Per scrivere bisogna leggere. O no?


foto marco freccero

 

Per scrivere bisogna leggere molto, anzi moltissimo. È quanto si dice e si ripete da un po’ tutte le parti. Pure io lo ribadisco e lo scrivo su questo scalcagnato blog, di tanto in tanto. In parte per darmi un tono (devo pur cercare di vendere la mia Trilogia delle Erbacce, giusto?), in parte perché ci credo.
O no?

L’istruzione nelle isole Orcadi

Sto leggendo, ma solo nei ritagli di tempo e per questa ragione ci metto moltissimo tempo, l’autobiografia di George Mackay Brown: “For the Islands I Sing”.
Non esiste in italiano.

Lui ricorda i suoi trascorsi scolastici nella scuola di Stromness, un borgo di pescatori delle isole Orcadi dove lui è nato e ha trascorso buona parte della vita.

Pure lassù davano dei temi, con titoli agghiaccianti: come da noi, esatto. Il mondo è piccolo, certo: “La vita segreta di un albero”; “Come ho trascorso le vacanze estive”.

E lui prendeva sempre voti alti, era additato come esempio dall’insegnante. Perché, pensava costui, George leggeva.

Be’, non proprio.

Shakespeare…

In realtà in casa sua di libri se ne vedevano pochi. Erano, se non ricordo male, sei o sette tra fratelli e sorelle. La madre faceva la casalinga, il padre il postino, il sarto… Si arrangiava insomma. E George leggeva riviste, fumetti.

Scriveva dei temi che ottenevano quegli apprezzamenti e quei voti così alti non perché leggesse libri, ma fumetti. Quando sarà adolescente, il suo sogno sarà quello di scrivere sì, ma di calcio. Il giornalista sportivo, insomma.

Soltanto quando approderà all’istruzione superiore e si inizierà a parlare di Shakespeare lui sentirà qualcosa.

Mi rendo ben conto che come esempio non è granché: i temi di scuola sono sempre atroci. Gli insegnanti qui o nelle Orcadi volevano solo che si consegnasse loro dei fogli fitti di scrittura. E mi rendo conto che il titolo del post è un po’ buttato lì, scritto per attirare l’attenzione dei lettori.
Però…

I primi e gli ultimi

Però questo episodio dimostra anche l’esistenza del talento, che alcuni hanno, e altri no. Per fortuna.
In quella classe, con George, forse c’era qualcuno che a casa i libri li aveva (non moltissimi: Stromness non era certo una cittadina ricca, agli inizi del Novecento). Li leggeva, forse; ma non otteneva affatto i risultati, i voti di George.

Non aveva il talento.

E cosa accade di solito? Che a liceo vediamo gente che prende 9 in italiano, 9 in greco, 9 in latino, e ci si aspetta chissà cosa. E poi accade qualcosa di aberrante, signori miei!

Che qualcuno che non ha mai avuto voti del genere, scrive. E scrive pure bene. E loro? Quelli che avevano quei voti così alti?
Boh!

La domanda delle 100 pistole

Quali terrificanti temi dovevi scrivere a scuola?


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29 commenti

  1. Per scrivere bisogna leggere: vero. Anche questo assunto però può diventare pericoloso, se la gente si limita a leggere senza capire e senza fare propri i contenuti che acquisisce. Dobbiamo ricordarci che non siamo scatole nere, ma teste pensanti. Senza interiorizzare, non si impara nulla.

    P.S. Sono arrivata all’esame di maturità con 10 di italiano. Ho impiegato 5 anni per raggiungere l’obiettivo, ma alla fine ce l’ho fatta. In un Liceo Classico. Il secchione della classe non ha ancora ricominciato a parlarmi, dopo questo grave affronto. Non ero brava come lui (pur viaggiando sulla media dell’8) però scrivevo meglio e sapevo “entrare” nei testi. Infatti ora è ingegnere informatico e io scrittrice. ;).

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    • Esatto! Io penso sempre che occorrano corsi di lettura, non di scrittura. Quella semmai dopo, ma molto dopo. La gente non legge: scorre le pagine. Infatti quando fai notare loro qualcosa di lapalissiano a proposito di un testo, quasi svengono.

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  2. alle superiori facevo solo i temi di letteratura o storia, non mi andava certo di esporre le mie teorie coi temi di attualità. 🙂
    il talento è fondamentale, ma una volta trovai questa frase (forse di Baricco?) sulla quarta di un manuale di scrittura creativa: “un pugile che ha talento, se non si allena sul ring le prende”. leggere secondo me è un po’ allenare quel talento e magari anche circoscrivere la propria presunzione. tutti ci diciamo che omero non aveva granché da leggere eppure guarda che capolavori ha sfornato, però nel mondo di oggi anche uno di talento che non leggesse e tirasse fuori l’odissea sarebbe tacciato di scarsa originalità 😉

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  3. Eh, prendere 10 nei temi non significa nulla, è vero – chi ha letto “Claudine” di Colette sa quali titoli assurdi venissero assegnati agli alunni già allora… e devo dire che la situazione è cambiata poco da quel tempo 😀

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  4. Non ricordo i titoli imbarazzanti dei temi, li ho buttati direttamente nel cestino della memoria. Ricordo che alla maturità scelsi quello sul futuro delle innovazioni informatiche e presi solo 7 perché secondo loro non avevo sviscerato l’argomento… 😀 Comunque ai temi in classe oscillavo tra 6 e mezzo e 7, stando alla larga dalle opinioni politiche di qualsiasi misura perché era notorio che la prof. ti misurava quelle, più che le parole. Il voto più alto era 8 (nessuno dava 9 o 10, mai visti) e delle uniche alunne che avevano voti così alti, anche in altre materie, nessuna ha proseguito con l’università, limitando la scelta lavorativa futura (impiegate e commesse).

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  5. Certo che bisogna leggere. Io recentemente sto leggendo classici dell’infanzia come Moby Dick e Il richiamo della foresta. Avevo l’impressione di essermi persa qualcosa, ed è vero.
    La capacità di lettura, di entrare nei testi come dice Chiara, evolve. Come la nostra scrittura. Mai perdere l’allenamento.
    I temi? Titoli noiosissimi frutto di una scuola che mostrava già i segni dell’attuale decadimento

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  6. Anch’io ormai leggo nei ritagli di tempo, che disdetta! I miei temi a scuola non eranon malvagi, puntavo sulle tracce di letteratura però…

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  7. Tanti temi, ma quasi mai terrificanti. A scuola ero… di gomma: mi andava bene tutto, in linea di massima. Sono diventata più selettiva in seguito. Mi hai fatto ricordare il mio viaggio alle Orcadi… che meraviglia! Il mio cuore sta da quelle parti… 😉

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  8. Io ho fatto l’istituto tecnico e ultimamente, stanco di interagire con freddi automi e con la sensazione di tramutarmi in uno di essi, rimpiango a volte di non aver studiato lettere o filosofia. Poi vedo le condizioni di molti che hanno intrapreso quella strada e mi sento un po’ meglio :-p
    Mentre io trafficavo con oscilloscopi, circuiti stampati e transistor (sono sempre stato quello che dalle mie parti viene definito un ‘trafficone’) mia madre leggeva e mi forniva la sintesi dei libri che l’insegnante di lettere ci incaricava di leggere. A parere dell’insegnante, la lettura doveva servirci per migliorare la nostra capacità di argomentazione nei temi. Ma, nonostante non avessi letto nemmeno un titolo, nei temi di italiano non me la cavavo male. La mia strategia (o forse la mia indole) era quella di contestare a prescindere. Questo dava l’impressione che avessi un’idea del mondo tutta mia e, anche se alcune mie provocazioni facevano infuriare la mia povera anziana insegnante (per esempio, in un tema sul ruolo degli anziani nella società.. “…I vecchi dovrebbero farsi da parte…”), ho sempre goduto di una certa stima da parte sua.
    Oggi leggo di più e meglio, anche grazie ai tuoi consigli e alle tue recensioni, ma soprattutto perchè a un certo punto ne ho avvertito un bisogno vitale. Sono meno contestatore di allora e per gli anziani nutro profonda stima e simpatia. Forse perché ho scoperto di invecchiare anch’io.

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