Road Dogs di Elmore Leonard, il Grande (Video)


foto marco freccero

 

di Marco Freccero. Pubblicato il 20 dicembre 2018.

 

 

Vuoi andare sul sicuro?
Vuoi leggere qualcosa di grande livello?
Con dei dialoghi perfettamente calibrati?
Di un grande scrittore statunitense, magari?

Allora eccoti: “Road Dogs” di Elmore Leonard, il Grande.

Buona visione.

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In un carcere della Florida fanno amicizia 2 galeotti. Uno è bianco, si è beccato 30 anni per rapina, ma ne ha compiute davvero tante. Oltre 100.
L’altro è un cubano fuggito da L’Avana che ha trovato negli Stati Uniti la realizzazione dei suoi sogni. Ha trafficato in droga fornendola a stelle di Hollywood; ha ammazzato 2 o 3 persone ma deve scontare solo 7 anni.
Potenza dei soldi.

Oggi si parla del romanzo di Elmor Leonard “Road dogs”, pubblicato da Einaudi e nella traduzione di Luca Conti. Con questo termine ci si riferisce a quei tipi che dietro le sbarre, si coprono le spalle.

Sì, perché tra Cundo (il cubano), e Jack Foley, il rapinatore di banche, scatta l’amicizia, ammesso che in galera possa nascere davvero qualcosa del genere. E Cundo gli fornisce la sua avvocata. Pagherà lui, Jack non deve preoccuparsi. E non solo l’avvocata gli riduce la pena; ma Jack esce di galera prima del suo amico cubano.

Se ne va a Venice, California, dove Cundo ha un paio di ville e Jack ne abiterà una, a sua scelta; in attesa che anche l’amico, nel giro di qualche settimana, venga liberato. Lì c’è pure un tipo che cura gli affari del cubano, e soprattutto c’è la ragazza di Cundo, Dawn Navarro. Che gli ha promesso di fare la santa e di non andare con nessun uomo finché lui non uscirà dal carcere.

Sulle tracce di Jack si mette però un agente dell’FBI, Lou Adams, convinto che riprenderà a rapinare banche, e deciso quindi a sbatterlo in galera per sempre.

Oltre a questo la donna di Cundo, Dawn, che per tirare su un po’ di soldi fa la medium dalle parti di Hollywood, dove è facile spremere dollari da attrici ricche e annoiate, ha in mente di prosciugare un po’ i conti del suo uomo, e battersela da qualche parte.
Ma ha bisogno di qualcuno che le dia una mano…

È il solito grande Elmore Leonard, con la sua scrittura cinematografica, il suo occhio ironico sul feroce mondo del crimine, il suo sviluppare la trama con sapienza e senza sbagliare un dialogo. Quando scrisse questo romanzo aveva 84 anni, e impressiona proprio la facilità, la freschezza della sua prosa.

Quindi siamo alle prese col solito romanzo “noir”, di crimine, e delinquenti senza alcuna speranza?
A prima vista sì, ma Elmore Leonard non è stato uno scrittore di razza solo perché ambientava le sue storie nel mondo criminale. Penso per esempio a “Mr Paradise”, oppure a “Lo sconosciuto n. 89”.

La grandezza di uno scrittore non si misura solo con le vendite, o i premi, e lui ne vinse un discreto numero.
Ma anche con quello che desidera comunicare, magari a sua insaputa.

Elmore Leonard scriveva queste storie perché in fondo aveva compreso che negli Stati Uniti il crimine è il solo mezzo davvero democratico, quindi alla portata di tutti, per permettere a chiunque, purché determinato e abbastanza intelligente, di realizzare il Sogno Americano.

Basta avere certe qualità, e in breve ci si ritrova con un paio di ville e alle feste delle attrici e degli attori di Hollywood.

Sì, il Sogno americano è appunto un sogno che taglia fuori la maggior parte delle persone, e poi c’è il crimine che non è affatto una scorciatoia. È solo uno dei tanti modi per ottenere quello che si desidera.

Il buon Leonard in questa storia sta, e lo si capisce bene, dalla parte di Jack Foley, rapinatore di banche senza pistola (o altrimenti le pene detentive diventano davvero dure), che non ha mai pensato davvero di lavorare, ma che non ama per niente i raggiri, le truffe.

È quindi un personaggio strano. Non è propriamente un criminale, ha un suo codice, e un sogno. Usare il sogno americano per battersela, prima o poi, da qualche parte in Centro America, e godersela.

Chissà se ci riuscirà. Per saperlo, tu devi acquistare il libro.

Alla prossima e: non per la gloria, ma per il pane!

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