di Marco Freccero. Pubblicato il 7 novembre 2018.
Già, come nasce un romanzo a quattro mani?
Qual è la fiammella, la scintilla da cui un mondo (quel preciso mondo e non un altro) nasce, e poi si sviluppa, cresce, prende forma sino a finire, dopo un lungo processo, nelle mani dei lettori?
Non è semplicissimo rispondere a una domanda del genere; ma ci proverò.
Come nasce un romanzo a quattro mani
La domanda di questo post era (ed è): come nasce un romanzo a quattro mani.
Da una visione che uno trasmette all’altro. Semplice, vero? Eppure qualche riga fa avevo scritto qualcosa di differente; mi contraddico?
Non credo.
Cominciamo dall’inizio.
Il sottoscritto (lo scrivo per quanti capitano su questo blog per la prima volta), ha scritto un romanzo a quattro mani con la scrittrice Morena Fanti. Si intitola: “L’ultimo giro di valzer” ed è in vendita su Amazon e solo su Amazon, sia in versione digitale che cartacea (così sono contenti tutti anche se io preferisco, come si sa, il digitale).
Ma torniamo all’argomento di questo articolo.
All’inizio è solo una scena, un evento, che si presenta nella mente. Si trasmette l’idea all’altro, e si aspetta di vedere se germoglia.
In questo caso, le idee sono state più di una, in realtà. Sì, “L’ultimo giro di valzer” è la storia che abbiamo alla fine terminato, presentato a Castenaso e a Imola in 2 presentazioni nel mese di ottobre dello scorso anno.
Abbiamo quindi scelto, dopo un bel po’ di rilfessione, l’idea che più sembrava interessante, con uno sviluppo che a entrambi pareva più foriero di possibilità (ma dove trovi uno che usa “foriero”?).
Io e Morena abbiamo deciso di scommetterci, e vedere cosa ne usciva; ma non avevamo certezze.
Abbiamo ipotizzato alcune scene, qualche possibile dialogo e una “specie di trama” che ci consentisse di rendere quella immagine, più terra-terra. Più ciccia e colesterolo, come amo ripetere.
Non credo che all’inizio ci possa essere molta pianificazione, anche se un po’ tutti affermano il contrario.
Non mi intendo di musica (sono pure stonato). Ma immagino che il cantautore quando ha un testo, suo oppure di un altro, deve cercare di capire se il testo calza su di lui. Deve essere un cappotto, un paio di guanti o di scarpe e devono essere “suoi”.
Ecco, dovevamo appunto capire se la storia faceva per noi. Se eravamo disposti a spenderci mesi e mesi, come di fatto è accaduto.
Poi? Ci si butta subito a scrivere? Non proprio.
La pianificazione del romanzo a quattro mani
Un romanzo prevede molti mesi di scrittura. Se è “a quattro mani”, prima di scrivere bisogna pianificare alcune cose; no, non sono “alcune”. Sono tante. Tantissime. Troppe.
Non è vero, non sono troppe; sono solo quelle indispensabili.
In precedenza ho scritto che non abbiamo pianificato; all’inizio, si capisce, non esiste nulla del genere.
Dopo, quando la “vaga idea” inizia a mettere su un po’ di soda carne, non si può seriamente pensare di andare avanti a colpi di “ispirazione”. Che sa tanto di “colpi di sole” e, come come dice l’opinione comune, rendono matti. Da ricordare che la scrittura non è esattamente la faccenda più salubre che ci sia…
Per questo, dopo avere accettato l’idea, è necessario studiarla. Affrontarla. Sezionarla e vivisezionarla con cura e distacco.
Non basta che l’idea piaccia a chi la scriverà (naturalmente, altrimenti non si farà molta strada); bisogna ‘innamorarsi’ della storia e delle sue potenzialità.
In un certo senso, è necessario che si raffreddi. Ennesima contraddizione? Ma niente del genere!
Un romanzo prende come minimo un anno di tempo: e passare un anno intero con certa gente (mi riferisco ai personaggi, naturalmente!), non è molto facile. Potrebbe anche essere poco divertente, chi può dirlo? Per questo è bene procedere coi piedi di piombo ed essere anche abbastanza cinici. “Dopo” potrebbe essere tardi e imbarazzante. Vale a dire: dover confessare all’altro che “Guarda, non me la sento. Io mi fermo”. Esatto: è imbarazzante.
Scoprire che la storia non è affatto la “nostra”, rischia di diventare un piccolo inferno. Perché quando dovremo metterci le mani, avremo la tentazione di alzarci e uscire.
Occorre quindi che tra noi e l’idea si crei una certa distanza, e poi torneremo a frequentarla con assiduità. Se quando ci avvicineremo di nuovo a lei continuerà a piacerci, nonostante le difficoltà che si intravedono, vorrà dire che ci siamo.
Per questo di solito la scrittura di un romanzo si prende dei tempi biblici. Io diffido sempre di quanti affermano di scrivere un romanzo al mese. Se nessun grosso editore ti ha contatto, non stai scrivendo romanzi. E non sei un fenomeno.
Fine.
In questa fase l’entusiasmo può essere dannoso. Annebbia l’obiettività, annacqua gli ostacoli (una storia senza ostacoli è una lista della spesa, non una storia), induce a non prestare la dovuta attenzione a un insieme di dettagli che fanno la differenza tra una storia, e un elenco telefonico.
Posso affermare che è lui, l’entusiasmo, il vero nemico pubblico della storia; ma siccome si è in due a scrivere, credo che questo consenta di eliminare con una certa rapidità proprio l’entusiasmo.
La presenza dell’altro, assieme alla consapevolezza del rischio di mandare tutto all’aria lanciandosi a pesce su una storia “tanto bella” (a prima vista), sono dei freni di una certa qualità e potenza. Capaci perciò di aiutare a procedere davvero nella scrittura (se la storia è quella giusta).
Scrivere in due: è più facile?
Si crede che scrivere a quattro mani sia più semplice perché si divide il lavoro.
No, è complesso come scrivere da soli, anzi, c’è un problema in più: c’è un’altra testa, da tutt’altra parte, che pensa. E spesso i suoi pensieri non sono uguali ai nostri. Quindi i problemi, le sfide e gli ostacoli sono moltiplicati per due.
Se la tua idea è di scrivere in due (così facciamo prima e finiamo prima): lascia perdere. Sul serio. E te lo dice proprio uno che ha scritto un romanzo a quattro mani. Una magnifica esperienza.
Ma anche difficile. Perché scrivere è sempre difficile. In due lo è ancora di più. Ricordatelo.
Acquista: “La scrittura a 4 mani”, disponibile in ebook su Amazon.
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tutto corretto quello che hai scritto. Due teste pensanti da mettere d’accordo
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Solo una cosa non ho capito: cosa trasforma una storia da scrivere a due mani in una storia da scrivere a quattro mani? Perché l’avete scritto insieme quel romanzo, e non solo tu, o solo Morena? 🙂
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L’idea era di Morena. Me l’ha proposta e io ho accettato 😉
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[…] una domanda che tra l’altro mi è stata posta in un commento a un post precedente da Barbara Businaro. Vale a dire: come diavolo nasce una storia a 4 […]
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