di Marco Freccero. Pubblicato il 20 maggio 2019.
Ennesima tappa di questo incredibile “The Legacy Tour”, il primo tour a emissioni zero nella storia dell’umanità. Sì perché non devi fare il pieno di gasolio o benzina, e neppure preoccuparti della ricarica elettrica della tua Tesla (accidenti: ti tratti bene, vero?).
Niente del genere. “The Legacy Tour” permette di raggiungere un piccolo luogo, un continente (se vogliamo chiamarlo così), sommerso ma mai scomparso. È lì infatti che hanno patria le erbacce, che sono le protagoniste della mia… Trilogia delle Erbacce. E lo scopo de “The Legacy Tour” (lo ricordo per quanti capitano qui per la prima volta), è capire che cosa le mie storie, disseminate in 3 raccolte di racconti, hanno lasciato nei miei lettori.
C’è solo un piccolo, trascurabile problema…
Non sono mai stato a Napoli. Ebbene sì, non sono mai andato al di sotto di Roma. A me non piace molto viaggiare.
Nel Seicento in Europa c’era 3 capitali: Londra, Parigi e Napoli, e io in questa città non ci sono mai stato. Il che è un problema. Che faccio?
Come riempio questa tappa del mio tour? Parlo di Totò? Dei fratelli De Filippo? Di Murolo o Nino D’Angelo? Oppure dell’autentica ricetta per realizzare la pastiera?
Niente del genere.
Innanzitutto ricordo che il contributo di oggi arriva dallo scrittore Giovanni Venturi. Quindi bando alle chiacchiere e procediamo
- Come hai scoperto la Trilogia delle Erbacce?
Avevo già conosciuto l’autore tramite il suo blog, letto dei racconti che esponeva sullo stesso. Mi sono piaciuti. Da lì ho iniziato a comprare la sua prima raccolta di racconti in e-book, “Insieme nel buio – 3 storie nere liguri”, su Amazon e il resto è venuto da sé. Vado con fiducia su ogni sua uscita.
Quando ripresi a scrivere, scrissi appunto “Insieme nel buio”. Si tratta di 3 racconti. Anche se sono passati un bel po’ di anni (uscì nel 2010 se non ricordo male), ricordo bene l’incipit di quella storia. Ne ho già parlato più di una volta, perché voleva essere un omaggio a Leonardo Sciascia.
Assieme agli altri due (“Il risolutore” e “La lezione”) rappresentavano il mio ritorno alla scrittura dopo anni di nulla. Di scarse letture.

Sono racconti che lascio su Amazon perché fanno comunque parte del mio percorso. A mio parere, hanno ancora qualcosa del mio vecchio modo di scrivere troppo ideologico; ma mi sono lasciato alle spalle quel periodo (almeno spero). Non ricordo se stavo scoprendo Raymond Carver; oppure non aveva ancora acquistato “Cattedrale” (un libro per me fondamentale). Di certo dopo la scoperta di questo scrittore statunitense la mia scrittura cambia. Capisco che ho sempre sbagliato tutto, o almeno molto.
- C’è un racconto che ti ha colpito con particolare forza?
Sì, c’è un racconto in cui un bambino riesce molto bene a mettere su carta i suoi pensieri, ovvero gli piace disegnare, e gli riesce davvero bene. La forza di quella storia, il modo di dipingere dettagli piccoli e fondamentali mi ha ricordato un altro autore, un autore noto, ma l’autore noto non ha mai parlato di un bambino che dipinge. Ma non è l’unico racconto che ricordo bene, diciamo che ogni storia della raccolta lascia qualcosa, come già accadeva nei racconti che avevo già letto prima di Amazon.
Quel racconto si trova in “Cardiologia“. Si intitola “Il dono” ed è stato uno dei più complicati da scrivere (“Perché, ce ne sono di semplici?”. No mai). Un bambino che va col padre a vedere… Un toro. Sì, in un’azienda agricola alle spalle di Savona. Da lì iniziano una serie di avvenimenti. Adesso che ci penso: sono 4 i personaggi, perché ovviamente c’è pure una sorella e una madre. Non è stato semplice gestirli tutti; ma il mestieraccio della scrittura questo prevede.
In effetti il bambino ha un dono straordinario: sa disegnare davvero bene. Ha appunto un dono. E alla fine lui capisce che il dono non prevede quello che magari desidera. Pensava che il dono gli garantisse “qualcosa”; non funziona affatto così. Il dono non rende le cose più semplici, né garantisce una qualche ricompensa o successo; al contrario.

- Secondo te, cos’hanno di particolare i miei racconti?
Sono storie che raccontano di vita comune e, per tanto, ci permettono di immedesimarci all’istante nelle vite dei personaggi, anche perché non è solo l’argomento, ma è il modo in cui lo fai. Un piccolo dettaglio, una battuta, una tazza di caffè, un cucchiaino che gira nella stessa, la donna che chiede all’uomo quanto zucchero. Piccole cose così.
La grande lezione di Raymond Carver (lo so: sono un po’ maniaco con lui) è che mi ha spinto a vedere lo straordinario nell’ordinario. Tutti pensiamo che scrivere voglia dire mettere su carta persone e avvenimenti eccezionali. E quasi mai abbiamo la pazienza e l’amore di avvicinarci a questi sciagurati, queste canaglie (perché spesso non sono altro che questo), e osservarli. Andare alla scoperta, o riscoperta dell’umanità. Dell’abisso che esiste in ogni essere umano e che volentieri scordiamo perché amiamo le cose piane, facili.
L’essere umano, il suo essere un abisso, viene (mi pare) eclissato, e al suo posto ecco una parodia, una rappresentazione piatta e stupida. Proprio perché scomodo e complicato, e sporco. Al suo posto appare allora un’altra figura ridicola ma rassicurante; omologata (però si preferisce dire “uguale”), che adora l’omologazione (meglio affermare “uguaglianza”).
Io con questi racconti (sempre a mia insaputa, ovviamente) ho solo cercato di narrare un essere umano per quello che è, non per quello che dovrebbe essere (non mi interessa fare l’insegnante o il maestrino).
Spiacente, ma c’è una faccenda che si chiama “libero arbitrio” e non possiamo elogiarla solo quando il singolo liberamente ci dà ragione. Ma dobbiamo rispettarla anche quando non è affatto con noi ma è contro di noi.
Ancora una volta aggiungo che non è esatto affermare che io “non giudico”. Giudico eccome, per questo scrivo. Scelgo. E la scelta presuppone sempre un chiaro ed evidente giudizio.
Grazie a Giovanni Venturi per aver reso possibile questa tappa de The Legacy Tour.
Mi piace quello che dice nell’ultima risposta Giovanni, quel cucchiaino che gira, quel particolare che metti nei tuoi racconti e fanno saltare agli occhi la realtà e sentire vicini i personaggi sono un altro tuo punto di forza che unito al senza fronzoli arriva diretto a destinazione, a restare impresso.
Wow, ma quanto stai girando con questo tour?
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Sto girando parecchio e… Senza spendere un euro (per noi liguri: un sogno 😀).
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Assolutamente sì 😄😄
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Grazie a te per la tua buona scrittura e il tuo interessante blog.
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Esagerate tutti. 😉
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Caspita Marco devi colmare questa lacuna e andare a visitare Napoli, é una città bellissima e piena di poesia. Concordo con Giovanni, i tuoi racconti hanno il pregio di raccontare le storie di persone normali, ma eccezionali e uniche al tempo stesso, storie di vita comune ma, proprio per questo, importanti perché ognuno può ritrovarci un pezzo di vita propria.
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Io però sono pigro, non mi piace viaggiare. 😉
Grazie.
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Pure io sono pigro, ma mi forzo. Se organizzi con Morena e Giulia a Bologna vedo di venire pure io 🙂 .
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Ma io sono DAVVERO pigro 😀
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sempre interessanti le risposte dei tuoi lettori che colgono nel segno gli aspetti della tua scrittura.
Napoli? Mai vista. Ho viaggiato molto ma mai a Napoli.
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Ah, anche tu niente Napoli!
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Sono stato più giù: Salerno, Matera e Siracusa ma niente Napoli
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Io invece non sono mai andato oltre Roma.
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E a nord quale è il limite superiore?
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Il Friuli. 😀
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allora limite orizzontale 😀
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devi colmare: Napoli e Londra 😉 .
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“Avevo già conosciuto l’autore tramite il suo blog…”
Sempre perché il blog è morto, giusto?? 😉
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Esatto! 😀
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