di Marco Freccero. Pubblicato il 25 marzo 2019.
Ci sono libri che di fatto sono dei manifesti. Nel senso che spiegano la visione che uno scrittore ha non del mondo (“mondo”; “società”; “contemporaneità”: sono tutte sciocchezze. Etichette inutili che non aiutano affatto a comprendere); bensì dell’uomo.
Il libro in questione è “Memorie dal sottosuolo” e parliamo di Fedor Dostoevskij.
E di chi altri vogliamo parlare? Prima di andare a vedere che cosa contiene, conviene comprendere che cosa era successo prima. E prima di cose ne erano accadute parecchie, e tutte di un certo peso.
Un nuovo tipo di essere umano
“Memorie dal sottosuolo” viene pubblicato nel 1864. Dopo 2 anni uscirà “Delitto e castigo”. Gli anni di prigionia passati a Omsk, e poi nella città di Semipalatinsk sono alle spalle. Così come sono alle spalle le idee socialiste; e l’Europa? Anche l’Europa in un certo senso è un concetto, una realtà che non ha più nulla da dire (se lo ha mai avuto). Fedor ha viaggiato e visitato Paesi e città (tra cui Genova, Milano e Firenze; la Germania e la Svizzera, e proprio a Ginevra perderà una figlia; poi Londra e Parigi). Ne ha ricavato un’opinione orribile: è un continente borghese, ignorante, stupido come una mucca (questo lo aggiungo io, non credo che lo abbia detto davvero), volgare e dissoluto. Da lì può venire del nuovo che non sarà mai buono (per la Russia).
Eppure se questa diagnosi definitiva tornerà sempre nei suoi scritti, Fedor da tempo ha compreso che è accaduto qualcosa all’uomo; almeno quello occidentale. Ma questa metamorfosi colpisce in pieno anche l’uomo russo. E decide di puntare la sua attenzione proprio sull’uomo russo. Mettendolo al centro della sua riflessione, del suo lavoro di scrittura, sviluppa meglio un’intuizione che aveva avuto mentre scriveva “Il sosia” (ricordo che il titolo originale russo in realtà è “Il doppio”). La frantumazione dell’uomo, del suo io. L’uomo medioevale è confinato su un altro pianeta. Adesso tocca avere a che fare con un nuovo tipo di essere umano.
Mentre scrive quest’opera, la moglie di Fedor sta morendo. Lui stesso non sa che cosa ne verrà fuori perché (tanto per cambiare) scrive in condizioni terribili. Ma alla fine lo pubblica.
Il libro a ben guardare è una bordata ben studiata e calibrata contro il mondo “logico e razionale” che soffia da Occidente e seduce tante belle menti. Le élite russe si sono inchinate come canne al suo passaggio, e commosse guardano a esso come a un vento liberatore. In grado di liberare la Russia da tutto il vecchiume e l’arretratezza che Zar e religione hanno imposto come un giogo.
Se per l’Europa solo la logica è capace di costruire hic et nunc il paradiso terrestre su questa Terra (il latino lo devo usare per far credere a chi legge che ci so fare), Fedor fa qualcosa di geniale (tanto per cambiare).
La malattia è la coscienza
Il suo protagonista, cattivo che però non è mai riuscito a essere davvero cattivo, individua la grande malattia dell’uomo nella coscienza. Gli animali, che non l’hanno, sono felici, e sono felici perché non avendo una coscienza, seguono la logica.
Se ho fame, uccido l’antilope. Se non ho fame non uccido l’antilope. Questa è la logica della leonessa, e più o meno è la logica che seguono tutti gli animali privi di coscienza (ed è la loro fortuna).
L’uomo non è logico: 2 + 2 = 5.
Ma è qui che Fedor svela il piano ideologico che dall’Europa muove contro la Russia (non è contro la Russia: è contro l’essere umano). Un piano che sostituisce la realtà con una sua rappresentazione ideologica alla quale si deve obbedienza cieca, pronta e assoluta. E il passo successivo è la rimozione della coscienza, vero ostacolo alla felicità.
Il protagonista di quest’opera da una parte denuncia l’eccezionalità dell’essere umano, e individua proprio in essa l’origine di tutti i guai: la coscienza. E d’altra parte implicitamente elogia la logica, sola e unica via per la felicità. Che deve passare per un omicidio, ovviamente: l’essere umano deve essere soppresso. La sua unicità rimossa, come se si trattasse di un cancro.
Questo libro è un manifesto perché buona parte delle intuizioni che troviamo qui, le ritroveremo sviluppate meglio, per esempio, ne “I demoni”; ma anche ne “I fratelli Karamazov”. La Russia è sotto attacco perché sotto attacco è l’essere umano. E l’ideologia che Fedor contesta e attacca riuscirà comunque a imporsi per 70 anni in Russia, e non solo.
Perché immaginare che la faccenda si sia conclusa significa non avere compreso la posta in gioco: è sempre lì, l’essere umano.
Sempre sotto attacco.
L’uomo del sottosuolo: ma da che parte sta? Chi è? Dostoevskij? Oppure si tratta del “vero russo” che lontano dalle ideologie europee si rifugia nel sottosuolo, e da lì parla? Un sottosuolo che racchiude la realtà, una realtà lurida e scomoda che, sempre secondo l’ideologia, deve essere rimossa costi quel che costi?
Non è semplice trovare risposta a questi interrogativi. Di sicuro Fedor fa parlare questo essere cattivo e malato perché è reale, e rappresenta la realtà. Scrivere della realtà così com’è, sembra dirci, è una faccenda scomoda. Dire che le cose stanno così, e basta, è brutto e poco in sintonia con lo Spirito del Tempo.
E che cos’è davvero quello che spinge a dire che “2 + 2 = 5”? La libertà. Per Dostoevskij quello che spira da Occidente non è affatto il vento della libertà, ma un vento che vuole uccidere la libertà dell’essere umano. Quello che si presenta come fulgida e meravigliosa occasione in grado di garantire agli uomini e donne della Russia la felicità in terra, è in realtà un disegno sottilmente eversivo. Perché desidera uccidere la libertà dell’individuo, considerata solo un elemento di disordine nel cammino che condurrà l’umanità verso l’autentica felicità. Una felicità però che dovrà per forza di cose fare a meno della realtà; della coscienza; della libertà. Ma questo è un piccolo prezzo in vista del grande premio che attende tutti, senza distinzioni (purché accettino di perdere tutto, di annientare tutto ciò che rende l’essere umano unico). Il paradiso in terra.
La guerra contro l’essere umano è solo agli inizi…
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Il vento che spira dall’occidente non è affatto un vento di libertà, con il senno di poi possiamo affermare che è vero, la libertà ventilata dall’occidente ha un prezzo alto e forse non è neanche libertà. Ma anche la società russa non garantiva davvero la libertà, così come oggi, in Europa, pensiamo di vivere in un regime democratico e siamo stritolati da soffocanti regole…
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Sì, anche se io trovo Putin un po’… Inquietante 😉
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La Russia ha una storia molto particolare, come sto scoprendo di recente, tra l’altro mi piace moltissimo e ho portato “La Rivoluzione Russa” come testo aggiuntivo per l’esame di storia contemporanea. Da quello che ho capito, per lunghi periodi è stata tagliata fuori dal resto dell’Europa e in altri abbia avuto un approccio prudente rispetto all’Occidente e alle sue novità. Come a dire: “Dobbiamo aiutarci da soli perché nessuno lo farà.” Questa è una frase che è stata pronunciata testualmente dallo stesso Putin in occasione di un discorso di fine anno.
Il tuo articolo mi ha fatto venire in mente anche la questione dell’anima russa, da quello che hai letto in Dostoevskij o altri grandi autori esiste davvero?
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Mi pare che esista soprattutto l’idea di “popolo russo”, che è di fatto un sinonimo di “anima russa”. Sia Tolstoj che Dostoevskij invitano a guardare all’uomo russo, al popolo, ad abbandonare le idee occidentali e a tornare appunto a frequentare il popolo. Ma non per educarlo come credevano i socialisti che volevano liberarlo dalla superstizione. Bensì per farsi educare, in un certo senso.
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