#progettoIOTA: Operazione Sfalcio!


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Zac, zac, zac!

Sono diventato matto? Ma certo, si capisce! Sono matto! È per questo motivo scrivo storie, non lo sapevi? Non te ne rendevi conto?

Eccomi qui ancora una volta a parlare del #progettoIOTA. Per adesso un libro è finito, e questo libro comprende 16 capitoli. Come sempre vedrà la luce solo nel dicembre del 2018…

Gettare via

Ah! Il tempo è prezioso e bisogna usarlo per… tagliare, tagliare, tagliare! Senza pietà. Già in passato ho spiegato in un altro post che questo primo capitolo era arrivato a 190.000 caratteri (troppi). Al momento sono sceso a 154.000 e si continua a segare!

Ci si creda o no, questo è un bel momento. Molti pensano infatti che la rilettura e conseguente riscrittura che comporta appunto il taglio di parole, paragrafi, eccetera, sia la fase meno stimolante della scrittura.

Ma perché? Perché diavolo uno dovrebbe essere felice di gettare via così tanta roba? Ha così scarsa considerazione per il proprio mestieraccio della scrittura da giubilare quando interi paragrafi o episodi finiscono nel cestino?

Certo! E per una ragione molto semplice…

Solo la storia conta

La tua fatica non conta un accidente. Se racconti storie devi solo pensare a una cosa. No, non è il lettore: è la storia.

Perché dovrei preoccuparmi del lettore? È una creatura mitica, che c’è, non c’è, forse ci sarà… Boh!

Meglio concentrare le proprie energie solo sulla storia. Renderla interessante, onesta, corretta. E in questo modo di fatto, anche se lui non lo sa, lavori per lui. Ma lui chi? Il lettore, e chi altrimenti? Però le tue energie, i tuoi pensieri non devono essere per costui: ma solo per la storia. Questa solo conta. In fondo è grazie a lei che (forse) qualcuno leggerà e arriverà a noi. E allora perché puntare tutto sul lettore, e non sulla storia?

Lo so perché. Tu leggi i consigli dei guru che ti spiegano come riuscire a scrivere e ad avere successo facilmente.

Occorre uno scrupoloso studio del mercato, delle sue tendenze ed evoluzioni.

Si individua una precisa e specifica nicchia (remunerativa: ça va sans dire).

Si inizia a sondarla allo scopo di conquistarne l’attenzione tramite forum e non solo.

Quindi ci si mette all’opera per confezionare un prodotto atto a soddisfare i bisogni di quella nicchia.

Ecco: tutto questo io non lo considero. Ricordi? Sono matto.

Il successo è per pochi

In realtà, un’altra cosa che ripeto spesso e volentieri è che non serve studiare il mercato, poiché il mercato prende regolarmente delle cantonate mica di ridere.

Harry Potter non aveva futuro: un libro per bambini e adolescenti in un Paese de vecchi  come il Regno Unito era follia. Era follia anche perché i bambini e gli adolescenti hanno iPhone e tablet e non leggono. Ed era una follia perché l’autrice prevedeva una serie di libri!

Roba da matti.

Come è andata a finire? Esatto: un trionfo. Dopo tutti a dire:

Ma sì, certo. Si capisce. Ha incontrato un bisogno insoddisfatto”.

Dopo. Pure io dopo azzecco le previsioni.

E non è stato l’unico caso di questi anni. Quindi?

Quindi il mio consiglio, da folle e da matto quale sono, è: scrivi quello che ami. E tu potresti ribattere:

Sei un cattivo maestro! Hai scritto quello che ami e guarda come ti sei ridotto!”.

In effetti.

Ma fa parte del gioco. Non c’è scritto da nessuna parte che avrai un po’ di successo. Solo gli imbonitori garantiscono a tutti grandi vendite.

A tutti!

Non è straordinario? Fai quel corso là, e tu, come gli altri 90 partecipanti, vi ritroverete tutti quanti a spartirvi le prime 10 posizioni della classifica di Amazon.

Come no.
Auguri.
Soprattutto credici, e paga.

Ma torniamo al #progettoIOTA. Come ho scritto all’inizio di questo interminabile post, sto tagliando.

Come? Con quali criteri?

Buona domanda.

Per prima cosa è indispensabile abbandonare quello che si è scritto per un po’ di tempo. Quanto? Diciamo che devi avere un ricordo confuso di quello che succede nella pagina seguente. E se ti ricordo le battute del dialogo: non ci siamo. Te le devi scordare, mi spiace.

E poi?

Il mio sistema prevede una stampante, e della carta. Esatto: procedo alla stampa dei capitoli, e poi alla lettura ad alta voce del mio testo.

Non hai idea di che cosa salti fuori quando leggi il frutto delle tue fatiche. Roba da prendersi a schiaffi.

In questo modo taglio un bel po’ di robetta. E non sarà certo tutto qui…

Perché prevedo almeno altre due corpose riletture, con altri tagli (ma anche aggiunte: chi pò escluderlo), e con il fido ausilio del dizionario. Con lo scopo di trovare sinonimi, sostituire concetti abusati, luoghi comuni, eccetera.

Ma non saranno “solo” altre due…

La domanda delle 100 pistole

Con quale criterio “tagli” le tue opere?


L’autore di questo post: chi è? Leggi qui!

11 commenti

  1. Io in genere ho il problema opposto: se devo dire una cosa con 15 parole, ne uso 5. Però poi 2 sono comunque da tagliare. E ne restano 3. E mo, come ci arrivo a 15?
    Forse per me la soluzione è sostituire l’ambizione di scrivere romanzi con quella di lavorare per i baci perugina. 😛

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    • Be’, secondo me è un vantaggio. No, non dico scrivere per i Baci perugina 😉
      Potrebbe voler dire che hai già chiare le idee, o che almeno sei già sulla strada giusta e c’è “solo” da rifinire qualcosa.

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  2. Io taglio già mentre sto scrivendo, scrivo un capitolo, lo rileggo e magari taglio una parte (oppure la riscrivo). I tagli successivi sono esigui, anche perché sono poco prolissa, scrivo sempre una parola in meno piuttosto che una in più…

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    • Io ero a 190.000 caratteri all’inizio. Poi ho tagliato, tagliato. E magari adesso ricomincerò ad ammassare parole. Vorrei restare sui 150.000 caratteri, ecco. Di più c’è il rischio di spaventare il lettore.

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  3. Anche io ho tagliato parti inutili, ma non ho dimezzato un romanzo. In realtà 150’000 caratteri sono una novella 🙂 . King ci insegna. Lui è il Re delle novelle. Quelle 4 scritte in “Stagioni diverse” sono davvero qualcosa di unico nel suo genere.
    Credo che tagliare così tanto capiti quando non ci si rende conto di cosa si sta scrivendo e di quali siano gli obiettivi da raggiungere: climax e finale. Farsi prima uno schema, anche solo in testa, capire cosa si vuol esattamente raccontare aiuta a evitare di distrarsi per poi rendere ai minimi termini una storia. Detto questo, però, penso che ognuno debba operare come meglio crede e che comunque nessuno possa dirgli come comportarsi o obbligarlo a scrivere in una data maniera. E nemmeno io lo posso o voglio fare, prima che qualcuno dica: “ecco, è arrivato lo scienziato”. Quindi ignorate questo commento se sembro un saccente. Lo scrittore deve essere libero, anche da consigli gratuiti non chiesti e il mio può sembrare tale 😀 .
    Io ho iniziato una nuova operazione: niente più scrittura, o comunque ridotta ai minimi termini e di certo non orientata alla pubblicazione.
    E soprattutto anche io sconsiglio i corsi di scrittura creativa. Chiunque ne faccia. Piuttosto un bel viaggio. Oppure farei più un corso di lettura. Si imparerebbe di più. 🙂

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  4. Io non parto a scrivere a ruota per poi tagliare, ma vado di bozza delle scene e poi di underpainting: esattamente come con l’acquerello, prima lo schizzo a matita, poi il fondo, e poi via via i dettagli per arrivare al quadro finito. Quindi inserisco quel che già mi sembra servire alla storia, nulla di più (ma dovrebbe essere un editor a dire se funziona o meno).
    Per il corso: ho pagato solo per capire finalmente cosa si dice ai corsi di scrittura. Eh beh…l’unica cosa che ho capito è che non sono del tutto una schiappa. 😛

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