Di recente ho ripreso a dare un’occhiata al blog di Joe Konrath. Per chi non lo conoscesse (e sono la maggioranza dei lettori di questo sgangherato blog): è uno dei più famosi scrittori statunitensi. Non ne hai mai sentito parlare? Ah, dimenticavo: si autopubblica. E ha fatto i soldi a palate.
Scrivere e basta
Di recente ha annunciato che i suoi libri (alcuni: ne ha sfornato davvero un bel numero), saranno stampati e distribuiti da un “vero” editore. Se non ricordo male, aveva dichiarato che gli editori erano finiti, o quasi.
Però non è di questo che voglio parlare in questo post.
Lui non vuole entrare nella storia della letteratura statunitense. Credo che voglia semplicemente fare quello che ama, e soprattutto guadagnarci. E ci è riuscito. Scrive romanzi horror, thriller, e anche erotici di tanto in tanto. Conosce i gusti del pubblico (be’, conosce abbastanza i gusti del pubblico), e offre loro quello che si attendono. Immagino che non ci siano introspezioni psicologiche né desiderio di migliorare il mondo. Pura e semplice evasione. Arrivi a casa il venerdì sera, fuori piove e pioverà per tutto il fine settimana, non puoi uscire e fa un freddo cane. Vai su Amazon, e scarichi un suo ebook, lo leggi e passi quelle ore lì, che altrimenti sarebbero uno strazio, senza pensieri. La maggior parte delle persone questo vuole, e cerca. Ma pure io di tanto in tanto, eh.
Però, adesso che ci penso: non è nemmeno questo l’argomento che volevo affrontare in questo post.
Lui ha affermato, un po’ di tempo fa, che non è molto “sociale”. Il blog lo aggiorna ogni tanto (l’ultimo post lo ha pubblicato a gennaio). Ogni tanto butta fuori qualche post nel quale spiega nel dettaglio cosa ha imparato in tutti questi anni di autopubblicazione. I suoi errori.
Non credo che sia su LinkedIn, e non sono nemmeno sicuro che sia iscritto a Facebook.
Twitter lo usa per promuovere le sue opere: sconti su questo o quel titolo, oppure il tal libro gratis per qualche giorno. Non interagisce, al massimo rilancia l’offerta di qualche altro autore che lui conosce.
Lui scrive. E basta. A lui interessa solo quello: scrivere.
Mentre rileggevo queste righe, probabilmente rubando tempo alla scrittura “vera”, mi domandavo se per caso non fosse un colossale errore quello che io faccio, e che tanti reclamizzano a spron battuto.
Non c’è alcun senso in questo chiacchiericcio continuo, ossessivo, di scrittura, stili, come scrivere l’incipit, e il finale, e l’arco di trasformazione del personaggio. E l’ambientazione? E i dialoghi? E per i dialoghi: caporali o lineette?
Se vuoi scrivere devi imparare (leggendo, e poi scrivendo). E per imparare puoi solo passare attraverso le Forche Caudine del fallimento (ma dove lo trovi un blog che cita le “Forche Caudine”?).
Konrath afferma di aver sbagliato molto. Pure io, ma lui oltre a essere fortunato perché statunitense, e parte di una lingua tra le più parlate al mondo, ha imparato qualcosa. Anzi parecchio.
E io? Boh!
Posso solo scrivere quello che c’è nel titolo: la scrittura è soprattutto fallimento. Subìto, raccontato. Senza voglia di gonfiare il petto di vibrante protesta. E ben lontano dai maestrini e dalle maestrine che inneggiano al progresso, al libro che deve educare, migliorare l’individuo.
Di rado accade il successo. Di rado.
Fine.
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Grazie.
Di rado accade il successo. Ne sono convinta. E – forse – anche quando accade, non è detto che abbia il sapore e la durata che ci si aspetta. (A volte vorrei essere un criceto.) 😉
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(Devo scriverci un post.)
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Ottimo! Dovrei farne una professione: “Ispiratore di post” 😀
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Perché un criceto?
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Hai mai visto un criceto in preda a dubbi su cosa fare e cosa pensare? Ma sarebbe andato bene anche un lombrico. 😉
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Ah! Ecco sì, più o meno ho capito 😉
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Non conoscevo questo autore, ma sono andata a impicciarmi nel suo blog, ho letto il suo ultimo post e non ho capito nulla di quello che ha detto. Io seguo alcuni blog americani e l’idea che mi sono fatta è che siano più bravi di noi a vendere, ma ancora non ho capito bene in che cosa. Spero di scoprirlo prima o poi. O forse è il tipo di mercato che è diverso. Di certo anche da noi c’è qualcuno che ha successo, che sa come attirare l’attenzione e quindi farsi leggere. Per tutti gli altri la scrittura è fallimento, sì. E dopo questa ventata di ottimismo…
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Dopo questa ventata di ottimismo… Andiamo a scrivere la prossima storia. O no? 😉
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Vedi? Senza questo tuo chiacchiericcio, col cavolo che io avrei letto di Joe Konrath. Oggi, grazie a te, ho imparato una cosa, ed è per questo che seguo quello che tu chiami, svalutandoti, blog sgangherato! 😀 Ora avrei una domanda: quanti libri ha uscito (ma si dice così?!) in self questo Konrath prima di essere contattato da una casa editrice tradizionale? Io seguo la newsletter del Writer’s Digest e mi pare si che siano a bravi a vendere… videocorsi. O seminari a pagamento. Comincio ad avere i miei dubbi che vendano davvero come scrittori, o forse vendono soprattutto non-fiction. Che con la fiction non ci campano tutti nemmeno là da loro.
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Quanti libri ha prodotto? Si vedono nella testa del suo blog. Sono un bel numero. E di soldi ne ha fatti parecchi. Da qualche parte ci sono dei post dove lui ne parla, citando anche cifre di vendita.
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il mondo del selfie USA è fatto di numeri che noi ci sogniamo. Vendono a palate? Beati loro. Io stappo una bottiglia buona quando amazon e smashwords dice di aver venduto qualcosa. Ma va bene così.
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Comunque quelli che vendono “davvero” sono una manciata. Poi ci sono quelli che “dicono” di vendere, e sono tantissimi 😉
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questo è vero e sarà difficile capire chi. 😀
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Sono andata a curiosare su di lui, in effetti ha un sacco di libri sullo sfondo, che dire io ammiro questi autori che vendono in barba a tutte le regole. Però credo che all’inizio abbia fatto un sacco di gavetta anche lui, forse ha solo perseverato o, semplicemente, ha scritto tanto. In fondo chi ama scrivere fa bene a farlo. A me piace scrivere anche sul blog. E poi, come si dice, scrivendo (e leggendo) si impara 😉
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C’è da dire che lui ha anche comprato delle recensioni, e lo ha confessato. Adesso non ne ha più bisogno, e quel sito non esiste più. Quindi non c’è solo bravura 😉
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In fallimento veritas 🙂
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Dici? 😉
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Non saprei, mi piaceva l’accostamento delle due parole 😃
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😀
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Insomma un altro che predica per anni l’autodafe editoriale e poi cede al macro business… Scherzi a parte, le idee si possono cambiare ma credo che il tuo “amico” abbia in mano la chiave del successo negli States : la produttività. E ha ragione, ahimè. I social (e i blog) ci succhiano energie che potremmo dedicare alla scrittura… Grazie per la segnalazione
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Di nulla. Grazie del commento 😉
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