di Marco Freccero. Pubblicato il 30 aprile 2019.
Oggi andiamo (anzi: vado) a intervistare la scrittrice Tiziana Zita. La ringrazio per la disponibilità. Ma, come dicono quelli davvero istruiti: “Bando alle ciance”.
Ecco l’intervista.
Buona lettura.
Sei direttrice responsabile del sito “Cronache letterarie”. Ma soprattutto sei alla tua prima esperienza nel campo del self-publishing (o auto-pubblicazione). Quanto impegno e fatica c’è nell’essere una scrittrice che si auto-pubblica?
Tanto! Forse perché ho cercato di fare tutto a un livello professionale. Ho dovuto individuare le figure giuste a cui rivolgermi e ho svolto tutti i compiti che in genere toccano a un editore. Ho lavorato con editor, correttore di bozze, illustratore, graphic designer, esperta di self publishing e così via. Scrivere e poi pubblicare il romanzo è stato un percorso a ostacoli al quale hanno contribuito tante persone. Certe volte mi sembrava di essere come Achille con la tartaruga, avevo l’impressione che la strada si allungasse man mano che andavo avanti. Ogni passo è stato una specie di gorgo che ha richiesto parecchio tempo ed energie per uscirne.
Per te che cosa significa essere una scrittrice che si auto-pubblica? O meglio: come è cambiato il tuo modo di affrontare la Rete, il tuo lavoro di scrittura, quando hai deciso di “fare sul serio”?
Non molto perché la mia esperienza professionale in tv – come story editor e producer di serie televisive – e quella di direttore di un giornale online, mi hanno abituato a gestire sempre meglio il linguaggio del Web. Dunque ho potuto sfruttare questa mia esperienza. Però il modo di affrontare la Rete è cambiato perché in genere io tendo a mettere in evidenza i contenuti mentre me ne sto in disparte, un po’ defilata, invece pubblicare un romanzo vuol dire esporsi, tanto più se devi fare tutto da sola e non hai alle spalle un editore. Stavolta ho dovuto metterci la faccia.
Quali sono, a tuo parere, i miti da sfatare attorno all’autopubblicazione (o self-publishing che dir si voglia)?
Intanto non è vero che è a costo zero. Bisogna vedere qual è il tuo obiettivo e qual è il tuo target. Ad esempio, se sei un professore che pubblica le sue dispense, sarà molto diverso dal pubblicare un romanzo. Il self publishing permette di pubblicare a costi contenuti ma per farlo bene bisogna comunque investirci soldi e lavoro. Solo realizzando un prodotto di qualità puoi sperare di avere successo: diciamo che questa è una condizione necessaria ma non sufficiente.
Il problema più grande per chi sceglie l’autopubblicazione è quello della discoverability: farsi trovare dai lettori. Secondo te, qual è la prima mossa da fare: blog? Gruppo Facebook? Twitter? Google AdSense? (Oltre ad avere scritto un’opera almeno interessante, è ovvio). Oppure basta “tenere duro” e non badare troppo alle reti sociali e alle “mode”?
No, non basta tenere duro. Il problema della promozione si pone anche a chi pubblica con un editore. A sentire la maggior parte degli scrittori, gli editori non investono nella promozione, o lo fanno solo per i grossi nomi. Perciò bisogna ingegnarsi. Io sto usando un po’ Cronache Letterarie e i suoi canali social. Sto utilizzando i miei profili Facebook, Instagram e Twitter. Poi c’è la newsletter di Cronache Letterarie e la mailing list legata ad eventi culturali che ho organizzato negli ultimi anni. Può sembrare chissà che, ma malgrado tutto è molto difficile farsi notare perché ognuno di noi è bersagliato da numerose offerte editoriali. I costruttori di ponti poi non è un romanzo di genere, non è un thriller, o un romance, o un fantasy che funzionano meglio online. Io comunque tendo ad avvalermi di una strategia one to one. E chiedo a tutti quelli che leggono il romanzo di lasciarmi un commento su Amanzon, o sugli altri store online. Canali come blog, gruppi Facebook e così via, sicuramente servono ma devi averli già creati e frequentati: non puoi aprire un blog mentre pubblichi il romanzo. Devi prima trovarti dei lettori che ti apprezzino e che si fidino di te. Possono volerci anni per costruire tutto questo. Bisogna riuscire a dire alla gente: questo romanzo esiste, ecco di cosa tratta, forse potrebbe interessarti.

Una cosa secondo me utile è stato creare la versione cartacea perché ancora tanti non leggono gli ebook. Magari sono disposti a comprare online, purché ci sia il cartaceo. Io finora ho venduto metà libri di carta e metà ebook. Il mio intento è uscire dalla cerchia degli amici e conoscenti per arrivare fuori tra i comuni lettori. Chissà se ci riuscirò 🙂
Con “Cronache letterarie” sei una privilegiata osservatrice dell’editoria italiana. Recensioni, interviste, presentazioni, sono i mezzi che negli anni tu e i tuoi collaboratori avete usato per esplorarne dinamiche, e stato di salute. A questo proposito, cosa puoi dirci? Come sta la narrativa italiana?
Domanda difficile, io poi tendo a leggere più quella straniera. In generale sono un’amante della trama. Penso che la storia sia importante e in questo mi sembra che la narrativa italiana, e non solo, difetti. Il romanzo italiano che mi è più piaciuto negli ultimi anni è La pelle di Curzio Malaparte. Una scrittura straordinaria. Bei romanzi italiani che ho letto sono L’arminuta, oppure Io venia pien d’angoscia a rimirarti di Michele Mari. Ora sto leggendo Sangue giusto di Francesca Melandri e i racconti di Antonio Pascale.
“Studiare il mercato, individuare il pubblico, e poi scrivere di conseguenza la storia”. Concordi con questa strategia, oppure la consideri una strada che porta a produrre libri tutti uguali?
No che non sono d’accordo! Non so neanche se funzioni. Anche volendo avere successo e ponendosi il problema del target mentre scrivi, come accade per le serie tv, bisogna comunque avere un’ispirazione, un’idea della quale ti innamori.
Pensi che sia necessario frequentare dei corsi di scrittura creativa (oltre a leggere tantissimo)?
No, non penso sia necessario, anche se io ho frequentato corsi di sceneggiatura prima di svolgere il mio lavoro di story editor di serie tv. Bisogna leggere molto e anche scrivere molto. Però la scrittura non è una medicina amara da prendere ogni giorno. Per me è da sempre un modo per esprimermi, per riflettere su me stessa e sul mondo, è un modo per indagare. E poi scrivere mi piace molto, così come mi piace fare story editing; ora che I costruttori di ponti è diventato realtà, sono tornata a dedicarmi anche alle storie di altri.
Ho praticato tanti tipi di scrittura a livello professionale e mi diverto sempre a farlo. Come dice la Highsmith: “La prima persona a cui dovete pensare di fare piacere, nello scrivere un libro, siete voi”.
Le cose che uno scrittore (o una scrittrice) indipendente deve fare assolutamente?
Bisogna essere perfezionisti e molto determinati. La scrittura è mettere in fila chilometri di parole, perciò bisogna essere disposti a ributtare giù tutto e riemetterle di nuovo in fila… ma ne vale la pena! Non bisogna accontentarsi. Non bisogna scoraggiarsi. Questo vale a maggior ragione per uno scrittore indipendente perché il suo lavoro non finisce dopo aver scritto la parola “fine”. A quel punto ha ancora molta strada da fare.
Quali sono i libri di formazione alla scrittura da leggere?
Oltre a leggere tanta narrativa, posso consigliare due libri. Uno è Il principio dell’iceberg di Hemingway, un libricino piccolo piccolo, che contiene una sua intervista molta istruttiva perché va contro tutta la retorica dello scrittore. Poi un libro davvero fantastico è On Writing di Stephen King.
Secondo te, cosa manca all’autopubblicazione per essere presa sul serio?
L’autopubblicazione non è una cosa sola, ma tante. Puoi scrivere un racconto in un pomeriggio, fare un disegnino per la cover e metterlo online quel pomeriggio stesso, oppure puoi fare come me che ho impiegato sette anni per scrivere e pubblicare il mio romanzo. Sei mesi solo per la cover realizzata da Violeta Lopiz, un’illustratrice professionista. Il self publishing non si fa da soli, si tratta di un lavoro di squadra, proprio come quello di un editore. Bisogna trovare la propria squadra di collaboratori.
Puoi rivelarci a che cosa stai lavorando?
Sto lavorando a un altro libro, una storia epica che mi porterà lontano, in paesi remoti, esotici, dall’altra parte del mondo a vivere delle grandi avventure.
Tiziana Zita è direttrice editoriale della rivista online Cronache Letterarie. Fondata nel 2011 con un’attenzione a tutte le forme di narrativa, in particolare a romanzi, film e serie tv, è diventata, col tempo, una testata giornalistica.
“È il tempo in cui tutto si mescola. Le arti più che mai intrecciate e imparentate danno luogo a nuove forme e aprono nuovi universi narrativi. La letteratura diventa transgender. In mezzo a questi confini mobili, saltelliamo e vi portiamo con noi. Al confine tra realtà e finzione, tra reale e digitale, tra finzioni diverse… “sempre non facciamo altro che raccontare storie”.
interessante intervista con domande intelligenti e risposte interessanti.
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Grazie! Ma sei io volessi intervistarti? Non sono riuscito a trovare un indirizzo mail sul blog (ma forse ho cercato male…).
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trovi il mio indirizzo tra i commenti ai tuoi post. Nessun problema per l’intervista. Mi farà piacere.
O.T. se vai in amministrazione e esplori i commenti trovi indirizzo IP e mail. Oppure puoi scrivermi anche su anobiano@newwhitebear.net – una mail si riserva
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Non avevo mai fatto caso ai commenti 😬
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Quando voglio contattare qualcuno in privato che mi commenta trovo lì l’indirizzo.
Comunque anche quello che ti ho fornito è valido e monitorato. Quindi posso leggerti su entrambi
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Quanta fatica e sudore c’è dietro il self publishing, come non essere d’accordo.
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Sì. Ma è anche divertente, in fondo in fondo 😉
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L’approccio professionale è fondamentale anche per proporsi agli editori, ma per autopubblicare è vitale. Grazie a entrambi per l’interessante intervista (bel suono, un editor lo segnerebbe in rosso!).
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Be’, credo che chiuderebbe un occhio 😉
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“Devi prima trovarti dei lettori che ti apprezzino e che si fidino di te. Possono volerci anni per costruire tutto questo.”
Quindi prima si rimedia il pubblico, e poi si pubblica il libro. Sia con un editore tradizionale, sia da self-publisher. “Il problema della promozione si pone anche a chi pubblica con un editore. A sentire la maggior parte degli scrittori, gli editori non investono nella promozione, o lo fanno solo per i grossi nomi.” Purtroppo questa è anche la mia sensazione. Che uno scrittore, in Italia, debba imparare anche un po’ di marketing… 😦
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Esatto, ormai funziona così.
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[…] […]
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