Presentazioni letterarie: a cosa servono?


castenaso fanti freccero

 

Circa un anno fa, proprio di questi tempi, mi trovavo in terra emiliana per 2 presentazioni (con la scrittrice Morena Fanti) del romanzo scritto a 4 mani “L’ultimo giro di valzer”. Una a Castenaso, l’altra a Imola.

Da quell’esperienza ricavai anche un paio di post che puoi recuperare, se ti interessa (vero che ti interessa tantissimo?), digitando “presentazione” (senza virgolette) nel campo di ricerca di questo blog.

A distanza di un anno mi sono sorpreso a pensare quale sia stato il valore di quelle presentazioni letterarie.

Marco Freccero in terra d’Emilia

Con Morena ci siamo conosciuti di persona (anche se ci scrivevamo e ci sentivamo al telefono spesso, era la prima volta che ci vedevamo); questo è il valore più importante. Poi ho visto la terra emiliana (mai vista prima in vita mia).

Ho conosciuto l’editor Carla Casazza, e la scrittrice Giulia Mancini.

castenaso brindisi finale
Preciso (per tranquillizzare le mie numerosissime ammiratrici sparse in tutto l’orbe terracqueo), che il rigonfiamento non è dovuto alla pancia. Ma al tessuto della giacca. E chi non ci crede: “Peste lo colga!”.

 

fanti freccero a castenaso

 

Ho scoperto che Imola ha un teatro sotterraneo (sotto l’edificio che ospita l’Agenzia delle Entrate. Ovviamente è chiuso al pubblico perché è fuori da tutte le norme di sicurezza).

Ho alloggiato in un bel B&B a Castenaso chiamato “La sosta dell’Idice” (l’Idice è un torrente che scorre lì vicino), dove ho mangiato una bella colazione, e ammirato oltre al panorama tranquillo e ordinato, pure il silenzio. (Sì, il silenzio si ammira).

E poi?

E poi: basta.

La faticaccia delle presentazioni

Tutto questo mi è venuto in mente quando un po’ di giorni fa su Facebook, lo scrittore Concetto Marco Amato ha mostrato le tappe del Book Tour di Antonio Manzini, autore di cui non ho mai letto nulla (né so bene che cosa scriva. Di certo quello che scrive è apprezzato).

Ecco lo scatto rubato dalla sua pagina Facebook.

book tour manzini

 

Io ho fatto 2 presentazioni, e stop.

Lui invece un vero tour de force. Di certo tutto è così compresso per ragioni di “ottimizzazione” (come dicono quelli bravi). Il libro esce, il marketing si mette all’opera, e si organizzano le presentazioni (che a me paiono più parenti del “Mordi & Fuggi”, in realtà).
Di certo lui (Manzini) ci ricava e ci ricaverà ben più di quanto ho ricavato io nello spostarmi in terra d’Emilia.

Gasolio, autostrada, alloggio… Insomma, per un autore indipendente la presentazione letteraria è una faticaccia e una perdita di tempo e di denaro notevole. Al di là del piacere di incontrare e conoscere persone davvero interessate a quanto hai scritto, non c’è altro.

Ma non importa.

Ti basta essere lì dietro un tavolo o una scrivania e rispondere alla curiosità e alle domande delle persone. Tutto il resto, non c’è.
Le riflessioni sulla “inutilità” di percorrere così tanti chilometri per ottenere cosi “poco” arriveranno dopo. Dopo penserai: “Ma chi me lo ha fatto fare”; o “Perché non me ne sono rimasto a casa?”.

E queste riflessioni sono: sbagliate.

Certe cose non si fanno per logica

Per esempio.

Si apre un blog non per vendere i propri libri.

Si fa una presentazione non per coprire i costi sostenuti per raggiungere il luogo dell’evento. Forse dopo “se”; vale a dire se il proprio nome inizia a essere conosciuto, e magari si vende qualcosa e attorno al proprio nome inizia a esserci curiosità e interesse.

Ma almeno agli inizi, e poi per molto tempo (forse per sempre), non ci ricaverai mai nulla. Nemmeno i soldi per il biglietto ferroviario.

Zero.

Perché lo scopo di una, o più presentazioni, non è affatto in qualcosa di tangibile. Mi rendo conto che questo discorso può essere considerato “consolatorio”. Siccome non cavo un ragno dal buco, allora la butto sulle cose intangibili, per darmi la patina dell’autore superiore che non si cura di aspetti tanto piccini.

Probabilmente piacerebbe persino a me, qualche presentazione in più (non al livello del Manzini: lì è roba da esaurimento nervoso). 

Il nocciolo della questione però per me è evidente.

Lo scopo di certe azioni (come le presentazioni)

Lo scopo di certe azioni è costruire, attorno al proprio nome, un’autorevolezza. Farsi conoscere, uscire dall’anonimato, è il solo modo che un autore indipendente ha per ottenere, nel tempo, un po’ più di attenzione.

Forse, anzi di certo, non venderai nulla, o poco; ma qualcuno si ricorderà di te se, per esempio, dici qualcosa di intelligente. 

Non credo affatto che il blog sia davvero utile a questo scopo. Certo, è necessario: altrimenti come farai a segnalare al mondo intero che esisti e racconti storie?

Serve, è gratis, e se riesci a pubblicare contenuti interessanti alla lunga (a volte è necessario davvero molto tempo), ecco che riuscirai ad attirare lettori che potrebbero infine diventare i tuoi lettori.

Purtroppo non basta.
Per fortuna non basta.

L’importanza del singolo

Nell’era dei numeri colossali, perché solo i grandi numeri contano e sono importanti, occorre ricordare (anche se questo garantirà quasi di certo indifferenza e commiserazione), che i grandi numeri sono per pochi.

Questi “pochi” sono la maggioranza, ma l’andazzo generale (che volentieri pubblica post, libri e webinar per essere vincenti), ha una parola d’ordine ben precisa:

“Mai parlarne”.

 

Infatti dappertutto è un fiorire di trucchi e strategie per raggiungere i grandi numeri. Che piacciono a tutti, su questo siamo d’accordo. E se non li raggiungi? Colpa tua, non ci credi abbastanza.
Credici di più! E li raggiungerai!


No.

Non sono per tutti.

Fine.

E in questo carnevale dei grandi numeri, si perde di vista (ma non potrebbe essere altrimenti), il valore dei piccoli numeri. Quindi si arriva a non apprezzare (anzi: a disprezzare), il singolo.

Per esempio la persona che magari viene a una presentazione, ascolta e apprezza. E ti stringe la mano. Ma se hai la testa piena di fuffa (cioè: di grandi numeri), non ci baderai mai e poi mai.

Eppure quella sola persona è di aiuto. Perché non solo ti fa sentire meno… solo. È una relazione che si stabilisce.

E un autore vive di relazioni; purché di qualità. E ogni relazione è preziosa, anche se ce lo scordiamo.


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28 commenti

  1. Condivido questi pensieri. Le presentazioni servono anche per consolidare dentro di noi l’idea di avere fatto un ‘lavoro vero’: danno corpo e realtà alla storia che abbiamo scritto. Ti fanno entrare in contatto con i tuoi lettori e ti aiutano ad andare avanti. Se si potesse io ne farei almeno una la mese. Certo, anche tu, paragonarti a Manzini! E manco sai chi è! 😉

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  2. E, ritornando al nostro romanzo, dovremmo parlarne più spesso. Va bene essere modesti, ma così mi pare troppo. Molti non sanno nemmeno che abbiamo scritto un’intera storia a quattro mani. E con le difficoltà che tutto ciò rappresenta.

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  3. Io amo molto fare le presentazioni, ne ho fatte una decina in tutto il nord Italia e solo una volta mi è stato riconosciuto un rimborso spese, una cena, un pernottamento e una colazione in ottimi posti per me e mio marito, altrimenti mai ed è chiaro che ai nostri livelli, (che si sia indipendenti o anche pubblicati ma non da Big, la situazione non cambia) è tutta un’altra storia rispetto ai tour organizzati per il lancio di libri su cui gli editori di fascia alta stanno puntando e quindi promuovendo sicuri di un ritorno economico di quanto stanno investendo.
    Sono fatiche diverse, noi ci sbattiamo a organizzare, ma sono eventi sporadici.
    Gli autori noti non organizzano nulla, devono solo esserci, ma si fanno un sacco di km e stanno lontani da casa, il che di sicuro può essere assai stressanti, ne convengo, ma fa parte del gioco.

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  4. Hai anticipato un argomento che frulla da un paio di giorni anche nella mia testa. Non ho ancora scritto il post perché mi manca un dato, che forse avrò tra qualche giorno. Però ne sono sempre più convinta: non solo gli argomenti, ma anche le relative riflessioni sono nell’aria. Crediamo che nascano da noi solo perché siamo un filino egocentrici. 😉

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  5. È stata una bella presentazione ed io c’ero! È stato molto bello conoscervi e non sono neanche venuta troppo male in foto! Io ho fatto due presentazioni, una a Milano (in quella occasione ho conosciuto Sandra e Cristina) e una a Firenze. A Firenze era presso una libreria e ho venduto alcuni libri, ma a parte questo l’impatto emotivo è stato molto forte in entrambi i casi. Per me che non sono abituata a parlare in pubblico, è stato impegnativo. Poi c’è la fatica del viaggio, l’ansia di parlare del proprio libro ecc ecc. Però è importante mettersi alla prova, è un’esperienza arricchente (non inntermini di vendite) e poi non si sa mai, dovessimo diventar famosi come Manzini, siamo già un po’ allenati al tour de force 😉

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  6. Avrei il terrore delle presentazioni, non amo stare in mezzo alla gente in generale e parlare in pubblico in particolare. Saranno anche utili, ma con me come “relatore” mi si ritorcerebbero contro 🙂

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  7. Non ho mai fatto presentazioni, ma non ho niente da presentare! 😛
    Però ho letto un mio racconto alla presentazione di Storie di carta, davanti ad Andrea Kerbaker e una sala piena di giornalisti e blogger (e pure a sorpresa!! con una pessima dizione!) E poi porto in giro la borsa e il cappellino webnauta, quindi in un certo senso presento me stessa e il blog. Ergo, si, ti do ragionissima su tutto, è sempre una bella esperienza conoscere lettori e parlare di libri, anche se non sono proprio i tuoi/miei. 🙂

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  8. Le presentazioni sono un’arma a doppio taglio. Emergono subito la capacità dialettica, l’empatia dell’autore e il fascino che se mancano allontana dall’acquisto i lettori intervenuti. Per lo più non corrisponde a un bagno di folla, questo lo dico riferito alle diverse presentazioni che ho tenuto, ma per qualche strana ragione fa incontrare almeno una persona che si rivelerà talmente interessata al libro da portarne avanti il messaggio, fosse anche solo il passaparola editorlale. Quindi per me non sono affatto inutili. Dispendiose in termini di tempo e soldi, sì, ma dipende tutto da quanto sono lontane e da quante aspettative nascondano dietro. Le considero comunque molto importanti per rompere il ghiaccio, per farsi conoscere e per mettersi in gioco, si finisce sempre per lo scoprire quanto ci si tenga al proprio libro dopo una di esse.

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    • Le mie cifre sono minime: ho assistito a una presentazione e ne ho tenuta una. La prima, vicino a dove vivo, era di un autore sconosciuto quanto me, e mi è servita ottimamente a capire cosa aspettarmi e cosa evitare… incluse le presentazioni! Adesso sto scherzando, ma solo in parte. La seconda mi è servita a capire se e come sarei stata in grado di parlare dei miei scritti in pubblico. Nel mio caso l’argomento era il manuale di scrittura, più facile da trattare di un romanzo, perché si può parlare liberamente, senza paura di rivelare troppo del libro. Mettendo insieme le impressioni, credo che la presentazione sia una bella esperienza, che però è molto difficile rendere piacevole per i presenti e utile all’autore. L’affluenza di solito è bassa, gli acquisti quasi inesistenti, perciò il bilancio materiale della giornata è facilmente in negativo. D’altra parte il contatto con le persone è bello e… rinforzante, e si sa che non di solo pane vive l’uomo (questa è una buona risposta al tuo “non per la gloria, ma per il pane”, a pensarci bene!). Comunque non ho tenuto altre presentazioni, per ora. In futuro, chissà. 🙂

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      • Ah, ah, autorità no, ma mi sono fatta un po’ le ossa e anche se ammetto che spesso possono essere un gioco al massacro da tutte c’è sempre da imparare qualcosa.

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  9. Ohibò, ho postato un commento chilometrico, ma è sparito… Riassumendo, dicevo: ho assistito alla presentazione di un autore sconosciuto come me, in una biblioteca della mia zona, per capire la situazione e cosa evitare. E’ stato molto istruttivo dal punto di vista tecnico, ma anche dissuasivo, sotto certi aspetti. Non è facile mettere in piedi una presentazione che sia piacevole per il pubblico e anche utile all’autore. So che le presenze sono spesso scarse, le vendite pure. Ho voluto comunque fare una presentazione del manuale di scrittura, soprattutto per capire come mi trovo a parlare dei miei scritti in pubblico, e non è andata male. Il bello è il lato umano, e considerato che non di solo pane vive l’uomo (sembra la risposta al tuo “non per la gloria, ma per il pane”!) chissà che non ne faccia altre in futuro.

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    • Bisogna sperare di avere un “compagno di merende” (o un presentatore) che conosca il libro. Lo abbia letto e sia in grado di offrire spunti e sollecitazioni, sia all’autore che al pubblico. Praticamente si ricrea, immagino, la coppia che funziona alla grande nella comicità. Solo che purtroppo in queste situazioni non si ride quasi mai. Ecco perché poi le persone non leggono 😉

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