Oggi ecco una mia intervista alla scrittrice Grazia Gironella. Sì, ricomincia il ciclo di interviste ad autrici e autori che conosco (non personalmente), e dei quali desidero approfondire meglio il loro modo di affrontare la scrittura.
Buona lettura.
Chi o che cosa ti ha fatto venire voglia di scrivere? Perché non ti sei limitata a leggere?
Prima di tutto ti ringrazio per avermi proposto questa intervista; è un vero piacere per me essere tua ospite. Il motivo per cui mi sono avvicinata alla scrittura è semplice: mi piacciono le storie. Ho trascorso una buona fetta della mia vita – a partire dalla mia infanzia solitaria, per essere originale – leggendo le vite altrui, reali o inventate. A volte l’abbondante materiale che avevo in circolo mi faceva venire voglia di scrivere io stessa, ma non immaginavo di poterlo fare davvero. In fondo la lettura mi bastava. Per arrivare a scrivere ho avuto bisogno di un romanzo fantasy particolarmente deludente, pubblicato da un editore importante e promosso in ogni dove. Al termine della lettura ero così indignata che presi un foglio di carta e dissi a mio figlio: “Sono capace anch’io di scrivere un fantasy migliore di questo! Ci metto un eroe, qualche alleato, un malvagio, un amuleto, un mago…”. Dopo venti righe di “ingredienti” ero già dentro la storia fino al collo.
Di certo sei una scrittrice che non si improvvisa tale dall’oggi al domani. Chi plana sul tuo blog Scrivere Vivere trova una serie di post che hanno come oggetto la scrittura. Non solo: hai scritto un saggio (“La via delle parole”) e un manuale (“Per scrivere bisogna sporcarsi le mani”). E allora: definisci che cosa rappresenta per te scrivere.
La mia impressione è che le storie esistano già intorno a noi come forze o entità prive di forma, sempre in cerca di un modo per entrare in contatto. Quando mi capita di coglierne un dettaglio – un viso, una frase, uno scenario – posso creare il legame che mi permette di risalire alla parte ancora nascosta della storia, il corpo sommerso dell’iceberg. Mi sento un po’ una levatrice, insomma: aiuto la storia a venire alla luce e assumere una forma comprensibile, per me e per i lettori.
Scrivere è un’arte che si impara con tanta pratica e tantissima teoria (cioè: si deve leggere moltissimo): ma quanto un blog può essere davvero utile? Non è preferibile scrivere storie, e basta, invece di spremersi la testa per sfornare post?
Certo si sarebbe più focalizzati e se ne vedrebbero i risultati, ma poi? In assenza di promozione da parte di un editore o di fondi da dedicare allo scopo, è necessario trovare un modo per far sapere al mondo che si è pubblicato qualcosa. Personalmente alla “piazza” dei social preferisco il blog, che è più intimo e ha un’atmosfera più caratteristica. Detto questo, l’utilità del blog dal punto di vista della promozione è limitata; una volta venduto un certo numero di copie alle persone che lo seguono, il meccanismo tende ad arrestarsi. Dietro quelle copie, però, poche o tante che siano, ci sono i lettori reali, e sono importanti.
Nel tempo ho capito di dover adattare il blog a me, e non viceversa, se non voglio rinunciarci. Sentirmi libera dai presunti must quanto a frequenza, lunghezza, parole chiave e compagnia bella, mi permette di godere della compagnia di persone che condividono la mia stessa passione per le storie, con tutti i bonus aggiuntivi che possono capitare, come un’amicizia extra-blog, una recensione o un’intervista come questa.
Qual è il tuo rapporto con l’editoria «ufficiale»? La detesti? La ami? E che ne pensi dell’autopubblicazione?
Accetto l’editoria tradizionale per quello che credo sia, cioè un’attività economica, proprio come il supermercato dove faccio la spesa. Non per questo ho perso interesse nei suoi confronti. La pubblicazione con un editore importante sarebbe un grosso passo avanti, con possibilità di promozione e diffusione altrimenti inaccessibili. Per questo motivo ho sempre proposto i miei scritti alle maggiori case editrici, e credo che continuerò a farlo. In caso di responso negativo, sceglierò di nuovo l’autopubblicazione – autoeditoria, direbbe qualcuno – che mi dà la possibilità di arrivare ai lettori senza intermediari, con totale libertà di scelta su ogni dettaglio, incassando anche royalties più alte. Per me è una seconda scelta solo perché conosco i miei limiti nell’autopromuovermi, non perché consideri l’autopubblicazione meno nobile dell’editoria tradizionale.
Chi è la prima persona che legge quello che scrivi?
Spesso è mio figlio Enrico, ma ho anche tre o quattro gentili amiche a farmi da beta-reader, perciò il primo giro può toccare a loro, sempre a uno stadio avanzato della revisione. Può sembrare poco logico correggere il testo prima di sentire il loro responso, ma mi interessa simulare una lettura normale, e non credo di poterla ottenere con un manoscritto zoppicante.
Georges Simenon temperava tutte le sue matite, prima di iniziare a scrivere, e sottoponeva moglie e figli a un controllo medico per evitare che si ammalassero mentre era al lavoro su Maigret. E tu? Come avviene il tuo processo di scrittura?
Se parliamo di rituali, ti dico subito che non ne ho, anche se mi piace molto scrivere sorseggiando una tazza di tè o una tisana calda, preferibilmente di mattina, con qualche bell’oggetto colorato sulla scrivania (se non è un rituale ci somiglia molto, vero?). Se invece parliamo dello svolgersi del lavoro, nel tempo ho sviluppato un metodo con cui mi trovo bene. Nella prima fase cerco di individuare due idee che possano combinarsi-scontrarsi per far nascere la storia. Ho notato che con un’idea soltanto mi è facile scivolare nel cliché, mentre con due idee sono costretta a creare da zero nessi, conflitti, circostanze, perché non c’è niente di preconfezionato. Definita la mia coppia, ipotizzo i personaggi che mi sono necessari, poi quelli possibili, e cerco in rete le foto per un primo casting. Poi scelgo i nomi dei personaggi e un titolo per la storia – in teoria provvisori – e finalmente posso iniziare a studiare una trama. Dopo avere preso quaderni di appunti con le mie penne colorate, fino a capire in linea di massima cosa succederà nel romanzo, riporto su schede gli snodi principali, quelli che difficilmente cambieranno durante la prima stesura.( Le schede diventano utili durante la revisione, per avere un colpo d’occhio sulla storia nel suo complesso, ed eventualmente valutare tagli, integrazioni e spostamenti.) A quel punto mi serve l’idea per la prima scena, o almeno la frase d’inizio, e finalmente posso partire.
Molti affermano che si debba creare una sorta di «lettore ideale», e scrivere avendo in testa proprio lui (o lei). E tu, lo fai? Scrivi avendo in testa un preciso lettore?
Ho un’idea approssimativa del pubblico che potrebbe essere interessato alla storia che scrivo, limitata al genere e alla fascia d’età. Per il resto cerco soltanto di sintonizzarmi con me stessa, e spero che il risultato venga apprezzato anche dai lettori.
Quanto di quello che scrivi finisce con l’essere scartato?
Nella revisione aggiusto, limo, sposto, ma raramente scarto parti consistenti. Grazie al lavoro di preparazione, di solito i problemi principali vengono risolti prima di arrivare sulla pagina. Se invece parliamo di scarto in generale, forse un venti-trenta per cento di ciò che scrivo non viene terminato o non arriva a convincermi abbastanza da essere utilizzato.
Secondo alcuni, la stagione d’oro del libro, cartaceo o digitale che sia, è finita da tempo. La narrazione ormai è affidata a cinema e serie televisive. Quindi ti domando: come vivi queste trasformazioni? Sei indifferente, preoccupata, oppure incuriosita?
Interessata, direi, e anche disposta a prendere in considerazione esperienze nuove, se le trovo adatte a me. Di recente mi è spesso capitato di pensare al potere della voce rispetto a quello della parola scritta. Non appena Amazon offrirà anche agli utenti italiani l’accesso all’ACE (Audiobook Creation Exchange), credo che tenterò di ottenere una versione audio di “Cercando Goran“. Per la narrazione in generale mi preoccupo poco: l’uomo non vive senza storie. Che poi vengano raccontate da un menestrello, da un libro, da un videogioco o da una serie televisiva, mi sembra francamente secondario.
Che cosa preferisci scrivere: racconti o romanzo? E quali sono le peculiarità di ciascuno che ami di più?
Mi piace scrivere racconti, anche se negli ultimi anni li ho quasi abbandonati in favore della narrativa lunga. In particolare trovo affascinante la ricerca degli elementi giusti per trasmettere la storia in poche pagine, un po’ come se potessi fare soltanto uno schizzo dell’immagine che ho in mente, e proprio per questo lo schizzo dovesse risultare suggestivo al massimo. La mia preferenza però va sicuramente ai romanzi, sia come lettrice che come autrice. Non esiste che io acquisti un libro senza controllare che abbia almeno 250-300 pagine! So bene che non è una confezione di prosciutto, ma mi piace avere del tempo da trascorrere con i personaggi, quando li apprezzo… anche quando sono i miei personaggi.
Parlaci delle influenze letterarie che hai avuto, degli scrittori che ami.
Ho una mente rapida nell’acquisire dati e altrettanto rapida nello scaricarli, quindi titoli, autori, trame, finiscono presto dimenticati; ma qualcosa resta dentro di me, come un sapore, un’atmosfera, che considero l’essenza di ciò che ho letto (parlare di memoria labile sarebbe più sgradevole). In questo modo mi è difficile individuare delle influenze letterarie specifiche. Di sicuro non sono una lettrice fedele, perché amo i singoli libri – saghe a parte – senza fissarmi sui loro autori. Pesco qualche titolo tra i più recenti che ho apprezzato: “Memorie di Adriano“ della Yourcenar, “L’imprevedibile viaggio di Harold Fry“ di Rachel Joyce, “Ho lasciato entrare la tempesta“ di Hannah Kent, “Walden“ di Thoreau. “Il Signore degli Anelli“ di Tolkien è la mia pietra angolare, da un punto di vista soprattutto simbolico. Invece la mia autrice del momento è Diana Gabaldon, autrice della saga “Outlander”. Vorrei capire come riesce a dettagliare e approfondire ogni aspetto della narrazione senza mai compromettere il fascino dell’avventura raccontata intorno al fuoco.
Vuoi parlarci del tuo romanzo “Cercando Goran”?
“Cercando Goran“ è la storia di un viaggio corale. Non solo del protagonista, che deve recuperare il suo passato per affrontare le sfide di un presente incomprensibile, ma anche degli altri personaggi principali, ognuno tormentato da qualcosa rimasto in sospeso, o determinato a fuggire da una situazione che gli causa sofferenza. La conclusione della ricerca di Goran è anche il momento per tutti loro (o quasi) di riprendere a vivere con una consapevolezza nuova.
Credo che “Cercando Goran“ stia ricevendo un’accoglienza così calda da parte dei lettori perché nella storia si trovano miscelati diversi motivi d’interesse: l’aspetto sovrannaturale, quello storico e per noi esotico della Finlandia dell’Ottocento, quello della ricerca interiore e quello romantico, per citarne alcuni. Spero di riuscire a far conoscere anche sul mercato di lingua inglese questa storia, diventata “Searching for Goran“ grazie all’ottima traduzione di Juliet Bates.

Chi è Grazia Gironella?
Grazia Gironella è nata nel 1963. Ha un marito, un figlio adolescente e un grosso cane nero di nome Maya.
Cercando Goran, romanzo la cui lettura ho assaporato con vero piacere, è il test che quanto afferma nell’intervista funziona alla perfezione. Metodologie di scrittura e motivazioni in primis.
Bellissima intervista, grazie per questo spaccato molto interessante di Grazia.
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È un bel romanzo, costruito bene, sviluppato con cura. Un’ottima lettura.
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Grazie di nuovo, Marco. 🙂
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Grazie a te 🙂
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Sono curiosa di sapere qual è il romanzo fantasy particolarmente deludente che ha scatenato tutto questo! 🙂
In quanto a zia Diana… ci mette un anno a scrivere un libro. Anzi no, l’ultimo è andato in stampa nel 2014 in america e da allora sta scrivendo il nuovo, si spera vada in stampa per il 2019. E lei fa solo quello, a parte i viaggi promozionali (quest’anno un viaggio in europa da un mese e altri due viaggi tra canada, los angeles e new york). Legge moltissimo, ma alcune ricerche storiche le affida a terzi, ora che può permetterselo. Molte lettrici le contestano di essere “lenta”, poi però quando leggi i suoi libri ti rendi conto che non potrebbero essere scritti in 3 mesi come suggerisce Stephen King. A riprova che non sono romanzi per casalinghe disperate, come qualcuno ancora crede. 🙂
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Credo che quello sia un segreto che Grazia non rivelerà MAI 🙂
Comunque il mio romanzo uscirà nel 2019, il primo file l’ho salvato (aspetta che verifico…), nel settembre del 2017. Mi fa un baffo, la tua “zia” 🧐😃
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Svelo l’arcano mistero: il romanzo era il primo della millelogia della Troisi… vedi che tutti i gusti sono gusti? Dicono anche che sia migliorata, dopo. Non so perché, mi aveva presa così. Intanto alla Mondadori l’hanno data per brava da subito, si vede che avevano avuto una premonizione. 😉
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(Arcano mistero è un pelino pleonastico… 😉 )
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Ah! Praticamente uno scoop: e sul mio blog! Incredibile! 😀
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Apprezzo molto Grazia sia come autrice che come persona e questa bella intervista (bravo Marco) lascia trasparire chiaramente le ragioni. Trovo particolarmente utile l’indicazione che Grazia ci dà rispetto alla costruzione delle idee. Il fatto di confrontare due quasi opposte lo trovate stimolante. In questo fondo ogni storia è ha più punti d’osservazione, giocare con gli altri specchi non può che fare bene al romanzo.
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Ti ringrazio.
Grazia è molto riservata, non è come il sottoscritto che scrive sempre articoli. Lei ne fa pochi, ma buoni. Come i libri.
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Ah, si chiama riservatezza? Le davo un altro nome. 😉
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Bella intervista, l’ho letta con molto interesse. Ho letto e apprezzato il romanzo di Grazia in entrambe le versioni.
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Ci sa fare, sì.
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Grazia è una di quelle autrici che da un po’ di tempo osservo da lontano con molto interesse. Ho già il suo libro, attendo soltanto la giusta predisposizione per leggerlo.
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Un’intervista appassionante, complimenti a entrambi! Grazie alle tue domande non banali, Grazia ci ha rivelato tante chicche su cui riflettere
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Grazie!
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Posso ringraziare tutte le persone che hanno commentato? Non so se usa per le interviste, ma… grazie. 🙂
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Ma sì che puoi 😀
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Bellissima intervista, sia nella tipologia di domande che nelle risposte… ma non avevo dubbi sul livello dell’intervistatore e dell’intervistato. E’ proprio vero che attraverso questa modalità si possono capire molte cose della persona come essere umano, oltre che come autore. Il romanzo lo conosco già, sia nell’edizione originale italiana che nella traduzione inglese, e non posso che essere d’accordo. Perciò gli auguro il cammino luminoso che merita.
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Sottoscrivo tutto, punto per punto!
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[…] …del che lo ringrazio caldamente.Trovate l’intervista QUI. […]
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