Ti ricordi la prima riga che hai scritto dopo aver preso la decisione di scrivere? Probabilmente sì.
C’era un insieme di timore, esaltazione, impaccio e felicità. Dopo è difficile dire che cosa è successo. Magari sono passati anni, oppure pochi mesi, e te lo ricordi ancora. Forse hai smesso di scrivere perché non fa per te, perché la vita decide per noi.
Trovare la nostra voce
Però quel momento, quei primi minuti a scrivere, erano il primo passo di un percorso che aveva come obiettivo quello di trovare la nostra voce. All’inizio siamo goffi e impacciati: non è questo il problema. Semmai lo è se, dopo anni, siamo ancora in quelle condizioni, ma se saremo ancora lì un motivo ci sarà: potrebbe essere la scarsa lettura.
Lo scarso talento (ripeti con me: Il talento è antidemocratico. ecco così, ottimo).
La voce, lo stile personale, si trova solo quando si riesce a metterci tutto ciò che siamo, tutto noi stessi. Finché ci facciamo guidare da idee, o da sogni, e non permettiamo a tutto il nostro essere di partecipare, non saremo davvero in grado di scovare la nostra voce.
Spesso abbiamo paura. Temiamo di svelare agli altri qualcosa di noi che invece preferiamo tenere sotto chiave. Perché un poco imbarazzante; oppure lo è tanto!
Scrivere senza scoprirsi? Impossibile
Ma è impossibile scrivere senza scoprirsi. Se questa è la tua idea, stai sbagliando tutto.
In principio bisogna imparare. Capire come funziona una storia. Perché una storia ha un meccanismo preciso che occorre conoscere; altrimenti finisce tutto per impantanarsi.
Molti pensano solo a pubblicare il più presto possibile: apprendere, conoscere la propria voce, usarla con perizia, viene considerato ormai una perdita di tempo.
Eppure, qualunque artista deve imparare a muoversi sulle proprie gambe, e per farlo impiega tanto tempo.
Tutti desiderano scrivere la grande opera che venderà milioni e milioni. Di certo, prima di arrivare a scriverla (se mai ci si arriverà), occorre però conoscere bene se stessi.
Inizia a scrivere delle piccole cose.
Sappiamo che hai un mucchio di esperienze da raccontarci. Cose anche molto dolorose. Ma comincia dalle piccole cose: finché non saprai scrivere bene di esse, non arriverai molto distante.
Condivido quello che scrivi in questo articolo, ma rispondere alla domanda che fai in testa è molto difficile per me. Quando scrivo (non ho velleità da scrittore) “memorie” e “aspettative” le metto da parte, altrimenti preferisco fare altro. Le parole “desiderio” “vorrei” non ci devono essere nel momento in cui scrivo. Forse con questo articolo dici la stessa cosa.
Un saluto da Torino ghiacciata. Ho letto sui giornali che anche a Savona ci sono stati un po’ di difficoltà! Stammi bene!
"Mi piace""Mi piace"
Hai assolutamente ragione. Abbiamo timore di svelarci ma solo svelandoci possiamo esprimere il nostro talento che non è altro che l’anima affinata dallo stile
"Mi piace""Mi piace"
🙂
"Mi piace""Mi piace"
Un articolo molto stimolante e molto vero… te lo dice una scrittrice( forse) che deve fare a pugni con paura di lasciarsi andare ^_^
"Mi piace""Mi piace"
Ti devi lasciare andare, non c’è scampo 🙂
"Mi piace""Mi piace"
Mi ritrovo molto in questo tuo post, si comincia dalle piccole cose ed è impossibile non scoprirsi, nella scrittura si mostra se stessi.
"Mi piace""Mi piace"
Sì, ma spesso ci si nasconde pure 😉
"Mi piace""Mi piace"
sono le esperienze personali che fanno lo scrittore. Poi serve talento e altro ma senza una vita alle spalle è difficile mettere insieme delle storie.
"Mi piace""Mi piace"
Sì, concordo. Anche se spesso l’esperienza personale è una specie di trampolino. Melville l’ha usata per scrivere il “Moby Dick”, ma ha fatto ricorso ad altro.
"Mi piace"Piace a 1 persona
ovviamente ci deve essere altro ma le sensazioni, le impressioni, le conoscenze personali fanno la differenza.
"Mi piace""Mi piace"
Certo.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Io non la voglio scrivere l’opera che venderà milioni di copie perché se l’avrò fatto per vendere così tanto sarà di certo fuffa 🙂
"Mi piace""Mi piace"
Non è mica detto 😀
"Mi piace"Piace a 1 persona