di Marco Freccero.
Pubblicato su Youtube il 3 gennaio 2019, e ripubblicato su questo blog nello stesso giorno.
Come come come?
Ci sarebbe un legame tra questi 2 scrittori?
Secondo me, sì. Quale?
Per scoprirlo devi vedere il mio video.
Buona visione!
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Oggi voglio provare a dimostrare che c’è un interessante legame tra 2 scrittori profondamente differenti.
Uno è Stephen King, che da sempre vende a carrettate, e dai suoi libri sono stati tratti numerosi film per il cinema e la televisione.
L’altro è Richard Yates, che ha sempre venduto poco ed è stato apprezzato più dai critici che dal pubblico.
Ma che cosa li unisce? Quale relazione li lega, forse?
Prenderò in esame 2 libri di questi autori: “Le notti di Salem” per King, pubblicato nel 1975. E “Revolutionary road” di Richard Yates, uscito nel 1961. Yates è morto nel 1992.
“Le notti di Salem” è il secondo libro di King e lo consacra come “re dell’horror”. In questa opera non fa che prendere la storia di Dracula, sì, quello coi dentoni che succhia il sangue, e lo trasporta in una sonnolenta cittadina del Maine.
Che cosa può fare un vampiro in una sonnolenta cittadina del Maine?
Il fabbro?
No: il vampiro!
Ma se mettiamo da parte il vampiro, e al suo posto mettiamo per esempio uno stile di vita che ha come scopo non dichiarato, quello di svuotare l’individuo di volontà, sogni, desideri e ambizioni, riducendolo a una larva tesa solo a soddisfare i propri, basilari istinti di sopravvivenza… Non siamo forse alle prese con una critica appunto a uno stile di vita che rende le persone dei perfetti alienati?
In fondo: che cosa fanno i non-morti dopo che sono caduti vittime del potere del vampiro? Durante il giorno se ne stanno rintanati al buio, per uscire quando calano le tenebre e andare a caccia di cibo e nient’altro che cibo. Non vogliono altro, non desiderano altro. Non hanno sogni, desideri, speranze, o futuro. Non hanno più nulla.
Nel romanzo “Revolutionary road”, di Richard Yates che cosa abbiamo invece? Una giovane coppia con 2 figli che vivono placidamente nel quartiere residenziale chiamato appunto “Revolutionary road”. Sono gli esponenti in apparenza soddisfatti e felici di un’America che negli anni Cinquanta era al suo massimo.
Il mondo pareva ai suoi piedi, il futuro era senza dubbio americano. O non ci sarebbe stato futuro.
Eppure qualcosa non gira come dovrebbe.
È soprattutto la moglie che percepisce che quella che conducono non è vita, ma un meccanismo che lentamente li assimila allo stile di vita statunitense. È lei che ha l’dea di piantare tutto e fare un viaggio in Europa, a Parigi.
Sfuggire in qualche modo a quel sobrio massacro che viene compiuto in silenzio da un sistema che alla fine rende gli individui rotelline di un congegno che produce ricchezza per pochi, e alienazione per tutti.
Non è molto differente da quanto portato avanti dai vampiri nella cittadina di Stephen King, vero?
Sia chiaro: King quando scrisse il suo romanzo sui non-morti voleva solo scrivere un romanzo sui vampiri, e basta. Non era assolutamente consapevole di null’altro, e desiderava ripetere il successo avuto con “Carrie”, un anno prima. E ci riuscirà alla grande.
Forse invece Yates era più consapevole di quanto andava scrivendo e descrivendo.
Comunque sia, anche se si tratta di storie differenti, scritte in 2 periodi storici lontani, appartenenti a 2 generi agli antipodi; entrambi questi libri hanno il merito, a mio parere, di affermare la medesima cosa sulla società americana, e la sua malattia forse più letale.
L’alienazione.
Alla prossima e: Non per la gloria, ma per il pane.
quello che li differenzia, trattando lo stesso argomento l’alienazione, è come viene esposto. King, furbescamente, parla di vampiri, di zombie, ecc e nasconde il vero argomento perché coinvolge il lettore nella storia senza dargli lo spunto di riflettere. E’ tipico dei romanzi di King.
Yates che non conosco invece è più schietto, va diritto al punto senza perifrasi, almeno è quello che ho dedotto dal tuo breve sunto. Questo agli americani non piace. Tocca un loro nervo scoperto. King vende, Yates no
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Infatti Yates continua a vendere poco anche se da Revolutionary Road hanno tratto un film con Di Caprio.
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Del film si ricordano le immagini e di norma non è mai aderente al testo usato per la sceneggiatura per ovvi motivi.ola deve far immaginare, le immagini devono far vedere.
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