Video pubblicato su YouTube il 3 novembre 2016. Pubblicato su questo blog il 16 novembre 2018.
Parliamo di Lev Tolstoj? Ma sì, parliamone!
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Ci sono romanzi che sono dei classici, eppure sono vittime di valutazioni un po’ errate. Questa volta parleremo di uno di questi.
Il malinteso, la valutazione errata non riguarda affatto il libro, ma l’epigrafe con cui si apre. Il romanzo è Anna Karenina e il suo autore è Lev Nikolaievic Tolstoj: e quando dico Tolstoj, sull’attenti!
L’epigrafe all’inizio del libro recita più o meno “A me la spada, Io farò giustizia” oppure, secondo altre traduzioni “A me la vendetta, io darò la retribuzione”. A parlare è il Dio del Vecchio Testamento. Un po’ tutti la interpretano come una minaccia nemmeno troppo velata alla donna. “O Donna, bada a rigare dritta e a non abbandonare mai i binari dell’onore e della rispettabilità, perché se lo farai saranno guai. Ma i guai che incontrerai saranno poca cosa rispetto a quelli che ti attendono quando sarai al cospetto del Dio degli Eserciti.”
È un clamoroso errore.
Si tratta di un avvertimento che Dio lancia a tutti, e in sostanza dice: “Sono Io quello che può davvero giudicare e fare giustizia, perché Io solo conosco il cuore dell’essere umano, che cosa contiene davvero. E quanto a voi, ometti e donnine, che giudicate a destra e a manca, dovreste mordervi la lingua. Perché non siete me, non sapete nulla, non conoscete nulla perché la vostra sapienza si basa solo su apparenze, e un mucchio di chiacchiere”.
Tolstoj ispirò Gandhi, la pratica della non violenza, e diede un’interpretazione talmente personale al cristianesimo che fu messo all’indice dalla chiesa ortodossa, e scomunicato. Oltre a essere controllato dalla polizia politica dello zar, preoccupato com’era che le sue idee di uguaglianza potessero essere prese sul serio dal popolo russo. Se fosse accaduto forse la famiglia dei Romanov, quella dello zar appunto, non sarebbe stata messa al muro.
Tolstoj è un bel problema. Grandissimo scrittore, uomo lacerato, tormentato, che vuole essere amico sincero dei poveri, e per essi costruisce nella sua tenuta una scuola, per liberarli dall’analfabetismo. E nello stesso tempo genuinamente nobile, aristocratico fino al midollo.
Talmente ingombrante insomma, che alla fine lui stesso pare il personaggio più riuscito; più riuscito di tutti i personaggi che pure troviamo nei suoi romanzi! E l’autore di questa opera dal titolo Lev Nikolaievic Tolstoj chi è allora?
Non è questa la domanda da porsi, in realtà: troppo filosofica, o forse lo è troppo poco. Alla fine Tolstoj scappa letteralmente di casa (ha oltre 80 anni quando lo fa), e muore in una piccola stazione ferroviaria. Ma nonostante la sua conversione all’etica del Discorso della Montagna di Gesù Cristo, qualcosa ancora gli sfugge. Sente che per acchiapparlo deve mettersi in discussione davvero: mollare tutto, scappare.
Le sue ultime parole infatti furono: “Svignarsela. Bisogna svignarsela!”, proclamando una visione della vita come una sorta di trappola, o prigione, da cui scappare.
Tolstoj nonostante la conversione al cristianesimo, ha mantenuto un giudizio negativo, forse nichilista, sulla vita. Come se vivere fosse scegliere l’errore che più ci fa comodo. E probabilmente non è affatto così.
Il problema Tolstoj, se vogliamo chiamarlo in questo modo per comodità, dimostra in modo plateale come la riflessione o la scrittura o ancora la cultura, non conducono affatto alla felicità. E tutta la propaganda che si fa per convincere le persone a leggere perché così saranno tanto felici, oltre a essere pure tanto buonine, è ridicola.
Tolstoj visse in un momento cruciale per la Russia: una nazione che di fatto basava il proprio sistema sociale sullo schiavismo, con una classe dirigente che si credeva invincibile perché messa lì da Dio in persona. Lui, che era un esponente di quel mondo dorato, capì che stava per arrivare la fine. Provò a indicare la via d’uscita, lui stesso tentò di prenderla e di percorrerla, procurando enormi sofferenze alla moglie. Il risultato, come si sa, non fu un grande successo. Il suo pensiero, con la sua morte entrò in crisi, e di lì a poco la Rivoluzione d’Ottobre spazzò via, come era naturale, un regime dispotico che non poteva evolvere, ma solo collassare sotto i colpi delle baionette e dei cannoni.
Ma l’epigrafe che troviamo in apertura di Anna Karenina ci dovrebbe aiutare ad accogliere ogni essere umano almeno con più attenzione. Tanto siamo tutti delle canaglie che sbagliano di continuo. Forse è questo il messaggio di Tolstoj che continua ad arrivare a noi. Forse è per questo che lo leggiamo, e lo leggeremo ancora a lungo.
Alla prossima e ricorda: Non per la gloria ma per il pane!