Ho letto un libro di Piero Citati dal titolo “Tolstoj”. L’editore è Adelphi. Magnifica lettura, che consiglio a tutti gli amanti del conte.
Ma fermiamoci a leggere quello che Lev Tolstoj scriveva a proposito della scrittura.
La parola a Lev Tolstoj
“A rileggere spesso, ci si giudica in modo inesatto e sfavorevole: il fascino e l’interesse della novità e dell’inatteso scompaiono, e spesso si cancella quello che è buono e sembra cattivo solo a causa della ripetizione frequente.”
Il conte ci dice che occorre evitare di tornare spesso su quello che si è scritto. Il rischio è di consumare lo scritto, fargli perdere forza e freschezza inducendo chi scrive a eliminare quello che invece era buono.
Tradotto terra terra: sì alla rilettura, ma non deve essere continua e ripetuta. Questo per esempio è ancora uno dei miei difetti.
Siccome sono persuaso che le mie storie siano importanti (“Ah! Ah! Ah!”), cerco spesso di tornare a rileggere e rileggere ancora. Ed è un errore di proporzioni bibliche, cari miei.
Perché alla fine sopravviene la stanchezza, la repulsione: e questo è il MALE. Perché probabilmente ci sono delle parti da rivedere e da riscrivere, ma siccome siamo esausti, stanchi e stufi di questa storia, ecco che alla fine non facciamo alcuna rilettura.
Facciamo scorrere gli occhi, con stanchezza e irritazione, sullo scritto.
Ecco perché il primo volume del #progettoIOTA approderà, spero, nel dicembre del 2018 (scrivo “spero” perché non si sa mai: se finissi sotto un tir?). In questo modo ho tutto il tempo per rileggere. Non ho fretta, procedo con lentezza, consapevole che il mondo non si aspetta nulla da me.
Potresti chiedere: ma quanto tempo devo lasciar passare tra una rilettura e l’altra?
Domanda mica semplice…
Anche perché qui non si vendono trucchi o ricette vincenti, ma solo rigorosamente roba desueta e perdente!
Di certo se leggi quanto hai scritto e senti stanchezza e noia, smetti all’istante la rilettura. Non servirà a un fico secco. Se azzecchi ancora le battute del dialogo, è un altro brutto segno.
Devi farla solo quando non ricordi cosa hai scritto nella pagina seguente, o ne hai una vaga idea.
Allora avrà qualche senso; in caso contrario corri il rischio paventato da Tolstoj.
E adesso dimmi un po’ in quale altro blog leggi “paventato”…
Potresti intervenire con un:
“Ma lui non dice niente del lettore “beta”, di colui che legge per primo quanto produciamo e ci indica cosa gira e cosa no?“.
Ottimo quesito, mi compiaccio. E c’è gente che dice che sulla Rete non si trova nulla di intelligente! Evidentemente frequenta ambienti sbagliati.
Venendo a noi. Da quel che so, Tolstoj aveva eccome i lettori “beta”, e tra di essi anche sua moglie. Lei, che riscriveva con pazienza durante la notte in bella copia quanto lui aveva scritto durante il giorno (e al mattino non se ne stava a letto sino a mezzogiorno: c’era la tenuta da mandare avanti), gli fece notare che in “Guerra e Pace” le scene di battaglia erano pesanti, mentre erano ottime quelle dedicate all’approfondimento psicologico.
Però Tolstoj non ne parla. Questo apporto della moglie si sa, credo, per vie traverse. Lui come un po’ tutti i grandi scrittori, era troppo impegnato a costruire la sua leggenda per perdere tempo a riconoscere un qualche valore agli altri. È un peccato? Certo. E dimostra come la cultura spesso, ci lascia esattamente come ci trova.
Non ci migliora affatto.
La domanda delle 100 pistole
Come fai la rilettura delle tue storie?
Intanto, potresti dare una possibilità alla mia Trilogia delle Erbacce. Come? Scoprendo di che cosa si tratta: clicca qui.
Interessante, io la rilettura la faccio a più riprese. Immediatamente, a fine capitolo e poi dopo tempo. Terrò conto del tuo consiglio.
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Io la rilettura la faccio subito, e più di una volta; ma sto cercando di smettere 😉
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interessante riflessione sulla rilettura. Come la faccio con occhio critico. Non ripetuta ma intervallata.
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Io sto imparando a lasciar passare del tempo tra una rilettura e l’altra. Ma è dura! 😉
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Ho ripreso un romanzo scritto nel 2008 che ha subito diversi passaggi tutti intervallati di anni. Non è dura, basta lasciarlo sotto uno strato di polvere.
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2008? Incredibile. Quasi 10 anni. C’è quasi il rischio di dimenticarsi… della sua esistenza 😉
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Comunque l’ultimo scritto ha quasi un anno ed è in attesa dei capitoli finali.
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Un anno è… accettabile 😉
Ma quasi 10: è incredibile!
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non proprio dieci. Diciamo quattro, perché c’è stata una rilettura.
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come è andata venerdì?
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Direi bene! Ma ne riparlerò 😉
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Ok.
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Interessante punto di vista, in effetti io rileggo i capitoli alla fine, poi, quando finisco tutto, a parte una prima rilettura, lascio passare un po’ di tempo per staccarmi dalla storia e rileggere poi con un occhio più critico, prima di passarlo comunque ai beta.
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C’è sempre da imparare da Tolstoj. Io però solo di recente sto cercando di arrivare sino alla fine senza tornare indietro. Ma non è semplice, occorre disciplina.
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Dipende. L’ultimo racconto di Halloween (13 microscene) la rilettura è per le scene precedenti ogni volta che ricomincio a scrivere, per vedere dov’ero rimasta e sistemare errori di battitura, dissonanze, ripetizioni, ambientazione. Poi però il finale era già scritto in bozza. l’ho riletto solo per aggiungere l’underpainting. E’ stato interessante rileggere il racconto dell’anno prima e scoprirlo ancora così bello. Qualcuno mi ha detto che a distanza di un anno già si sente differenza sulla mia scrittura, però io la sento uguale.
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Ah! Conoscevi già il finale. Interessante! Io lo ignoro sempre.
Credo che abbia ragione quel “qualcuno”: a volte basta un anno per per “vedere” la differenza nella scrittura.
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