di Marco Freccero. Pubblicato il 13 maggio 2019.
Procediamo a tamburo battente.
Il primo tour immobile nella storia dell’umanità (sto parlando del mio “The Legacy Tour”), oggi ci porta per la seconda volta a Bologna. Sì, perché la mia Trilogia delle Erbacce lì ha dei fans scatenati, e oggi la parola andrà a una di esse.
Chi segue questo blog sa bene che nel mese di ottobre del 2017 io e Morena Fanti facemmo una presentazione del romanzo “L’ultimo giro di valzer” proprio in un locale della provincia di Bologna. Un buon successo, senza dubbio, anche perché fu la mia prima presentazione in assoluto, e non sapevo bene che cosa dire o meglio: speravo nella clemenza della Corte (pardon, dei lettori, anzi lettrici). E così fu.


Che cosa posso aggiungere ancora? Siamo nella bella Emilia, signore e signori, quindi tutto è piano o pianeggiante. Ottimo l’agriturismo “La sosta dell’Idice” (l’Indice è il fiume che scorre nei paraggi), soprattutto la sua colazione. Belli i roseti. Un piccolo angolo di tranquillità, di pace, e attorno i campi dove ancora si lavora la terra.
Ma bando alla ciance. Adesso è tempo di conoscere per filo e per segno le risposte di Morena Fanti alle mie domande. Quindi andiamo.
Come hai scoperto la Trilogia delle Erbacce?
Molto banale dirlo ma l’ho scoperto dall’autore stesso che me ne ha parlato, or sono saranno (quanti?) anni. Freccero mi disse che stava scrivendo questi racconti con una linea rossa molto originale e io, curiosa, chiesi di leggerli.
Per l’ennesima volta (lo so, mi odierai) devo rimarcare un fatto lapalissiano, ma che tanti ignorano. Devi muoverti. Farti vedere, se vuoi che le tue opere arrivino da qualche parte. Anche se nella risposta non se ne parla, è stato ancora una volta il blog a permettere all’autore (cioè io), di farsi conoscere da Morena, e da altri lettori. Non si tratta solo di produrre contenuti almeno interessanti (quello è il primo ingrediente), ma è necessario anche andare un po’ “in giro”. Vale a dire commentare avendo qualcosa di sensato da dire però.
La natura “conservatrice” del blog (nel senso che quello che scrivi resta, non come sulle reti sociali dove tutto scivola via, come torrente di montagna) permette alle persone di capire se la persona è un essere umano, oppure un pupazzo travestito da essere umano. Questo potrebbe garantire (ma non c’è nessuna certezza) a chi gestisce un blog, ed è un autore indipendente, una qualche visibilità. Perché sembra (ma non è certificato) che l’intelligenza chiami altra intelligenza. Temo però che sia troppo bello per essere vero (e infatti non lo è).
Oltreoceano parlano di “discoverability”, per indicare quelle pratiche che un autore indipendente dovrebbe attuare per raggiungere un numero sempre più vasto di lettori. Per farsi “scoprire”, esatto. Ma credo anche che tutto dipenda molto dal genere di storie che si scrive.
Ci sono alcuni generi che “tirano” alla grande; altri che si barcamenano. E a meno che non si desideri snaturare la propria indole, è bene essere realistici. Hai 30 lettori? Bene. 25? Ottimo. Lavora pure per portarli a 44 o a 57, ma non lamentarti e non prendertela con il mondo brutto, sporco e cattivo.
È la follia del mondo, bellezza!
C’è un racconto che ti ha colpito con particolare forza?
Tanti. I racconti hanno una forza particolare, quella della gente ‘comune’, del vicino di casa: lo vedi tutti i giorni ma quasi non sapresti descriverlo finché, appunto, non arriva Freccero. E allora li noti: tra tutti vorrei nominare Bartolomeo Scanavino del racconto “Non c’era altro da fare”, che mi ha mostrato la dignità e la forza della terra ligure. E, parlando di dignità, voglio ricordare anche Emanuele, del racconto “Educazione italiana”, un ‘piccolo uomo’ malato di distrofia muscolare, che tiene a bada un evaso con la forza d’animo e delle sue parole. Ma ne avrei tanti da ricordare: i personaggi di Freccero non passano mai inosservati.
“Corpo di mille bombarde!”, verrebbe da dire. “Non c’è altro da fare” è parte della prima raccolta di racconti della Trilogia delle Erbacce”, vale a dire “Non hai mai capito niente“.
Mentre “Educazione italiana” è invece parte de “La Follia del Mondo“.
Il primo è ambientato in una borgata del comune di Stella (ma quel terreno non esiste più, ci sono dei capannoni al suo posto. La casa del protagonista c’è ancora, così come la casa abbandonata, che rimane tale); il secondo a Pontinvrea. Pontinvrea c’è eccome, e chi per caso passa sulla Provinciale 542, può giocare a immaginare dove si svolgono gli eventi. Ma non c’è alcun riferimento a luoghi precisi, naturalmente. Il paese è come l’ho descritto: il negozio, la posta, i portici con la sede del Comune, la chiesa lì vicino.

Secondo te, cos’hanno di particolare i miei racconti?
La forza di questi racconti sta nel sapermi mostrare cose che non avevo visto così in profondità; cose che conoscevo dalla tv o dal ‘sentito dire’. Marco Freccero mi ha indicato cosa guardare e dove fermare gli occhi.
Parlando di questi racconti mi è venuta voglia di rileggerli.
Purtroppo “Corpo di mille bombarde” l’ho già usato qualche riga fa. Magari ripiego su “Per tutti i diavoli dell’inferno!”. Cosa posso aggiungere? Ben poco.
Siccome tutto questo (intendo la scrittura delle storie) avviene sempre a mia insaputa, non so proprio come spiegare quello che afferma Morena. Perché qui, se fossi bravo, potrei scrivere per un bel pezzo; ma non lo sono.
Qualcuno potrebbe pensare che io scriva in “trance”, ma non è affatto così (per fortuna: ci mancherebbe solo quello!).
Come ho già dichiarato, non so mai come andrà a finire. La storia è un mistero innanzitutto per me, e poi spero (ma lo spero solamente, non c’è nulla di pianificato) che si sveli a me e ai lettori; almeno un poco. Se succede, stupisce me per primo. Ecco perché “Per tutti i diavoli dell’inferno!” ci vuole proprio (anche se non rende l’idea della sorpresa che sempre si ripete).
Ringrazio la scrittrice Morena Fanti per aver partecipato al mio The Legacy Tour.
La frase che racchiude tutto è questa: “quella della gente ‘comune’, del vicino di casa: lo vedi tutti i giorni ma quasi non sapresti descriverlo finché, appunto, non arriva Freccero”, non potrebbe esprimere meglio l’unicità di Marco come scrittore, dentro tutte le spiegazioni dei perchè leggere i suoi racconti, altri uguali non ce ne sono.
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Ribadisco il concetto: esagerate!
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Ha ragione Morena quando dice
Ci sono alcuni generi che “tirano” alla grande; altri che si barcamenano. E a meno che non si desideri snaturare la propria indole, è bene essere realistici. Hai 30 lettori? Bene. 25? Ottimo. Lavora pure per portarli a 44 o a 57, ma non lamentarti e non prendertela con il mondo brutto, sporco e cattivo.
Si prende quello che viene.
Complimenti a entrambi
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Comunque il mondo È brutto, sporco e cattivo 😀
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lo mettiamo in lavatrice 😀
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Ci sono anch’io nella foto con Marco e Morena, ancora una volta potenza del blog!
A parte questo, i racconti di Marco sono belli perché parlano della gente comune ed è nella gente comune che ciascuno si può riconoscere!
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Sì, ci sei anche tu! 👌🏻
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Poffperbacco! Cosa vuol dire “stava scrivendo questi racconti con una linea rossa molto originale”?
Cos’è la linea rossa? Stavi usando la biro rossa? 😀
(so, sul serio, cosa intendi?)
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La “linea rossa” o “leitmotiv”, vale a dire il motivo conduttore dei miei racconti: le Erbacce. Orsù! 😀
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