Video – Che cosa rende uno scrittore… Uno scrittore?


foto marco freccero

 

di Marco Freccero. Pubblicato su YouTube il 17 gennaio. Ripubblicato sul blog nella stessa giornata.

 

 

Piccolo video dedicato a uno scrittore praticamente sconosciuto in Italia. Però parlare della sua opera può (forse), essere utile.

Buona visione.

Iscriviti al mio canale YouTube.

Da qualche settimana leggo la raccolta di racconti di George Mackay Brown dal titolo “A calendar of love”.
In inglese.
Non ho idea di quando la terminerò, ma non importa.

È la prima raccolta di racconti che leggo di questo autore delle isole Orcadi, che da noi ha riscosso scarso successo. La casa editrice Tranchida, di Milano, ci ha scommesso abbastanza, pubblicando ben 4 romanzi di questo scrittore. Quindi, non si è affatto risparmiata.
Ma è rimasto di nicchia.

Ed è strano perché avrebbe le caratteristiche per piacere. Per esempio uno spirito contrario alla modernità.

Una narrazione che arriva dalla periferia, e che parla solo di periferia (vale a dire le isole Orcadi).
Benché sia stato apprezzato da certa critica, George Mackay Brown non poteva (e nemmeno voleva), diventare popolare. Non perché fosse un bastian contrario.

Desiderava solo mettere a frutto il suo talento; e stop.

George Mackay Brown era uno scrittore e poeta che usava il piccolo mondo di Stromness (dove è nato e cresciuto e infine morto e sepolto), per parlare del Mondo. A modo suo, ovvero con la sua visione. Con il suo passo (perché dopo la visione, ci deve essere pure il passo).

Mi sono domandato se è così difficile scrivere storie.
“Calendar of Love” ha questo titolo perché il primo racconto che apre la raccolta è il fedele resoconto di un amore scandito dai mesi dell’anno: gennaio, febbraio, marzo, aprile; eccetera eccetera.

Fedele per modo di dire; perché un autore non è mai fedele a quello che vede, o vive; fa una scelta precisa. Mette sul foglio quello che conta.

È quindi sì fedele, ma solo alla storia.
Non alla storia che ha “visto” o “vissuto”; ma a quella che deve raccontare. (Già, sono 2 cose ben differenti).

Detto questo: ancora una volta mi sono domandato se questo racconto, oppure gli altri che leggerò nel prossimo anno, in mano a una persona “normale”, che effetto gli farebbero.

“Peter il pescatore viveva in una capanna incatramata, sopra le rocce, con la sua barca, le sue nasse, la sua Bibbia.

Jean Scarth viveva con suo padre (la gente lo chiamava Snipe) nel suo pub in fondo al villaggio. Snipe giaceva ora per tutto il tempo nel letto. Secondo il dottore non avrebbe visto il nuovo anno.”

La traduzione è mia.
Mi sono sorpreso più volte a immaginarmi una persona “normale” che di fronte a queste poche frasi dica:

“E che ci vuole? Basta seguire il filo dei pensieri. Ah, se avessi tempo! King me lo mangerei a colazione!”.

Come spiegare alla gente “normale” che la scrittura è difficile?

Per prima cosa: non è detto che quanto scritto sia sempre un capolavoro. Ci possono essere incipit, paragrafi, capitoli interi “deboli”.
E potremmo chiuderla qui.
Sarebbe troppo facile.

La scrittura di questo poeta e scrittore delle Orcadi è molto sobria. Non ci sono descrizioni. Ci sono fatti.
Peter che compra un’automobile di seconda mano ma non ha patente, assicurazione, né ha mai svolto l’esame.
Il padre di Jean piagnucola e ricorda eventi di 60 anni prima.
Lei che non ne può più.
Peter che decide di vegliare il padre di lei. Eccetera eccetera.

È la banalità del quotidiano che irrita le persone.

Il quotidiano è sempre banale?
Oppure è banale solo perché non siamo in grado di riconoscere tra le pieghe delle lenzuola, nell’aroma del caffè in cucina, e nel “semplice” dolore di chi piange chi muore, tutto quello che è, tranne che ordinario?
Forse qui c’è la chiave di tutto.

Immagino che uno scrittore bravo, lo sia quando riesce a vedere “cose” che gli altri non vedono e che soprattutto non desiderano vedere.
Non perché “rivoluzionarie”.
Non perché capaci di cambiare il corso del mondo (che non cambia mai, tranquilli).

Ma perché sono banali, eppure contengono al loro interno una perla: lo straordinario.

Ciascuno di noi ha almeno… 20 anni? O 10? Insomma: ciascuno di noi ha alle spalle un mucchio di anni che lo hanno influenzato e indotto a credere che una storia è tale solo se è straordinaria.
Libri, televisione, cinema sono le armi principali di questa opera di persuasione.
Una vita è vita solo se è straordinaria.

E noi abbiamo abboccato. Poi, abbiamo confermato la nostra appartenenza a questa ideologia quasi ogni giorno.

Qualcuno, no.
George Mackay Brown, per esempio, no.

Alla prossima e: non per la gloria, ma per il pane.

5 commenti

  1. Gli scrittori elevano l’ordinario a straordinario. Le nostre vite sembrano sempre ordinarie, perché ci viviamo dentro fin dall’inizio. Ma se le raccontiamo, sapendole raccontare, chiunque le troverà straordinarie. 🙂

    "Mi piace"

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.