono delle scelte, e l’essere in una condizione (di anzianità) non garantisce proprio nulla.
La domanda delle 100 pistole
E se facessi qualcosa di analogo pure per “Cardiologia”?
Dai un’occhiata a cosa pensano i lettori de “La Follia del Mondo”.
Bel personaggio quella signora sul finire del racconto. Ottimo finale per un grande racconto.
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😉
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Questo, insieme a “Appartenenza” lo ritengo tra i migliori dei tuoi racconti che ho letto – ovvio che potrebbero essercene degli altri che lo superano – Hai centrato bene il personaggio sia nella psicologia che nel modo di agire. Avere un obiettivo e fare di tutto per raggiungerlo non è cosa da poco. E la protagonista ci mette di tutto, compreso la sua esistenza.
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“Appartenenza”: magari potrei spiegarne la genesi… 🙂
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ottima occasione per spiegarne la genesi. Allora al prossimo post. Sono tutti belli ma questi due mi hanno colpito di più.
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una curiosità. Sto terminando di leggere il vostro libro a quattro mani. E’ veramente difficile scoprire chi scrive perché stile e tono letterario è veramente omogeneo. Però ho l’impressione che gli episodi con Alessandra e Francesca li abbia scritti Morena, mentre tu ha l’imprimatur di Michele. L’impressione non è legata ai protagonisti ma a un piccolo dettaglio. Mentre nei capitoli al femminile c’è una dovizia di dettagli sui luoghi, quelli di Michele i posti sono sfumati, non riconoscibili. Tutto qui
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Non abbiamo deciso di scrivere determinate parti (“questa a me, questa a te”), ma abbiamo lavorato per rendere il più omogeneo possibile lo scritto. Dovrei rileggere quelle parti per ricordare meglio, ma nessuno di noi due ha scritto solo qualcosa, o si è dedicato a certi capitoli.
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effettivamente la scrittura, lo stile e il tono narrativo è molto omogeneo. Tuttavia questo dettaglio, che può sfuggire, mi ha incuriosito. Tutto qui.
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E adesso vado subito a leggere il tuo racconto, mi hai incuriosito con la vecchia, mi sa che non tira fuori la bacchetta magica come quella di Cenerentola.
P. S. Sai che oggi mi è servito il tuo post per impostare il cartaceo su Streetlib, avevo già impostato tutto a luglio e trasmesso i files…(così mi dicevano di fare in una mail trasmessa a metà giugno) ma qualcuno ha fatto confusione (non io) e oggi per accelerare i tempi mi hanno chiesto di caricare tutto su Print…
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Ah! Sono contento che quei post ti siano serviti.
No, la vecchia non tira fuori la bacchetta magica 😉
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Devo ancora leggere La follia del mondo, sebbene è già sul kobo… adesso sono ancora più curiosa. 🙂
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Ottimo! 😉
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